Rialto     IdT

16.7a

 

   

Albertet

 

 

 

 

   

 I.

   

Bel m’es oimais,

   

ab la douza sazon gaia,

   

qe sia gais

4  

e q’un gai descort retraia,

   

c’uns jois verais

   

m’alegra el cor et m’apaia,

   

qi·m ven e nais

8  

de lei, q’eu joi e be n’aia!

   

 

   

II.

   

Per q’eu voil faire

   

e dire e retraire,

   

si com fis amaire,

12  

tot qant a lei plaia;

   

c’al meu vejaire,

   

bell’e de bon aire

   

es, e no·il platz gaire

16  

avols gentz savaia;

   

ni lauzenjaire

   

vilans mal parlaire

   

non pot dir ni braire

20  

ren qe no·ill eschaia;

   

mas de bel aire

   

es de null repaire;

   

tal joi don m’esclaire

24  

voilla Dieus q’eu n’aia!

   

 

   

III.

   

Q’e mos braz la tegna

   

un ser a ma guiza

   

e vert mi l’estregna

28  

tota nua ses camiza.

   

Aqest jois m’avegna,

   

qe tan l’ai enqiza!

   

E, s’amar mi degna,

32  

mout ai bon’amor conqiza.

   

 

   

IV.

   

Q’ell’es valenz,    bell’e gai’e corteza,

   

douc’e plazenz,    e de tot ben apreza

   

e conoisentz,    per qe·i ai amor meza,

36  

mas non es gent l’amors egal deviza;

   

q’eu mor aman     per lei, tant la dezire,

   

e il non blan     mon mal ni mon martire,

   

ni fai semblan     qe ren l’enueg ni·l tire,

40  

don sui ben fols q’eu i ai m’amor miza.

   

 

   

V.

   

Mas il o fai     per essai,    per semblanza,

   

e non partrai    del seu plai    m’esperanza,

   

anz l’atendrai    tro qe n’ai    alegranza,

44  

car genzer es qe fos d’amor enqiza.

   

En qaslar vai,    descortz, lai,    e t’enanza

   

al marqes gai,    car el fai    senz doptanza

   

son prez verai,    de qe·m plai,    e s’onransa

48  

a totz grazir, d’Espagna tro a Risa.

 

 

Traduzione [FS]

I. Adesso mi piace, con la dolce stagione gaia, essere gaio e comporre un gaio descort, perché una gioia vera mi rallegra nel cuore e mi appaga, la quale mi viene e nasce da lei, che gioia e bene io ne abbia!

II. Perciò voglio fare e dire e raccontare, come un perfetto amante, tutto quanto a lei piaccia; perché, a mio parere, è bella e nobile, e non le piace affatto la spregevole gente malvagia; e nessun maldicente villano e bugiardo può dire né sbandierare nulla che non le convenga; è la più nobile di qualsiasi asilo; voglia Dio che io abbia da lei una gioia tale da illuminarmi!

III. Che possa tenerla tra le mie braccia una sera a mio piacimento e stringerla verso di me tutta nuda senza camicia. Che questa gioia mi avvenga, che tanto l’ho cercata! E, se vuole amarmi, ho conquistato un amore eccellente.

IV. Perché lei è nobile, bella, gaia e cortese, dolce e graziosa, istruita ed esperta di tutto ciò che è bene, ecco perché ho riposto in lei amore, ma l’amore non è ben diviso in parti uguali; perché io muoio d’amore per lei, tanto la desidero, e lei non fa caso al mio male né al mio martirio, e non mostra che la cosa le dispiaccia affatto o che le sia dolorosa, dunque sono ben folle ad aver riposto in lei il mio amore.

V. Ma lei lo fa per mettermi alla prova, evidentemente, e non farò venir meno la mia speranza rispetto al suo patto, anzi l’aspetterò finché ne avrò gioia, perché è la più gentile che mai fu richiesta d’amore. Vattene là nel castello, o descort, e portati dinanzi al gaio marchese, perché senza dubbio egli fa gradire a tutti, dalla Spagna fino a Reggio, il suo valore sincero, per cui mi piace, e il suo onore.

 

 

 

Testo: Sanguineti 2012. – Rialto 11.vi.2015.


Mss.: S 245, a2 439.

Edizioni critiche: Paul Meyer, «Un descort inédit», Romania, 1, 1872, pp. 402-404, a p. 402 (solo su S); Giulio Bertoni, «Un descort d’Albertet de Sisteron», Annales du Midi, 15, 1903, pp. 493-497, a p. 493 (solo su a2); Jean Boutière, «Les poésies du troubadour Albertet», Studi medievali, 10, 1937, pp. 1-129, a p. 75; Francesca Sanguineti, Il trovatore Albertet, Modena 2012, p. 247.

Metrica: I a4 b7’ a4 b7’ a4 b7’ a4 b7’; II a4’ a5’ a5’ b5’ a4’ a5’ a5’ b5’ a4’ a5’ a5’ b5’ a4’ a5’ a5’ b5’; III a5’ b5’ a5’ b7’ a5’ b5’ a5’ b7’; IV (d)a4+6’ (d)a4+6’ (d)a4+6’ b10’ (e)c4+6’ (e)c4+6’ (e)c4+6’ b10’; V (cc)a4+3+3’ (cc)a4+3+3’ (cc)a4+3+3’ b10’ (cc)a4+3+3’ (c c)a4+3+3’ (cc)a4+3+3’ b10’ (Frank descort: 25; Canettieri descort: 18). Rime: -ais, -aia (I), -aire, -aia (II), -egna, -iza (III), -eza, -iza, -ire, -enz, -an (IV), -anza, -iza, -ai (V). La suddivisione proposta da Frank prevede sette strofi (I a4b7’ a4b7’ a4b7’ a4b7’; II a4’a5’a5’b5’ a4’a5’a5’b5’ a4’a5’a5’b5’ a4’a5’a5’b5’; III a5’b5’a5’b7’ a5’b5’a5’b7’; IV a4b6’ a4b6’ a4b6’ c10’; V a4b6’ a4b6’ a4b6’ c10’; VI (=VII) a4a3b3’ a4a3b3’ a4a3b3’ c10’), ma il testo può essere analizzato tenendo conto delle rime interne, che permettono di riunire in un unico periodo IV e V, così come VI e VII (cfr. Paolo Canettieri, «Descortz es dictatz mot divers». Ricerche su un genere lirico romanzo del XIII secolo, Roma 1995, p. 347, e John H. Marshall, «The descort of Albertet and its Old French imitations», Zeitschrift für romanische Philologie, 95, 1979, pp. 290-306, a p. 292). Boutière distingue invece otto strofi (Boutière, «Les poésies», p. 25), in quanto divide ulteriormente in due parti il secondo periodo. Il testo non è stato suddiviso dal copista di S, mentre in a2 è presente una suddivisione in sette strofi, che corrisponde sostanzialmente a quella fornita da Frank. In questo caso, partendo dal presupposto che nella descrizione dei descortz sono possibili diverse rappresentazioni alternative, a seconda che si tenga o no conto delle rime interne, si è preferito seguire l’adattamento del testo proposto da Canettieri e già suggerito da Marshall, che prevede cinque periodi comprensivi di tornada. Tale schema metrico può essere considerato originale e ha prodotto due imitazioni: i contrafacta oitanici Ne flours ne glais e Bel m’est li tens. La somiglianza metrica tra i due lais francesi è stata rilevata per la prima volta da Hans Spanke, «Studien zur Geschichte des altfranzösischen Liedes. II», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 156, 1929, pp. 216-234, alle pp. 229-230; mentre la relazione tra i tre componimenti, i due francesi e quello occitano, è stata individuata da István Frank, Répertoire métrique de la poésie des troubadours, 2 voll., Paris 1953-1957, vol. I, p. XLIV, che riteneva che il descort di Albertet fosse un’imitazione di Ne flours ne glais. L’ipotesi contraria, che permette di valutare il descort quale modello da cui derivano i due pezzi oitanici, è stata ampiamente dimostrata da Marshall, «The descort of Albertet», pp. 296-299. La prima cobla è costruita secondo i principi delle coblas refranchas, che prevedono la ripetizione, anche sporadica, di una o più parole della stessa radice.

Note: Descort con dedica, al v. 46, al marqes gai, in cui è stato concordemente riconosciuto il marchese di Monferrato. La congettura avanzata da Meyer, secondo il quale il verso potrebbe contenere un’allusione a Bonifacio I di Monferrato, morto nel 1207, è stata accolta come verosimile da Bertoni, che ha sottolineato la documentata presenza di Albertet presso i marchesi di Monferrato. Boutière, «Les poésies», p. 15, ha messo poi in rilievo la possibilità di riconoscere un’identità tra il marqes gai qui menzionato e il marques mon seignor che figura nella tornada di Ab son gai e leugier (BdT 16.2). A proposito di questo marchese, Boutière suggerisce di identificarlo con Guglielmo IV, sicché il descort risulterebbe databile dopo il 1207, anno della morte di Bonifacio e della successione di Guglielmo. A partire dalla identificazione del marchese di Monferrato con Bonifacio I e non, come proposto da Boutière, con il figlio e successore Guglielmo, riteniamo possibile una datazione approssimativa anteriore al 1207.

45. La lezione di a2 En qas lat (con t finale corretta su r) è stata considerata erronea e priva di senso dagli editori precedenti. Boutière promuove a testo la lezione di S, Ai! car t’en vai, registrando tuttavia in nota come anche quest’ultima potrebbe essere non del tutto sicura. La lezione di S, infatti, sembra sospetta a causa dell’impiego di car con l’indicativo, mentre solitamente car è impiegato a inizio frase seguito dal congiuntivo per esprimere un augurio. Bertoni, commentando l’erroneità di a2, propone inoltre come possibile emendamento di leggere encar t’en vai. In realtà, la lezione originaria di a2 risulta del tutto accettabile se la sciogliamo come en qaslar, il cui senso letterale sarà ‘nel castello’. Non crea, infatti, particolari problemi la grafia q per c, sicché qaslar sarà assimilabile a caslar. Cfr. Peire d’Alvernhe, En estiu, qan crida·l iais (BdT 323.17), v. 13: «Pres ai estat en un caslar».

46. Il marqes gai al quale è indirizzato il descort può essere identificato con il marchese di Monferrato Bonifacio I, menzionato anche nell’ultimo verso di Ab son gai e leugier (BdT 16.2).

48. Il ms. a2 legge erroneamente alla fine del verso tro qem franza. Tale lezione è imputabile a un rimaneggiamento da parte del copista, il quale commette l’errore di far rimare il verso con i tre versi precedenti. Si mantiene l’emendamento già praticato da Boutière, che mette a testo la lezione di S, tro a Risa, dal momento che l’ultimo verso richiede una rima in -isa (-iza), riscontrabile al quarto e all’ottavo verso del quarto e del quinto periodo. La località di Risa è identificabile con Reggio Calabria; cfr. Peire Vidal, Bon’aventura don Dieus als Pizas (BdT 364.14), v. 21: «lo regisme de Palerm’e de Riza».

[FS]


BdT    Albertet   IdT

Circostanze storiche