Traduzione A voi qui riuniti dirò una breve novella che ho udito raccontare da non molto, ma ve la voglio riferire in versi. In un castello qui vicino a noi viveva un cavaliere ricco e prode, uomo stimabile e di gran lignaggio, giovane e di bell’aspetto; egli aveva una moglie pari al suo valore, donna amabile e cortese, buona, bella e onorata, tale che era soddisfatta di lui, e lui di lei. Accade che, da quando era ancora damigella, vivesse in quel castello uno scudiero gioioso e scaltro che l’aveva a lungo amata […] come egli potesse averla; e quando si avvide di ciò che gli capitò, giacché la dama si sposò, potete immaginare come egli ne fu rattristato; tuttavia pensò che tanto avrebbe fatto finché non avesse ottenuto, se possibile, un incontro segreto con la dama, e le avesse rivelato il suo desiderio. Un giorno avvenne che il cavaliere che aveva la dama per moglie si recò fuori dal castello per andare nei suoi domini, il che fece un gran piacere allo scudiero […] più veloce che poté e, quando le fu davanti, le espose le sue ragioni in questo modo: «Donna prode, leale e verace, schietta, perfetta e di buoni modi, se io non so riferirvi le mie parole così bene e così appropriatamente […] come so bene che si dovrebbe dire, non vogliate respingermi, perché il grandissimo amore che provo mi farà dire ciò che dirò: donna, è da molto tempo che vi amo nel cuore di un amore segreto, e mai ho osato palesare il mio cuore per paura di sbagliare. Quando pensavo alla bellezza…»
Testo: Di Luca 2011. – Rialto 7.1.2012. Ms.: Paris, BnF, nouv. acq. fr. 4232, c. 7v. Il codice è noto col nome del libraio, Amboise Firmin-Didot, che lo acquistò alla fine del secolo XIX; è miscellaneo e cartaceo (ad eccezione delle cc. 14r-17v, pergamenacee) e misura mm. 205x104; copiato probabilmente nel Tolosano nel secolo XIV, è l’unico relatore del Daurel et Beton. Edizioni critiche: Paul Meyer, Daurel et Beton, Paris 1880, pp. XCIV-XCVII; Paolo Di Luca, «Le novas del ms. Didot», Cultura neolatina, 71, 2011, pp. 305-330, p. 308. Altra edizione: René Lavaud et René Nelli, Les troubadours. Le trésor poétique de l’Occitanie, 2 voll., Bourges 1966, vol. II. L’œuvre poétique, pp. 210-215 (testo Meyer). Metrica: Distici di ottosillabi a rima baciata. Nota: L’autodesignazione di genere al v. 2 testimonia che ci troviamo di fronte a un frammento di novas. I pochi versi che se ne sono conservati sono relativi all’inizio della vicenda narrata, che con buona probabilità avrebbe trattato dell’amore fra uno scudiero e una dama sposata a un cavaliere d’alto rango, riproponendo così uno dei temi cari alla narrativa occitana e non solo: il triangolo amoroso. È interessante rilevare, tuttavia, una singolare variazione rispetto alle altre opere che dispiegano una fabula simile: il ruolo dell’amante è qui rivestito da un umile scudiero, personaggio subalterno nell’ambito della società cavalleresca e pertanto quasi mai protagonista di opere letterarie. Solo in due componimenti lirici di Peire Vidal (BdT 364.50) e Pistoleta (BdT 372,6a = 97,13) si allude a uno scudiero morto per amore come se si trattasse di un personaggio romanzesco e la sua storia fosse ben nota al pubblico. Non è impossibile che si tratti dello stesso scudiero innamorato che figura nel frammento di novas del ms. Didot, giacché molto pochi saranno stati gli scudieri protagonisti di novelle cortesi; se così fosse si potrebbe postulare una derivazione delle novas proprio dai testi lirici, come accade anche per altri esemplari del genere occitano come il Castia-gilos, le Novas del papagay e il Judici d’amor). [PDL] |