Traduzione [LMrl]
I. Su questa melodia gaia e leggiadra voglio rallegrarmi
cantando, poiché colui che non si concede allegria non so cosa potrebbe
diventare; perciò io voglio vivere con gioia e con i gagliardi Provenzali, che
vivono con signorilità e praticando le belle maniere, sicché nessuno si permette
di mancar loro di rispetto.
Testo: Morlino 2005. – Rialto 25.i.2018. Mss.: C 52r, Da 193r, Dc 259r, E 102v, F 58r, G 106v, I 110r, K 95r, c 83r. Edizioni critiche: Pier Enea Guarnerio, Pietro Guglielmo di Luserna trovatore italiano del sec. XIII, Genova 1896, p. 31; Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 270; Luca Morlino, Rialto 10.xii.2005. Altre edizioni: François Juste Marie Raynouard, Choix des poésies originales des Troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, pp. 139-141 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache mit einer Grammatik und einem Wörterbuch, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. I, p. 25 (parziale); Celestino Cavedoni, «Delle accoglienze e degli onori ch’ebbero i trovatori provenzali alla corte dei marchesi d’Este nel secolo XIII», Memorie della Reale Accademia di Modena, 2, 1858, pp. 268-312, p. 304 (parziale); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 51 (testo Guarnerio); Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense, Pisa 1981, p. 102 (testo Bertoni). Metrica: a8 b8 a8 b8 b8 c7’ c7’ c7’ b8 (Frank 331:2). Cinque coblas unissonans di nove versi ciascuna e una tornada di tre. Rime: -er, -ir, -enza. Il modello per lo schema metrico di questo componimento potrebbe essere la tenzone tra Gui d’Uissel e il cugino Elias N’Elias, de vos voill auzir (BdT 194.18 = 136.6). Note: Sirventese composto probabilmente alla corte d’Este tra il marzo 1226 e il novembre 1233: si vedano le Circostanze storiche. 6. pros de Proenza. Peire Guillem allude qui probabilmente ai trovatori ospitati alla corte estense insieme a lui, come contribuisce a chiarire la tornada dedicata a Giovanna d’Este in cui si citano nuovamente i pros (v. 46); cfr. Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, pp. 51-52 10-18. In questi versi il trovatore suggerisce al suo uditorio il metodo più semplice per acquisire pretz, ossia sfruttare i propri averi per fare grandi azioni. Non disponendo di grandi ricchezze, egli spera di raggiungere pretz offrendo quello di cui è dotato, la capacità di comporre poesie. 19. Il verso sembra riecheggiare le prime strofi di un altro sirventese indirizzato a Federico II, Far vuoill un nou sirventes (BdT 156.6) di Falquet de Romans. Qui, come nel componimento di Peire Guillem, si elencano le qualità richieste da pretz agli uomini cortesi, prima tra tutte la largueza. 29-30. Il trovatore si rivolge direttamente a Federico, definito dreiturier, ossia ‘giusto’, ma in questo caso il trovatore potrebbe intendere ‘portatore di diritto’. Quest’espressione ricalca uno dei principali temi della propaganda imperiale, l’importanza dell’estensione della legge imperiale su tutti i sudditi; cfr. Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, pp. 564-579. Un simile riferimento all’imperatore come restauratore del diritto ricorre in Ia de far un sirventes (BdT 217.4) di Guilhem Figueira, vv. 15-16. 31. Meilan. Peire Guillem individua con chiarezza chi sono gli avversari di Federico: i Comuni lombardi e i signori loro alleati. Qui infatti Milano, il più importante tra i Comuni, rappresenta per sineddoche la Lega lombarda che si era nuovamente riunita contro l’imperatore nel marzo 1226. 34-36. Il trovatore insiste con un’iterazione sinonimica trimembre sulla sapienza di Federico. Agli occhi dell’autore del componimento, il proverbiale sapere dell’imperatore non vale nulla se egli non si mostra in grado di vendicare l’onta inflittagli dai Comuni lombardi. Un riferimento alla necessaria vendetta di Federico sui Comuni, insieme all’elogio del suo sapere, ricorre ancora in Ia de far un sirventes (BdT 217.4). 37-45. Questa strofe è tutta dedicata all’elogio di una dama identificabile con Giovanna d’Este, menzionata apertamente in tornada, probabilmente patrona di Peire Guillem al momento della composizione del testo. Di questa signora sono elogiate, infatti, le virtù cortesi di honrar e accoillir, ossia la capacità di ospitare e ricompensare con munificenza i trovatori. 46. Na Johana d’Est. Giovanna d’Este risulta già sposata al marchese Azzo VII nel 1221 e visse fino al novembre 1233; quest’ultima data costituisce il termine ante quem entro il quale collocare il componimento. [fsa] |