I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Signori, per i nostri peccati cresce la forza dei Saraceni: Saladino ha preso Gerusalemme ed essa non è stata ancora riconquistata; ed ecco che il re del Marocco fa sapere che si batterà contro tutti i re cristiani assieme ai suoi perfidi Andalusi e Arabi armati contro la fede di Cristo.
II. Ha mandato a chiamare tutti i suoi luogotenenti, masmudi, mori, goti e berberi, e non c’è nessuno, pingue o mingherlino, che non sia stato incluso nei ranghi: mai pioggia venne giù più fitta di quanto siano essi quando passano ricoprendo le pianure; egli (il re del Marocco ) spinge al pascolo come pecore queste orde, carogna per gli avvoltoi, e (dopo il loro passaggio) non resta filo d’erba né radice.
III. Sono cosi pieni d’albagia quelli che egli ha convocato che credono d’essere i padroni del mondo; Marocchini e Marabutti sostano a mucchi in mezzo ai prati e fra di loro dicono irridendo: «Franchi, fateci largo! Nostra è la Provenza e la regione attorno a Tolosa e tutta la terra che si estende fino a Puy!». Mai cosi terribile minaccia era stata udita da parte di questi perfidi cani, infedeli, degni di sprezzo.
IV. Ascoltate, imperatore, e voi, re di Francia, e voi, suo cugino, e voi, re d’Inghilterra, conte di Poitiers: correte in soccorso del re di Spagna! Nessuno ebbe mai migliore occasione di servire Dio: con la Sua assistenza vincerete tutti i cani che Maometto ha abbindolato e i rinnegati che son passati dalla loro parte.
V. Gesù Cristo, che ha voluto illuminarci con la Sua parola perché la nostra fine fosse buona, ci mostra qual è la giusta via: con la penitenza sarà perdonato il peccato che comincio da Adamo. E desidera assicurarci fermamente che, se abbiamo fede in Lui, ci collocherà tra gli eletti e sarà laggiù nostra guida contro i perfidi scellerati infedeli.
VI. Non lasciamo i nostri beni, dal momento che siamo sostenuti dalla grande fede, ai cani neri d’oltremare: che ciascuno ci rifletta, prima che il danno ci colpisca! Portoghesi, Galleghi, Castigliani, Navarrini, Aragonesi, Seritani, abbiamo loro opposto come barriera, ma essi li hanno respinti e umiliati.
VII. Quando vedranno i baroni crociati, Alemanni, Francesi, Cambresini, Inglesi, Bretoni, Angioini, Bearnesi, Guasconi, uniti a noi, coi Provenzali, tutti in un imponente stuolo, allora, potete essere certi, assieme agli Spagnoli, fenderemo la calca e la testa (degli invasori) e le mani, fino ad ucciderli tutti e a sterminarli; e poi sarà diviso tra noi tutto il loro oro.
VIII. Gavaudan sarà profeta: ciò che ha predetto si avvererà. E morte ai cani! E Dio sarà onorato e servito là dove Maometto era adorato.
Edizione e traduzione: Saverio Guida 1979; note: Saverio Guida. – Rialto 15.xi.2002.
C 318; R 98.
Edizioni critiche: Alfred Jeanroy, «Poésies du troubadour Gavaudan», Romania, 34, 1905, pp. 497-539, a p. 534; István Frank, «La chanson de croisade du troubadour Gavaudan», Neophilologische Mitteilungen, XLVII, 1946, pp. 145-171, a p. 165; Saverio Guida, Il trovatore Gavaudan, Modena 1979 (Subsidia al Corpus des Troubadours, VI), p. 264.
Metrica: a9 b9 b9 a9 c9 d9 d9 e9 e9 (Frank 645:4). Sette coblas unissonans di nove versi e una tornada di quattro.
La canzone di Gavaudan fu composta in un’epoca immediatamente successiva alla disfatta cristiana di Alarcos (luglio 1195), allorché il califfo almohade Abu Yusuf Ya ’qub al-Mansur si spinse verso zone della Spagna settentrionale da tantissimo tempo non raggiunte dagli Arabi ed ormai per tradizione considerate baluardo invalicabile del mondo occidentale e da lì minacciava di proiettarsi verso Proensa e Tolzas. Che Gavaudan abbia levato il suo canto di crociata da una delle terre soggette al conte di Tolosa si evince dalla strofe VII, ove obbligata è l’identificazione coi sudditi di Raimondo VI del gruppo etnico-politico di cui il trovatore sentiva e proclamava di far parte quando immaginava i contingenti delle altre regioni europee ab nos mesclatz in una comune opposizione agli Arabi.