Rialto    IdT

457.12

 

   

Uc de Saint Circ

 

 

 

 

   

I.

   

Enaissi cum son plus car

   

qe non solon miei cossir

   

e plus onrat miei desir,

   

dei plus plazen chansson far

5  

e s’ieu tant plazen chansso

   

fatz cum ai plazen razo,

   

ben er ma chansos plazens

   

e gaia et avinens

   

que·il dig e·il fag e·il ris e·il bel semblan

10  

son avinen de vos per cui eu chan.

   

 

   

II.

   

Per que·m dei ben esforssar

   

ab lauzar et ab ben dir

   

de vostre ric pretz grazir

   

e dei Amor mercejar

15  

car de me vos a fait do

   

car be·m rent ric guizerdo

   

dels greus durs maltraitz cozens

   

els doutz plazens pessamens

   

q’ieu ai de vos cui am e vuoill e blan

20  

e fuich e sec e desir e soan.

   

 

   

III.

   

Sens vos mi fai soanar

   

que no m’en mostra jauzir;

   

azautz, m’en fai abellir,

   

Dompna, e·us mi fai dezirar;

25  

e sec vos car m’es tant bo

   

qan remir vostra faisso,

   

e·us fuig pel brui de las gens,

   

e·us blan car etz tan valenz,

   

e·us vuoill cum etz per servir derenan,

30  

e·us am car vei c’a mon cor plasetz tan.

   

 

   

IV.

   

S’ieu volia ben lauzar

   

vostra valor ses mentir

   

e honrar et acuillir

   

lo vostr’avinen parlar

35  

e las beutatz qu’en vos so‹n›,

   

ni·l beill “si” e·il plazen “no”

   

e·ls rics gais captenemens,

   

ben sabria·l meins sabens

   

cals etz; per q’ieu non vos vuoill lauzar tan

40  

cum mostra·l vers ni cum ai en talan.

   

 

   

V.

   

Ges no m’ausi conssirar

   

que vos prec ni vos aus dir

   

cum m’en faitz languen morir;

   

ni no·m vuoill desesperar

45  

q’en la vostr’entenssio

   

sui rics, pois ai sospeisso

   

c’Amors, qe·lz rics autz cors vens,

   

mi puosca aitan leumens

   

de vos donar so que eu vos deman,

50  

cum mi per vos far morir desiran.

   

 

   

VI

   

Bella dompna, ges no·m par

   

c’om deia mais obezir

   

autra dompna ni servir

   

en drech d’amor ni honrar,

55  

et a ben plazen sazo

   

cel qu’es en vostra preiso,

   

qe·l vostr’omils francs parvens

   

fai dels cors iratz gauzens,

   

e·il mal que datz son ben e pro li dan

60  

e l’ira jois e repaus li affan.

   

 

   

VII.

   

Na Salvatga, mout es gens

   

vostre bel comenssamens

   

qe·il dig son gai e li fach benestan

   

e·l cors plazens e d’avinen semblan.

 

 

Traduzione [gb]

I. Nella misura in cui i miei pensieri sono più chiari di quanto non sogliono e più onorevoli i miei desideri, nella stessa misura devo fare una canzone più piacevole, e se faccio una canzone tanto piacevole quanto piacevole ho concepito il tema, la mia canzone sarà davvero piacevole e gioiosa e bella, perché le parole, le azioni, le risa, il bell’aspetto di voi per cui io canto sono belli.
II. Perciò mi devo davvero sforzare, lodandolo e parlandone bene, di meritare il vostro abbondante pregio e devo ringraziare Amore perché vi ha fatto dono di me e perché davvero mi dà un’abbondante ricompensa per le pene gravose, dure e cocenti grazie ai pensieri dolci e piacevoli, che ho di voi che amo e voglio e corteggio, fuggo e seguo, desidero e rifiuto.
III. La ragione mi fa rifiutare voi, perché non mi fa vedere alcun godimento; il fascino [invece] mi fa piacere e desiderare voi, signora; e vi seguo perché mi piace molto guardare le vostre fattezze, e vi fuggo per [evitare] le dicerie della gente e vi corteggio perché siete piena di valore e vi voglio come siete per servirvi d’ora in poi e vi amo perché vedo che al mio cuore piacete molto.
IV. Se io volessi lodare bene, senza mentire, il vostro valore e onorare e essere conforme alle vostre belle parole e alle bellezze che sono in voi, al bel “sì” e al piacevole “no” e al comportamento gioioso e nobile, anche il meno conoscitore saprebbe chi siete; per questo io non vi voglio lodare quanto la verità mi mostra né quanto io desidero.
V. Non oso affatto pensare di pregarvi né oso dirvi come mi fate morire di afflizione; e non mi voglio disperare perché nell’essere innamorato di voi sono felice, in quanto attendo speranzoso che Amore, che vince anche i cuori nobili e alti, mi possa donare di voi quello che vi domando, altrettanto facilmente quanto farmi morire di desiderio per voi.
VI. Bella signora, non mi pare affatto che si debba obbedire, servire secondo le regole d’amore e onorare un’altra dama più di voi, e colui che è in vostra prigionia passa davvero un momento piacevole, perché il vostro aspetto umile e sincero rende gioiosi i cuori tristi, i mali che date sono dei beni, i danni sono vantaggi, la tristezza è gioia e i tormenti sono quiete.
VII. Madonna Selvaggia, il vostro bell’inizio è molto nobile, perché le parole sono gaie e convenienti le azioni e la vostra persona è piacevole e ha un aspetto avvenente.

 

 

 

Testo: Caïti-Russo 2005, con modifiche di gb. – Rialto 26.ix.2018.


Mss.: A 156v, C 231v, D 79r, Dc 257r (v. 1 e strofa IV), G 130v (strofa VI), H 47v (Cobla strofa VI), I 129v, J 14r (strofa VI), K 115r, N2 7v, Q 108v (strofa VI).

Edizioni critiche: Alfred Jeanroy - Jean-Jacques Salverda de Grave, Poésies de Uc de Saint-Circ, Toulouse 1913, p. 72; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 282.

Altre edizioni: LR, vol. I, p. 321; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. I, p. 9; Wilhelm Holland, Adelbert Keller, Die Lieder Guillems IX Grafen von Peitieu Herzogs von Aquitanien, Tübingen 1850, p. 13; Victor Balaguer, Historia política y literaria de los trovadores, 6 voll., Madrid 1878-1879, vol. IV, p. 122; Victor Balaguer, Los trovadores, 4 voll., Madrid 1883, vol. II, p. 368; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931,vol. II, p. 36 (strofa I e tornada).

Metrica: a7 b7 b7 a7 c7 c7 d7 d7 e10 e10 (Frank 592:43). Canzone (strofa I) di sei coblas unissonans di dieci versi e una tornada di quattro versi (ultimi quattro della strofa). Rime: -ar, -ir, -ó, -ens, -an. Tenendo conto del carattere maschile delle rime, la formula metrica risulta un unicum. Lo stesso schema sillabico si ritrova però in una canzone religiosa di Cadenet o Arnaut Catalan, Be volgra, s’esser pogues (BdT 106.10; schema rimico abbaabeedd), che potrebbe essere un contrafactum del nostro testo. Si vedano anche le note al testo. Ad ogni modo, con oscillazioni riguardanti il carattere maschile o femminile delle rime, la formula metrica (abbaccddee 77777777-10-10) è diffusa sia in ambito occitanico che oitanico. Cfr. anche le Circostanze storiche.

Ed. Caïti-Russo: 15 car de me vos ai fait do, 29 e·us vuoill e cum? Per servir derenan, 49 donar breumens so que eu vos deman.

Note: La canzone è stata composta alla corte dei Malaspina, come mostra la dedica a Selvaggia. La datazione è difficilmente precisabile e va dalla fine degli anni Dieci agli anni Venti del XIII secolo. Non si può neppure escludere che il testo abbia conosciuto più fasi redazionali: cfr. Circostanze storiche. – La possibile attribuzione a çirardus in Q non ha nessun valore perché il codice trascrive la strofa VI assieme a altre coblas verso la fine del ms., senza distinguerle formalmente l’una dall’altra; il testo va qui considerato adespoto. Per quanto riguarda le attribuzioni di C, quella al Coms de Peytius non è mai stata ritenuta valida: né la forma né il tema né lo stile possono far propendere per questo autore e sottrarre il testo a Uc de Saint Circ, secondo i condivisibili argomenti di Max Sachse, Über das Leben und die Lieder des Trobadors Wilhelm IX, Graf von Poitou, Leipzig 1882, pp. 38-43 (accolti da Alfred Jeanroy, «Poésies de Guillaume IX, Comte de Poitiers», Annales du Midi, 17, 1905, pp. 161-217, a p. 165; rist. Id., Les chansons de Guillaume IX, Duc d’Aquitaine (1171-1127), Paris 1913, p. viii). Mai presa in considerazione l’attribuzione alternativa di C al Probost de Valensa, figura documentata tra il 1173 e il 1211 che tende però a confondersi con il Prebost de Limotges (cfr. Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2013, pp. 434-435): se così fosse, entrambe le attribuzioni di C rimanderebbero – a mio avviso – ad un contesto storico aquitano e pittavino, gravitante attorno a Savaric de Mauleon, presso il quale Uc de Saint Circ fu attivo, il che è sufficiente a spiegare le sviste attributive. Anche se la canzone è data ad Uc de Saint Circ solo in ε, non pare possibile rigettare questa attribuzione. Lo schema sillabico del testo è usato anche da una canzone religiosa (Be volgra, s’esser pogues, BdT 106.10) attribuita a Cadenet (in ε) e ad Arnaut Catalan (in M, con CP anonimi, verosimilmente MC = y); dato che Uc definisce chanso a più riprese il proprio testo nella strofa I, l’imitazione è da vedere nella canzone religiosa, i cui possibili autori risultano comunque attivi nella zona aquitana e tolosana negli stessi anni Dieci del Duecento, allorché vi risiedeva anche Uc de Saint Circ. Cfr. anche le Circostanze storiche.

1-10. La ripetizione con variazione è un procedimento stilistico molto diffuso nella poesia provenzale. In questa prima strofa i termini interessati sono chanso, plazen e verso la fine avinen.

15. Caïti-Russo legge secondo il ms. A car de me vos ai fait do, giudicando la lezione isolata di A come difficilior. Ripristino la lezione degli altri codici (CDIKN), perché è più comune che sia l’amore a dirigere i sentimenti dell’amante, non lui stesso.

29. Il verso è ipometro in IKN (eus uuoil cum per seruir derenan), ritoccato in C (eus uuelh eus col per seruir derenan) e poco comprensibile in A (eus uuoil e cum per seruir derenan). La lezione di C è irricevibile, perché nella strofa III ritornano in ordine inverso i verbi che si avevano ai vv. 19-20, dove colre manca. Jeanroy - Salverda de Grave (a testo) colmano l’ipometria di IKN inserendo dubbiosamente un etz (e·us voill cum etz per servir derenan) e proponendo anche la possibilità di inserire par (aggettivo); si potrebbe pensare anche a un sostantivo cumpar ‘campagna, amica’ (‘vi voglio amica per servirvi d’ora in poi’). Caïti-Russo adotta la lezione di A (ma traduce il testo di C), dando a e cum un valore interrogativo un po’ forzato («e·us vuoill e cum? Per servir derenan»), perché quella che segue non è una risposta che riguarda il modo, ma il fine; e inoltre così si spezza la fluidità dell’anafora dei vv. 27-30.

38-40. Con ‘il meno conoscitore’ il trovatore si riferisce a colui che non è in grado di capire l’amor cortese, uno dei cui precetti è di celare la dama e le sue qualità per non dare adito a maldicenze. Il vers al v. 40 è la verità, non il verso, come intendeva Sachse, Über das Leben, p. 39.

48-50. Al v. 49 A legge: donar breumens so que eu vos deman (accettata da Caïti-Russo), ma da un lato la duplicazione dell’avverbio di modo rispetto al verso precedente, dove leumens è in rima, dà un senso ostico, dall’altro è più che probabile che l’avverbio sia stato introdotto dal copista che lo trovava a margine come variante sinonimica di leumens (leumens e breumens hanno significato affine). C legge: de uos donar so que ieu li deman, ma il pronome li riferito all’amore è un tentativo isolato di rendere il testo più coerente e meno ripetitivo. In effetti nella versione di DIKN, che leggono de uos donar so que de uos deman, il pronome vos è ripetuto due volte; qui è la preposizione de ad essere sospetta perché elimina lo iato tra que e eu presente in AC, ad ogni buon conto originario. Incrociando i dati, è la lezione congetturale data da Jeanroy e Salverda de Grave a risultare la più logica soluzione della diffrazione: esclusione del doppio avverbio di A, conservazione dello iato (esclusione della doppia preposizione di DIKN), conservazione della prima parte del verso di CDIKN.

58-60. La compresenza degli opposti è la condizione emotiva tipica dell’amor cortese.

61. Na Salvatga è Selvaggia Malaspina, figlia di Corrado l’antico. Cfr. Circostanze storiche.

[gb]


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Circostanze storiche