Traduzione [MC] I. Senza allegrezza canto per diletto, follia faccio, perché seguo il mio cuore là dove s’è messo, ché mai nessuno ebbe carcere o confino più duro di quello che mi tiene in dominio. II. Che così fosse presa, tormentata dal male che mi stringe colei cui poco importa di farmi ora languire. Dove più saranno ricercate mercé e generosità, dal momento che la più cortese mi vuole uccidere senza torto (da parte mia)? III. Per meglio uccidere, (prima) ha trasformato in gioia la mia lunga ossessione e poi raddoppia il mio turbamento. Sovente penso che me ne separerò del tutto, poi, quando mi volto, trovo il mio cuore là (presso di lei). IV. Se avverrà mai ch’io l’abbia, difficilmente credo che me ne possa distogliere un giuramento senza ricompensa, con falsa parola oscura. Ah, bella, gaia, piacente, non sincera, vogliate che vi dispiaccia il duro male che sopporto! V. Lunga privazione me ne profetizza sorte tale: se mi dura oltre misura mi peggiora il duro male che m’uccide, così che schiettezza né falsità, né sicura fede che si giura non migliora anzi s’accanisce: quando la prego ride di me! VI. Che piuttosto vorrei che mia fosse solamente un giorno nella vita, non darei la mia follia per quattordici prove d’assennatezza. Credo che sia vento quello che mi spinge, dunque, una vana speranza; me ne separerei, se potessi, ma mi lega ciò che uomo vinto, paziente, vince. VII. Ben conviene che, là dove seme di valore fiorisce in autentica gioia, vinca amore leale che non decade. Soccorso vi chiedo con timore, signora, se vi piace, qui, perché saggezza adorna colui che trae dall’inquietudine i suoi. VIII. Chiedo mercé del mio patire e son fedele, leale amante poiché non mi distolgo dal ben fare che possa essere gradito. Non oso assolutamente esprimere il mio pensiero, ché la grande bellezza di cui siete matrice mi fa tacere: il mio cuore, di nascosto, rigiro in questa ossessione. IX. Poi mi giro e rigiro in questa ossessione di cui amo il tormento più della ricompensa d’un’altra. X. La mia signora Emilia in Romagna ben guadagna – chiunque abbia a lamentarsene! – grande valore di cui infonde il suo gaio corpo piacente, gentile. XI. Bella e gentile mi piace di più che al medico falso male.
Testo: Calzolari 1986. – Rialto 26.x.2016. Mss.: C 370r, D 75r, I 196v, K 182v, M 249r, N 51r, R 28v, S 239v, W 186v, c 81v. Edizioni critiche: Johannes Müller, «Die Gedichte des Guillem Augier Novella», Zeitschrift für romanische Philologie, 23, 1899, pp. 47-78, a p. 65; Monica Calzolari, Il trovatore Guillem Augier Novella, Modena 1986, p. 169. Altra edizione: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 33 (testo Müller). Metrica: I a4’ a5’ a2’ a5’ b5 a4’ a5’ a5’ b5; II a4’ a5’ a2’ a5’ b5 a4’ a5’ a5’ b5; III a4’ b5 a4’ b5 a4’ b5 a4’ b5; IV a4’ a5’ a5’ b5 a4’ a5’ a5’ b5; V a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ b5 b1; VI a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ a3’ b5 b1; VII a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ b5 b1; VIII a3’ a3’ a7’ a3’ a3’ b5 b1 a3’ a3’ a7’ a3’ a3’ b5 b1; IX a4’ a5’ a5’ b5; X a3’ a3’ a7’ a3’ a3’ b5 b1; XI a3’ a3’ b5 b1 (Frank descort: 11; Canettieri descort: 23). Rime: -atge, -es (I), -eza, -ir (II), -ire, -ai (III), -aia, -ur (IV), -ura, -i (V), -ia, -ens (VI), -ensa, -ai (VII), -aire, -ir (VIII), -ire, -anh (IX), -anza, -en (X), -enta, -als (XI). Lo schema si differenzia da quello di Frank, dal momento che quest’ultimo scompone in due membri le prime due strofi e congettura una lacuna di un bisillabo a uscita femminile prima dell’ultimo quinario femminile (a4’ a5’ a2’ a5’ b5 a4’ a5’ [a2’] a5’ b5); Frank, inoltre, a inizio della strofe IX conta erroneamente un quinario femminile in luogo di un quaternario femminile. Il descort ha dato vita a una successiva imitazione, benché parziale, fornendo la melodia al contrafactum galego-portoghese Quen oj’ouvesse di Lopo Liáns, che riprende lo stesso schema dei primi quattro periodi di Ses alegratge, con minime variazioni dettate da ragioni prosodiche (cfr. Paolo Canettieri, «Il contrafactum galego-portoghese di un descort occitanico», in Actas del III Congreso de la Asociación Hispánica de Literatura Medieval (Salamanca, 3-6 oct. 1989), Salamanca 1994, pp. 209-217 e Id., “Descortz es dictatz mot divers”. Ricerche su un genere lirico romanzo del XIII secolo, Roma 1995, pp. 319-333). Per quanto riguarda, invece, il panorama occitano «l’uso di versi monosillabi (maschili e femminili) avvicina questo descort a quello di Aimeric de Peguilhan [BdT 10, 45] Qui la vi en ditz, dedicato a Beatrice d’Este. Tale uso metrico deve aver incontrato un certo successo fra i trovatori della corte estense, dal momento che si rincontra anche nella tenzone fra Raimon Guilhem e Ferrairi [BdT 150, 1] Amics Ferrairi [...] composta qualche anno più tardi sullo stesso schema metrico del descort di Aimeric de Peguilhan» (Calzolari, Il trovatore Guillem, p. 177). Si ravvisa un collegamento capfinit tra le strofi. Melodia (W): Fernández de la Cuesta, p. 530. Note: Questo descort, incentrato sul motivo topico dell’amore come follia, può essere ricondotto al periodo italiano del trovatore Guillem Augier Novella. In particolare, il riferimento a ma dona Imilh’en Romanha consente una datazione approssimativa tra il 1212 e il 1220. Nella dama qui menzionata è infatti riconoscibile Emilia dei conti Guidi da Ravenna, moglie di Pietro Traversara ed eletta da Albertet come giudice nel partimen con Aimeric de Pegulhan, N’Albert, chauszetz al vostre sen (BdT 10.3 = 16.3), nonché ricordata da Aimeric de Pegulhan, Ses mon apleich (BdT 10.47) e citata insieme ad altre dame in Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a) di Guillem de la Tor. Emilia sposò in seconde nozze Pietro nel 1212 e tale matrimonio sancì una riconciliazione tra i due casati rivali (cfr. Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, p. 72). 103. Nella dama qui menzionata è riconoscibile Emilia dei conti Guidi da Ravenna, moglie di Pietro Traversara, per la quale si veda Fritz Bergert, Die von den Trobadors genannten oder gefeierten Damen, Halle 1913, pp. 76-77. È interessante ricordare che dei mss. che tramandano il descort solo quelli italiani (DIKN ed Sc) trasmettono il nome di Emilia di Romagna, mentre i mss. appartenenti all’altra famiglia (CMRW) riportano, sia pure con variazioni, una lezione concorrente del tutto diversa (madona uelh remanha C, madona uoluen reimanha MW, madonna ab qui remanh R). Come segnala Calzolari, Il trovatore Guillem, p. 171: «la lezione riflessa dai quattro manoscritti si deve, quindi, come già suggerito da Müller, ad un tentativo di reinterpretazione del verso da parte di un copista d’oltralpe che non era stato in grado di coglierne né il riferimento storico, né quello geografico». [fs] |