Premessa all’edizione in linea dei ricettari medico-farmaceutici

 

 

 

 

      

Nell’area della Francia del sud, ove non di rado la lingua d’oc è affiancata dall’oitanico e dal catalano, fu composto in epoca medievale un gran numero di miscellanee che contengono regimi di sanità, erbari, ricettari, commentari e testi monografici relativi ad aspetti particolari di ambito chirurgico o terapeutico, sovente riferiti in maniera frammentaria. Tale abbondante produzione medico-farmaceutica è dovuta alla presenza in quell’area geografica di notevoli centri per lo studio e per l’insegnamento delle nozioni mediche, come le università di Montpellier e di Tolosa. Esse detennero un ruolo fondamentale sia nella trasmissione di opere latine, per la maggior parte recepite dall’ambiente salernitano dove, se non composte, erano state per lo meno impiegate, sia nella produzione di numerosi volgarizzamenti. I milieux culturali che si svilupparono attorno a tali scuole mediche e a corti signorili come quella di Foix rappresentarono anche un fertile terreno per la produzione di antologie, talvolta ancora redatte in latino, ma più frequentemente in volgare, che servirono all’uso domestico delle famiglie benestanti. Con l’andare del tempo si assiste ad una proliferazione di scritti sempre più semplici, quasi esclusivamente composti in volgare.

La produzione testuale occitana che si propone in questa sede si può complessivamente indicare mediante la generica denominazione di Ricettari, benchè essa comprenda opere di impianto differente, quali: a) compilazioni eterogenee dove i rimedi sono esposti senza un ordine espositivo preciso, trasmessi da un unico testimone e privi di riscontro in altri testi romanzi o latini, come i Ricettari dei codici di Princeton, di Auch e di Chantilly; b) trattazioni organiche di prescrizioni raggruppate secondo il principio attivo o la malattia da curare che possiedono una propria individualità e sono trasmesse da più testimoni, non solo di ambito occitano, come la Lettera di Ippocrate a Cesare; c) opere che rappresentano il volgarizzamento di altrettante composizioni latine come Las vertutz de las herbas e il Thesaur de pauvres, oltre alle Aggiunte al Thesaur e ai Rimedi per le febbri.

 La Lettera di Ippocrate a Cesare (conosciuta anche come Regimen sanitatis ad Caesarem) è un’operetta anonima che ebbe verosimilmente origine in ambiente anglo-normanno: appartengono a tale ambito, infatti, i più antichi testimoni che la tramandano, uno redatto in volgare e un altro in latino, ma catterizzato da numerosi tratti appartenenti all’idioma romanzo in questione. La compilazione ebbe un’enorme diffusione in epoca medievale e fu ripetutamente tradotta e, spesso, notevolmente modificata nel suo contenuto. I due brevi trattati sui quattro umori e sulle urine e le ricette disposte a capite ad calcem di cui in principio il trattatello si componeva subirono amplificazioni e riduzioni, tanto che in alcune raccolte medico-farmaceutiche affiora solo qualche rimedio collegabile all’opera originale. Entrambi i ricettari occitani si presentano suddivisi in due parti che risultano coincidenti. Tale elemento comune, oltre alla presenza di errori congiuntivi che caratterizzano le due versioni in lingua d’oc nei confronti dell’insieme della tradizione latina e romanza del testo, ha condotto ad ipotizzare l’esistenza di un intermediario comune.

L’opera indicata come Las vertutz de las herbas è costituita da quattro redazioni occitane di ampiezza differente, delle quali tre in prosa e una in versi, del poema De viribus herbarum di Odo di Meudon. Tale autore visse nella prima metà dell’undicesimo secolo nella valle della Loira, fu noto anche con lo pseudonimo di Macer Floridus e il componimento latino di cui fu autore, composto da più di duemila esametri, fu ben presto tradotto in diverse lingue, non solo romanze. Dall’area geografica occitana, in particolare, proviene anche un frammento scritto in ebraico; come dimostrano Gerrit Bos e Guido Mensching nell’edizione da essi curata («A Middle Hebrew Fragment with Romance Elements», The Jewish Quarterly Review, 91, nn. 1-2, 2000, pp. 17-51): questa versione, benchè contenga elementi lessicali occitani e catalani, oltre che latini, è indipendente dalla tradizione testuale in lingua d’oc. L’argomento è costituito da ricette medico-farmaceutiche che sono ordinate secondo le proprietà medicinali delle erbe; nella fonte latina esse ammontano a 77, mentre i testi occitani ne attestano complessivamente 33, trasmesse in numero e in ordine variabili. Il codice di Princeton, per esempio, tramanda solo i rimedi relativi ad artemisia, abrotano, assenzio, ortica, aglio, piantaggine; il codice di Auch arriva ad elencare anche ricette estranee a quelle della fonte, ad esse accomunabili per caratteri sia sostanziali che formali. Al di là di tale discrepanza, le quatto redazioni sono legate da alcuni tratti separativi e congiuntivi che autorizzano ad ipotizzarne la derivazione da un unico testo, verosimilmente composto ancora in latino, da identificarsi con una scelta antologica compiuta sul testo di Odo; alcuni elementi conducono ad attribuirne la paternità ad Arnaldo di Villanova (si veda, di chi scrive, «Sulle tracce del volgarizzamento occitanico di un erbario latino», Studi mediolatini e volgari, 37, 1991, pp. 31-132). 

Il Thesaur de pauvres, comprendente in parte ricette popolari basate su componenti semplici e facilmente reperibili, in parte prescrizioni più complicate fondate sull’uso di droghe preziose, rappresenta il volgarizzamento occitano, non esente da elementi catalani, del Thesaurus Pauperum attribuito al medico portoghese Pietro Ispano, che visse nel tredicesimo secolo e fu papa col nome di Giovanni XXI. Come è stato messo in evidenza in uno studio pubblicato nel 1996 (Francisco Meirinhos, «Petrus Hispanus Portugalensis? Elementos para uma diferenciação de autores», Revista espanola de filosofía medieval, 3, pp. 51-76), di cui non si è tenuto conto in occasione dell’edizione del Thesaur cui questa edizione in linea si riferisce, l’identità di tale autore è probabilmente da distinguersi da quella del Petrus Hispanus teologo. L’opera ebbe un’enorme diffusione e subì un notevole processo di divulgazione che condusse, da un lato, ad un ampliamento sempre maggiore del corpus originario, dall’altro portò alla creazione di versioni più brevi, sovente attribuite ad Arnaldo di Villanova. Configurandosi come un ricco serbatoio dove, di volta in volta, attingere il materiale più adatto, essa esercitò la propria influenza anche nella compilazione di differenti prontuari di medicina pratica e divenne una forte fonte di ispirazione sul cui modello redigere nuovi rimedi. Il ricettario del ms. di Princeton, per esempio, pur non presentandosi come una traduzione del testo latino del Thesaurus che, in questo codice, lo precede, ad esso si può affiancare per similarità tematica.

Numerosissimi sono i volgarizzamenti redatti in idiomi romanzi e non, alcuni dei quali non ancora oggetto di studi; al contrario, una versione in giudeo aljamiado ed un’altra in volgare sicilano sono state edite negli ultimi anni (M. A. Soares de Carvalho Mendes, «Pedro Hispano. Tesoro de los Proves. Versão em Judeu Castelhano Aljamiado (século XV)», Mediaevalia, 15-16 (1999); Il «Thesaurus pauperum» in volgare sicilano, a cura di Stefano Rapisarda, Palermo 2001 [Colleziond di testi siciliani dei secoli XIV e XV]).

 

Nella trascrizione si è cercato di riprodurre gli originali con la massima fedeltà possibile; si è ritenuto opportuno intervenire solo nel caso di errori palesi, correggendo per comparazione interna. Ciò vale anche per le inserzioni in lingua latina, che spesso sono costituite da formule magico-religiose difficilmente interpretabili; dal punto di vista linguistico val la pena segnalare solo l’uso grafico di -ss- per -c- (es.: iasset per iacet; respisse per respice). Tutti gli scioglimenti di abbreviazioni sono segnalati mediante l’uso del corsivo; per la restituzione delle nasali davanti a labiale ci si è basati sulla scrittura intera prevalente. Sono stati riprodotti in scrittura intera corsiva i numerali che, nel codice, compaiono in cifra. Le parentesi quadre indicano la reintroduzione parziale o totale di parole omesse dal copista che è stato possibile ricostruire mediante comparazione interna o, quando presenti, con la fonte latina o altre redazioni occitane. I puntini all’interno delle parentesi quadre, invece, segnalano la presenza di termini incomprensibili o le omissioni del copista che sarebbe arbitrario ricostruire. Ci si è attenuti, inoltre, alle seguenti norme: la punteggiatura e le maiuscole sono state regolate secondo l’uso moderno; è stato introdotto l’apostrofo e, per indicare l’enclisi, il punto in alto; è stata adottata la bipartizione moderna del grafema unico u/v a seconda del suo diverso valore fonetico; le parole sono state divise sulla base dell’occitano normalizzato.

Rimando all’edizione a stampa per l’apparato, la descrizione e l’analisi linguistica dei codici e per le osservazioni relative ai rapporti testuali e tematici tra i ricettari.

Alcune correzioni rispetto alla stampa sono riportate in calce ai singoli testi.

 

M. Sofia Corradini Bozzi         

30.xii.2004         


Rialto