Premessa a Vida e miracles de Sancta Flor

 

 

 

 

Santa Flora di Corbie, figlia dei nobili Pons de Corbie e Melhors de Merle, nacque a Maurs nel 1309, e una volta presi i voti visse in un convento di monache «Maltesi» dell’antica diocesi di Cahors chiamato «l’Hôpital-Beaulieu» fino alla morte, avvenuta l’11 giugno del 1347. Fu lo stesso abate di Figeac, dopo avere ottenuto l’autorizzazione del vescovo di Cahors Bertrand de Cardillac, ad aprire la sua tomba di fronte a una folla numerosa e ad elevare le sue spoglie sugli altari della chiesa conventuale, l’11 giugno 1360, gesto che equivaleva a un atto di canonizzazione.

Il culto spontaneo della santa prevedeva una festa che si celebrava appunto l’11 giugno. Il Breviario di Cahors del 1746 ne ha poi fissato la commemorazione alla prima domenica di ottobre. Le reliquie di santa Flora, conservate a Beaulieu fino alla rivoluzione francese, bruciarono durante il saccheggio del monastero nel febbraio del 1793. Ciò che fu salvato dalla profanazione della sua tomba venne consegnato nel 1859 e nel 1866 al curato d’Issendolus, e continua ad attirare i pellegrini nella chiesa parrocchiale. La raccolta di oltre 100 miracoli che sarebbero avvenuti per sua intercessione in Auvergne, nel Limosino, nel Rouergue, nel Périgord, in Guascogna e a Montpellier testimonia la rapida diffusione del culto.

La vita di Santa Flora fu originariamente scritta in latino dal suo confessore forse su suggerimento di Aigline III de Thémines, una discendente dei fondatori che prese il posto di Agnes d’Aurillac alla guida del convento. Questa prima versione latina è tuttavia andata perduta. Di essa ci rimane solo una traduzione quattrocentesca in occitano tràdita a sua volta non dal manoscritto originale ma da una copia seicecentesca, il tomo 123 della collezione Doat conservato a Parigi nella Bibliothèque Nationale de France. Tale traduzione fu eseguita probabilmente prima del 1482, come proverebbe il fatto che in essa San Bonaventura è chiamato mossen, non sanch (Vida § 38, 8), particolare dal quale è stato dedotto che l’autore non doveva essere a conoscenza della sua canonizzazione, avvenuta appunto nel 1482.

Lo stesso tipo di tradizione ci ha trasmesso la raccolta di miracoli, compiuta non prima del 1456, anno del più antico degli avvenimenti databili. Alcuni aspetti dello stile dei Miracles lasciano supporre che, a differenza della Vida, essi siano stati redatti direttamente in volgare, anche se fu probabilmente uno stesso autore che, dopo aver tradotto dal latino il primo opuscolo, volle integrarlo con il secondo. I due testi, tràditi l’uno accanto all’altro, presentano infatti una veste linguistica alquanto uniforme.

Il manoscritto Doat 123 è dunque la copia di un codice vergato nella II metà del XV sec., conservato a Beaulieu e poi andato perduto. Tale copia fu completata il 14 novembre 1667 per conto del presidente Doat, incaricato dal ministro Colbert di svolgere un’inchiesta storica negli archivi del Sud della Francia, ed entrò a far parte della Biblioteca reale nel 1732.

L’originale quattrocentesco, un volume cartaceo piuttosto grande con la copertina di pergamena, conteneva anche i Vangeli, delle orazioni e alcuni testi per la recita dell’uffizio. L’ultima traccia del manoscritto risale al 1721, quando una monaca di Beaulieu viene esortata a «conserver précieusement cet ouvrage original [...] escrit à la vérité en une langue vulgaire et très grossière». L’esortazione è conservata in un opuscolo edificante ispirato alla sola vita di santa Flora, approvato dal vescovo di Cahors il 14 maggio 1721 e indirizzato a un’ospedaliera di Beaulieu (ms. della Biblioteca Municipale di Cahors, fondo Greill 235, dal titolo Mémoire anonyme sur sainte Flore, 1721).

Dopo una raccolta di alcuni documenti riguardanti il monastero cluniacense di Carennac dal 1175 al 1442 e il monastero benedettino di Marcillac dal 1100 al 1594, entrambi appartenenti alla diocesi di Cahors, nel codice Doat 123 sono stati trascritti i documenti relativi all’Hopital di Beaulieu. Nel f. 252r comincia la trascrizione della Vida e dei Miracles di santa Flora, preceduti dalla seguente rubrica introduttiva:

 

«Histoire de la vie et des miracles de saincte Flors, religieuse de l’abaye de l’hospital de Beaulieu de l’Ordre de sainct Jean de Jérusalem au païs de Quercy, fille de Pons et de Melhors du lieu d’Amaurts, extraicte des écrits du père confesseur de cette saincte et contenue dans un vieux livre manuscrit trouvé dans les archives de la dite abaye; et à costé de la première fuille sont écrits les mots suivans: - L’an mille trois cens quarante et sept trépassa madame saincte Flors, le onsième juin, le jour saincte Barnabé. La maison d’où elle est sortie se nommoit Corbie -. L’histoire est en langage du païs avec la traduction».

  

A c. 295r segue una fedele traduzione in francese del testo eseguita nel XVII sec. che si conclude con questa sottocrizione alle cc. 342vº-343vº:

 

«Extrait et collationné et la traduction corrigée sur un vieux livre manuscrit de papier couvert de parchemin escrit en langage du païs trouvé aux archives des titres de l’abaye de filles de l’hospital de Beaulieu de l’Ordre de Saint-Jean de Jérusalem au diocèze de Cahors, par l’ordre et en la présence de Messire Jean de Doat, conseiller du Roy en ses conseils et président en la Chambre des comptes de Navarre et commissaire député par letres patentes de sa Majesté du premier avril dernier pour faire recherche dans les archives des abayes et aussi des communautés ecclésiastiques et séculieres de la province de Guienne des titres concernans les droits de sad. Majesté ou qui peuvent servir à l’histoire, [et pour] faire faire des extraits d’iceux qu’il jugera nécessaires, et les envoyer au garde de la Bibliothèque royalle, par moy Gratian Capot, huissier en la dite Chambre, par elle commis pour faire les extraits des titres des archives de sa Majesté de son ressort, par ses arrests du vingt troisiesme juin et neufiesme octobre MVIC soixante six, et greffier d’office en lad. commision. Fait a Foix, le quatorziesme de novembre mil six cens soixante sept.», segue la firma di Doat Capot».

 

Il primo a pubblicare qualcosa su santa Flora fu un italiano, Giacomo Bosio. A questo autore, conosciuto per la sua grande opera Dell’istoria della sacra religione [...] di san Giovanni Gierosolimitano (Roma, 1594-1602), si deve infatti anche un piccolo libro di immagini sui santi dell’ordine di Malta di cui purtroppo non ci è giunta nessuna copia, ma dove, come si evince dalla traduzione fattane nel 1631 da J. Baudoin, in un’incisione doveva essere illustrato il miracolo dei pani trasformati in fiori.

Nel 1625, in vista della canonizzazione ufficiale, il teologo Louis de Mesplède, priore dei domenicani di Figeac, publicò una storia della santa su richiesta della priora Antoinette de Vassal du Couderc, che gli aveva passato il manoscritto compilato del confessore. Anche quest’opera è andata perduta.

Dopo avere pubblicato a sua volta una vita di santa Flora, nel 1693 Hugues Amadieu, curato di una parrocchia di Cahors, Saint-Urcisse, e direttore spirituale dell’Hôpital-Beaulieu, fu incaricato dai padri Bollandisti di tradurre in latino il manoscritto in volgare, idioma da lui definito «langue des Espagnols habitant la Catalogne». Di questo lavoro il convento possedeva un solo esemplare, che venne bruciato dai rivoluzionari nel 1793. Ma questa traduzione latina era stata nel frattempo inserita negli Acta Sanctorum e, preceduta da una dotta dissertazione di padre Conrad Janning, era stata pubblicata nel 1715: sarà questa la fonte di tutte le pubblicazioni seguenti sulla santa, mentre, pur essendo stata edita nel 1879, è rimasta pressoché sconosciuta la traduzione in francese conservata dal manoscritto Doat (Vie de sainte Flore 1879).

La vera svolta nella storia degli studi dedicati alla santa avviene nel 1946, quando Clovis Brunel pubblica negli «Analecta Bollandiana» il testo della Vida e dei Miracles, che naturalmente è stato un imprescindibile punto di riferimento per il presente lavoro.

La vita di un santo è di solito suddivisa in tre parti: si comincia con la nascita, la patria, i genitori e la futura grandezza miracolosamente annunciata; si prosegue quindi con l’infanzia, la giovinezza, le azioni più importanti dell’uomo o della donna matura, le virtù e i miracoli, per poi concludere con il culto e i miracoli posteriori alla morte. La raccolta di Miracles che segue la Vida di santa Flora deve quindi essere considerata parte integrante di un normale racconto agiografico.

I miracoli che vi sono illustrati riguardano per lo più piccoli avvenimenti accorsi a persone di umile classe sociale e offrono un interessante spaccato di quella che era la vita nei villaggi francesi tormentati dalla Guerra dei Cento anni. Come spesso accade nei racconti agiografici l’anonimato è la regola («Una femna de Figeac, que avia tan gran dolor en son vuelh...») e, secondo la pratica che si diffonde a partire dal XII sec., è quasi sempre indicata la parrocchia da cui è originario il testimone dell’evento miracoloso.

Pochi miracoli sono datati. Il primo risale al 1456, data che fornisce il termine post quem della raccolta, compilata nell’ultimo terzo del XV sec. Quelli compiuti mentre la santa era viva (nn. 105-109) sono databili a prima della sua morte (1347). Altri risalgono al momento del decesso (n. 62) o della translazione dei suoi resti, nel 1360 (nn. 45-6). Un miracolo menziona Bernardo de Saux, vescovo di Saintes (1363, n. 39).

La geografia che si delinea attraverso i luoghi in cui accadono i miracoli si estende dalle località vicine a Beaulieu alle province prossime al Quercy (Auvergne, Limousin, Rouergue, Périgord), fino a raggiungere la Guascogna, la città di Saintes (ma a causa di un vescovo guascone), la città di Montepellier.

 

 

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Francesca Gambino         

14.vii.2010         


Rialto