Testo: Di Luca 2008 (XXI). – Rialto 10.xii.2009. Mss.: A 210r, C 345v (trasmette solo i primi tre versi in calce a BdT 293.24, attribuita ad Elias Fontsalada), D 141r, M 234r, R 28v. Edizione diplomatica: Arthur Pakscher - Cesare De Lollis, «Il canzoniere provenzale A (Codice Vaticano 5232)», Studj di filologia romanza, III, 1891, pp. j-xxxij e 1-670, p. 649. Edizioni critiche: Henri Pascal de Rochegude, Le Parnasse occitanien, ou Choix des poésies originales des troubadours, tirées des manuscrits nationaux, Toulouse 1819, p. 210; Giulio Bertoni - Alfred Jeanroy, «Un duel poétique au XIIIe siècle: les sirventés échangés entre Sordel et P. Brémon», Annales du Midi, 28, 1916, pp. 269-305, p. 293; Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 291. Altre edizioni: Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-86, III, p. 254 (testo Rochegude); Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 68 (XVIII; testo e traduzione Bertoni - Jeanroy). Metrica: a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 (Frank 5:2). Sirventese composto da cinque coblas singulars di otto alessandrini, più una tornada di due alessandrini. Per la derivazione dello schema si veda la voce metrica di BdT 330.14. Note: Terzo sirventese di Ricas Novas contro Sordello, composto in risposta a Sol que m’afi (BdT 437.34). – Il sirventese è denso di riferimenti alla vita di Sordello. Viene descritto l’errare di quest’ultimo per varie corti subito dopo la dipartita dall’Italia e prima di stabilirsi definitivamente in Provenza. L’itinerario del mantovano è ridisegnato in maniera scrupolosa: si allude alle tappe intermedie di Treviso e Gap; al suo soggiorno in Spagna presso la corte di Ferdinando III di Castiglia, che apparentemente si mostrò poco prodigo nei suoi confronti, tanto da negargli il modesto donativo di una mula; alla protezione che trovò presso Savaric de Mauelon, siniscalco del Poitou; al castello che gli fu conferito da Raimondo Berengario a Chérenilles, coronamento della sua ascesa sociale alla corte provenzale. Questo vagare senza posa del trovatore viene ovviamente rievocato ai fini dell’invettiva: Sordello, accusa Ricas Novas, non è un vero trovatore, in cerca di gloria ed onore, ma piuttosto un giullare a caccia di ricchezze che spaccia la sua rozza arte per vera poesia pur di ricavarne un guadagno personale. A questo scopo viene anche chiamato in causa Joanet d’Albusson, giullare con cui Sordello scambiò una tenzone alla corte estense fra il 1226 e il 1230, Digatz mi s’es vers (BdT 265.1a = 437,10a), nella quale egli tacciava il mantovano di non essere un vero cavaliere e di essersi votato alla joglaria essenzialmente per un bisogno materiale. [PDL] |