Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
330.
1a
Peire Bremon Ricas Novas
Ab marrimen doloiros et ab plor
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Peire Bremon Ricas Novas
Ab marrimen doloiros et ab plor
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Trad. it.

I. Con dolorosa tristezza e pianto vivo mio malgrado, perché la morte non si degna di uccidermi: sto tanto male che la vita mi fa paura, e di morte sono tutti i miei più grandi desideri, adesso che l’onorato conte di Provenza, ah, quanto mi spiace dirlo, è morto. Ah, che dolore, che perdita, e misero me! Ho perso un così buon signore, ma non vivrò senza rimpianto.

II. Mai nessun altro uomo ebbe così tanto valore, perché aveva impiegato tutto il suo potere, la sua intelligenza e il suo giudizio nell’accrescimento del suo onore, rispettando Dio, di cui era servitore. E Dio, che volle sopportare per noi il martirio sulla croce con pena e con tristezza, voglia con la sua santa dolcezza permettere all’anima del prode conte di sedere coi suoi angeli.

III. Non conobbi mai nessun uomo, debole o forte, che avesse una fede più solida di lui in Dio, perché mai gli fece torto o infranse la sua fede; anzi, mantenne equilibrata la bilancia della lealtà, dove ogni buon merito si eleva, e del perdono, per cui vedo la sua anima (giungere) in un buon porto. Le altre qualità non mi interessa ricordarle, perché egli arrecò soprattutto onore a Dio.

IV. Ah, Provenzali, in quanto grave sconforto siete rimasti, e in quale disonore! Avete perduto il piacere, il gioco e il divertimento, così come la gioia e il sorriso, l’onore e l’allegria, e siete finiti nelle mani di quello di Francia. Meglio sarebbe stato se voi foste tutti morti! E quello da cui potreste essere salvati non trovi in voi fedeltà e lealtà.

V. Morto è il conte, ma spero fermamente che egli sia con Dio nella gioia e nel piacere, mentre i Provenzali vivranno in uno stato di dolore e di discordia peggiore della morte.

Testo

Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.

Mss.

I 198v, K 184v, a2 255.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizione diplomatica: Giulio Bertoni, Il canzoniere provenzale di Bernart Amoros (complemento Càmpori), Fribourg 1911, p. 5.

Edizioni critiche: Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, p. 41; Giulio Bertoni, «Il ‘pianto’ in morte di Raimondo Berengario IV conte di Provenza (1245)», in Scritti vari di erudizione e di critica in onore di Rodolfo Renier, Torino 1912, pp. 249-258; Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 309.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10’ a10 b10’ b10’ a10 a10 b10’ (Frank 295:3). Planh composto da quattro coblas doblas di otto decenari, più due tornadas di quattro decenari ciascuna. Lo schema metrico del compianto è derivato dalla canzone di Peirol, Be·m cujava que no chantes oguan (BdT 366.4).

Informazioni generali

Planh composto in occasione della morte di Raimondo Berengario V, conte di Provenza e protettore di Ricas Novas, avvenuta il 19 agosto 1245. Il planh viene attribuito da IK a Aimeric de Peguilhan e da a2 a Ricas Novas. Già Zingarelli e Bertoni segnalano che l’attribuzione ad Aimeric è scarsamente probabile per questioni di natura stilistica: il planh si avvicina molto all’usus scribendi di Ricas Novas per la ricorrente ripetizione delle parole in rima, l’utilizzo di parole rare o mai occorse altrove, la presenza di rime derivative; la forma metrica, coblas doblas di decenari con schema a b a b b a a b, non si ritrova, del resto, in nessuno dei componimenti tràditi di Aimeric. Bisogna ricordare, inoltre, che la testimonianza di IK non è delle più affidabili, dal momento che il planh nei due codici si trova subito prima di un altro planh erroneamente attribuito ad Aimeric de Peguilhan, Totas honors e tuig faig benestan (BdT 461.234). Ma l’elemento fondamentale per cui si deve propendere necessariamente ad attribuire il planh a Ricas Novas è di natura cronologica: l’attività poetica di Aimeric si dipana nel primo quarantennio del tredicesimo secolo, senza oltrepassare il 1240. – Il planh, definito da Bertoni («Il ‘pianto’ in morte di Raimondo Berengario IV», p. 256) «un’elegia per la fine della Provenza», si distingue per l’accorata arringa antifrancese della cobla IV, in cui si evince un cambio radicale di tono rispetto al resto del compianto: viene evocato il disordine sociale e politico che la morte di Raimondo Berengario ha lasciato in eredità ai provenzali, così come la molesta presenza dei francesi, insediatisi nel contado al seguito di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia e pretendente alla mano di Beatrice, erede di Raimondo Berengario, che avrebbe sposato l’anno dopo la morte di questi. Grazie a questi versi di natura profetica, il planh di Ricas Novas testimonia uno dei momenti più sofferti della storia della regione, quello del trapasso da un’indipendenza formalmente consolidata sotto il governo di Raimondo Berengario V all’infausta dominazione angioina. – I vv. 31-32 fanno riferimento alla figura di Raimondo VII di Tolosa che, assieme a Barral del Baux, fu a capo delle ostilità nei confronti di Carlo d’Angiò che si concentrarono nelle città ribelli di Arles, Avignone e Marsiglia. Ricas Novas allude all’aiuto politico e militare che Raimondo avrebbe offerto ai provenzali, e biasima in filigrana questi ultimi perché sicuro che non sarebbero stati capaci di avvalersene. Altri oppositori possibili coi quali si potrebbe identificare il rivale di Carlo d’Angiò sono, secondo Martin Aurell, La vielle et lépée. Troubadours et politique en Provence au XIIIe siècle, Paris 1989, p. 317 n. 58, Giacomo I d’Aragona o Federico II.

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