Rialto    IdT

457.42

 

   

Uc de Saint Circ

 

 

 

 

   

I.

   

Un sierventes vuelh far en aquest so d’En Gui,

   

que farai a Ffaienza mandar a·N Guillami,

   

et al comte Gui Guerra e·N Miquel Morezi,

4  

et a·N Bernart de Fosc et a Sier Ugoli,

   

et als autres que son laïns de lor fe fi;

   

e sapchan, cum qu’a lor de laïntre esti,

   

que·l sos e·l noms e·l pretz e·l laus qu’om de lor di

8  

los corona d’onor, sol fassan bona fi.

   

 

   

II.

   

Bona fin deu ben far e Dieu li deu far be

   

qui franquez’e dreitura e la Gleyza mante

   

contra selh qe non a en Dieu ni en leis fe,

12  

ni vida apres mort ni paradis non cre,

   

e dis c’om es niens de pueys que pert l’ale;

   

e crueltatz l’a tolta pietat e merce,

   

ni tem layda falhida fayre de nulha re,

16  

e totz bos faytz desonra e bays’e descapte.

   

 

   

III.

   

Si·l chaptel coms Raimons gart que·n fassa son pro,

   

qu’eu vi que·l papa·l tolc Argens’ et Avinho

   

e Nemz’e Carpentras, Vennasqu’e Cavalho,

20  

Uzetge e Melguer, Rodes e Boazo,

   

Tolzan e Agenes e Caortz e Guordo;

   

e·n mori sos coynhatz, lo bons reys d’Araguo;

   

e s’el torn’a la preza per aital ochaizo,

24  

encar l’er a portar el man l’autruy falco.

   

 

   

IV.

   

Lo falcos filh de l’aigla quez es reys dels Frances

   

sapcha que Fredericx a promes als Engles

   

qu’el lor rendra Bretanha, Anjou e Toarces,

28  

e Peytau e Sayntonge, Lemog’ez Engolmes,

   

Toroinn’e Normandia e Guian’e·l paes,

   

e venjara Tolzan, Bezers e Carcasses;

   

doncs bezonha que Fransa mantenha Milanes

32  

e·N Albaric que tolc qe lai passatz non es.

   

 

   

V.

   

Passatz lai fora ben s’ilh n’agues lo poder,

   

que de ren als non a dezirier ni voler

   

mas cum Frans’e la Gleiza el pogues decazer,

36  

e la soa crezensa e sa ley far tener;

   

don la Glieza e·l reis hi devon pervezer

   

qe·ns mandon la crozada e·ns venhan mantener;

   

et anem lai en Polla lo regne conquerer,

40  

quar selh qu’en Dieu non cre non deu terra tener.

   

 

   

VI.

   

Ges Flandres ni Savoya no·l devon mantener,

   

tan lor deu del elieg de Valensa doler.

 

 

Traduzione [lb]

I. Voglio comporre un sirventese su questa melodia di Messer Guido, che farò inviare a Faenza a Messer Guglielmino, al conte Guido Guerra, a Messer Michele Morosini, a Messer Bernardino di Fosco, a Messer Ugolino, e agli altri laggiù, saldi nella loro fedeltà; e sappiano che ciò che succede a loro in quel luogo, la canzone e la fama, la stima e la lode con le quali la gente parla di loro li incoronano di onore, purché facciano una buona fine.
II. Deve necessariamente fare una buona fine, e Dio dovrebbe essergli favorevole, chi sostiene la nobiltà e la giustizia e la Chiesa contro chi non ha fede né in Dio né in lei, e non crede alla vita dopo la morte o al paradiso, e dice che l’uomo è nulla dopo che ha esalato l’ultimo respiro. Ma la [sua] crudeltà lo ha privato [l’uomo senza fede] della pietà e della misericordia, e non ha assolutamente paura di commettere un terribile peccato, e disonora e manda in rovina e trascura tutte le buone imprese.
III. Se il conte Raimondo lo sostiene, sia attento a fare ciò che è a suo vantaggio, perché ho visto il papa privarlo di Argence e Avignone, Nîmes e Carpentras, Venasque e Cavaillon, della regione di Uzès e di Mauguio, di Rodez e dell’Agenais e di Cahors e Gourdon; suo cognato, il buon re d’Aragona, morì per questo; e se usa questo pretesto per tornare a quello che gli è stato preso, continuerà a portare il falco di un altro sul pugno.
IV. Il falco figlio dell’aquila che è re di Francia, sappia che Federico ha promesso agli inglesi di restituire loro la Bretagna, l’Anjou e la regione di Thouars, il Poitou e la Santongia, Limoges e Angoulême, la Turenna e la Normandia e l’Aquitania e la terra [la valle di Aspe?], e vendicherà il Tolosano, Béziers e il Carcassonese; pertanto la Francia deve sostenere la regione di Milano e Messer Alberico, che gli ha impedito di passare là [in Francia].
V. Se avesse potuto, avrebbe certamente fatto la traversata laggiù, perché non vuole e non desidera nient’altro che poter abbattere la Francia e la Chiesa e far rispettare la sua fede e la sua legge; quindi la Chiesa e il re dovrebbero provvedere a mandarci l’esercito crociato e venire a sostenerci; e andiamo a conquistare il regno di Puglia, poiché chi non crede in Dio non deve possedere una terra.
VI. Le Fiandre e la Savoia non devono di certo sostenerlo, perché devono essere profondamente addolorate per il vescovo eletto di Valenza.

 

 

 

Testo: Paterson 2017. – Rialto 26.i.2018. 


Mss.: C 227r, Da 200v, R 20r.

Edizioni critiche: Nicola Zingarelli, «Un sirventese di Ugo di Saint Circ», in In memoria di Napoleone Caix e Ugo A. Canello. Miscellanea di filologia e linguistica, Firenze 1886, pp. 243-253, a p. 250; Alfred Jeanroy - Jean-Jacques Salverda de Grave, Poésies de Uc de Saint-Circ, Toulouse 1913, p. 96; Vincenzo Crescini, Manuale per l’avviamento agli studi provenzali. Terza edizione migliorata, Milano 1926, p. 311; Arno Krispin, «Une poésie du troubadour Uc de Saint-Circ Un sirventès vol far en aquest son d’En Gui (P.C. 457, 42)», Bulletin de la Société des Études du Lot, 106, 1985, pp. 261-267, a p. 262; Linda Paterson, Rialto 18.x.2017.

Altre edizioni: Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, p.16 (parziale); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p.153 (testo Jeanroy - Salverda de Grave); Francesco A. Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1939, p. 90 (testo Crescini).

Metrica: a 12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 (Frank 5:7). Cinque coblas singulars capfinidas di otto versi e una tornada di due. Rime: I: -i; II: -e; III: -o; IV: -es; V: -er. Lo schema metrico è condiviso da altri sei componimenti e, come riportato nell’incipit, è improntato probabilmente alla melopea epica della canzone di gesta Gui de Nantueil, già utilizzata nello scambio di lasse tra Peire Bremon Ricas Novas e Gui de Cavaillon (BdT 330.20). È possibile ipotizzare che proprio questo scambio di lasse, anteriore cronologicamente a tutti i componimenti che riprendono il medesimo schema, abbia costituito il modello per l’intero gruppo; cfr. Paolo Di Luca, «Epopée et poésie lyrique: de quelques contrafacta occitanes sur le son de chansons de geste», Revue des  langues romanes, 112, 2008, pp. 33-60, alle pp. 48-49.

Note: Sirventese composto tra l’agosto del 1240 e l’aprile del 1241, durante l’assedio di Faenza da parte di Federico: si vedano le Circostanze storiche.

2. Guillami. Il personaggio non è facilmente identificabile, Zingarelli, Intorno a due trovatori, p. 5, suggerisce che possa trattarsi di un esponente della famiglia guelfa dei Camposampiero; su questo personaggio si veda Ernesto Barux, «Guglielmo da Camposampiero», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1974, versione in rete (www.treccani.it).

3. Il conte Guido Guerra fu uno dei nobili toscani passati nel 1239 dal partito imperiale a quello guelfo dopo la scomunica di Federico II. Michele Morosini era invece il podestà veneziano di Faenza al momento dell’assedio imperiale; su questi due personaggi si vedano Tiziana Lazzari, «Faenza», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, versione in rete (www.treccani.it) e Mario Marrocchi, «Guidi, Guido Guerra», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 2004, versione in rete (www.treccani.it).

4. Uc si rivolge probabilmente a due esponenti in vista del Comune di Faenza, Bernardo di Fosco che fu podestà guelfo di Pisa nel 1248 e di Siena nel 1249 e forse Ugolino dei Fantolini di Cerfugnano. I due cittadini faentini sono elogiati da Dante nel canto XIV del Purgatorio.

11-13. Le accuse mosse dal trovatore a Federico risentono della feroce lotta di propaganda tra la cancelleria pontificia e quella imperiale che ebbe inizio a partire dalla seconda scomunica comminata all’imperatore da parte di Gregorio IX il 20 marzo 1239. La pubblicistica papale diretta dal cardinale Raniero da Viterbo mirò a dipingere Federico come un miscredente nemico della Chiesa, cfr. Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, pp. 879-889 e Fulvio Delle Donne, Federico II: la condanna della memoria. Metamorfosi di un mito, Roma 2012, pp. 43-47. La ricezione di questo giudizio, e in particolare dell’idea che l’imperatore non credesse nella vita dopo la morte terrena, è testimoniata dal collocamento di Federico tra gli Epicurei nel canto X dell’Inferno dantesco.

17-22. coms Raimons. Raimondo VII rinunciò ai suoi diritti sui territori della contea di Tolosa e del Comtat Venaissin citati nel sirventese con la firma del trattato di Parigi nel 1229. Tuttavia sembra che Uc faccia riferimento a un periodo precedente, quello della prima crociata antialbigese, durante la quale morì il re d’Aragona Pietro II, citato al v. 22.

25. reys dels Frances. Si tratta di Luigi IX, come tutti i sovrani capetingi tradizionale nemico della corona inglese. I luoghi menzionati da Uc furono occupati dai francesi sotto il regno di Filippo Augusto e i tentativi di riconquista inglese furono tutti vanificati nel corso degli anni. Uc definisce Luigi come falco figlio dell’aquila e il significato di questa metafora ornitologica non risulta chiaro. Jeanroy - Salverda de Grave, Poésies, p. 202 ipotizzano che il trovatore voglia sottolineare il valore del re di Francia mentre Paterson, Rialto, ricordando che il simbolo degli Svevi era l’aquila, evidenzia la stranezza dell’immagine. Paterson suggerisce che il riferimento all’aquila, talvolta utilizzata nel Medioevo come emblema di Cristo, possa trasmettere l’idea di un’alleanza tra re Luigi e la Chiesa. Ricordo che il ricorso alla metafora ornitologica si riscontra anche in un ciclo di sirventesi relativi alle guerre di Provenza composti da Sordello, Blacasset e Bertran d’Alamanon, su cui si veda Stefano Asperti, «Sul sirventese Qi qe s’esmai ni·s desconort di Bertran d’Alamanon e su altri testi lirici ispirati dalle guerre di Provenza», in “Cantarem d’aquestz trobadors”. Studi occitanici in onore di Giuseppe Tavani, a cura di Luciano Rossi, Alessandria 1995, pp. 169-234.

31-32. Con Milanes il trovatore intende probabilmente tutti i Comuni lombardi che costituivano il nemico principale di Federico in Italia, appoggiati dalla Chiesa e da una parte dell’aristocrazia della Marca Trevigiana, rappresentata qui da Alberico da Romano.

33. L’allusione a un’eventuale campagna militare dell’imperatore in Francia è da considerare come totalmente priva di fondamento storico e va letta esclusivamente nell’ottica della propaganda antifedericiana appoggiata da Uc. Durante tutto l’impero di Federico i rapporti con la corona francese furono sempre ottimi e nemmeno la crescente influenza francese nel Midi sotto il regno di Luigi IX cambiò lo stato delle cose. Nonostante i pressanti inviti dei papi, Luigi si mantenne sempre neutrale nella contesa tra papato e impero; sui rapporti tra Federico e Luigi si vedano Jean Richard, «Federico II e san Luigi», in Federico II e il mondo mediterraneo, a cura di Pierre Toubert e Agostino Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 48-61 e Jacques Chiffoleau, «Saint Louis, Frédéric II et les constructions institutionnelles du XIIIe siècle», Médiévales, 34, 1998, pp. 13-23.

37-40. Uc auspica qui una vera e propria crociata contro Federico sostenuta dalla Chiesa e dal re di Francia. Una spedizione simile a una guerra santa contro l’imperatore fu promossa da Gregorio IX una prima volta già nel 1229 mentre Federico partecipava da scomunicato alla campagna di recupero di Gerusalemme, cfr. Stürner, Federico II, pp. 543-547 e Gianluca Raccagni, «The Crusade Against Frederick II: A Neglected Piece of Evidence», The Journal of Ecclesiastical History, 67, 2016, pp. 721-740. È possibile che anche in occasione della seconda scomunica il pontefice abbia incoraggiato una sorta di crociata contro l’imperatore e che Uc faccia da eco a questa predicazione. — Con il termine Polla, come in altri componimenti trobadorici, si intende in questo caso il regno di Sicilia in generale, e Federico è definito reis de Poilla nella canzone di crociata di Pons de Capdoill, En honor del Paire en cui es (BdT 375.8), v. 55.

41. Flandres ni Savoya. Uc si rivolge in tornada ai due fratelli Amedeo IV e Tommaso di Savoia. Il primo ereditò la contea di Savoia dal padre Tommaso I nel 1233 mentre il secondo assunse il governo delle Fiandre sposando nel 1237 Giovanna, contessa di Fiandra e di Hainaut. Su questi due personaggi si vedano rispettivamente Francesco Cognasso, «Amedeo IV, conte di Savoia», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1960, versione in rete (www.treccani.it) e Armando Tallone, «Tommaso II di Savoia, conte di Fiandra», in Enciclopedia Italiana, Roma 1936, versione in rete (www.treccani.it).

42. elieg de Valensa. Si tratta di Guglielmo, fratello di Amedeo IV e Tommaso di Savoia. Eletto nel 1238 vescovo di Valence nel sud della Francia, l’esponente dei Savoia decise di non assumere l’incarico ecclesiastico e si dedicò alla vita militare distinguendosi tra le fila imperiali contro i Comuni. Nel 1239 il papa lo attirò dalla sua parte offrendogli la gestione della diocesi di Liegi ma egli morì nel mese di ottobre, forse avvelenato. Da questo sirventese sembra che la morte di Guglielmo possa essere stata causata da una sorta di vendetta di Federico, deluso dal suo tradimento: cfr. Zingarelli, Intorno a due trovatori, pp. 12-13.

[fsa]


BdT    Uc de Saint Circ    IdT

Circostanze storiche