I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
11. Il pronome clitico del v. 13 va riferito a amor.
19-21. I versi presentano una sintassi intricata, che Boni ricostruisce come «mais no·m don temor (que de so), que no·m desvede so que pus mi plai», con attrazione del soggetto della proposizione secondaria nella principale (de lieys): il senso del passo, secondo la sua traduzione, sarebbe ‘Riguardo a lei non concepisco altro timore che quello che essa mi privi di ciò che più mi piace, cioè la sua gaia persona’. Per un’analisi dettagliata della questione e una rassegna di analoghi casi di attrazione si legga la nota dell’editore (Boni, 1954, p. 70, n. 19).
25. denhar vale ‘giudicare opportuno’, mentre la locuzione penr’esmansa significa ‘stimare’.
28-36. Per la quarta cobla si confronti la canzone Dompna, meillz q’om pot pensar (BdT 437.12, vv. 31-40).
29-30. Per il motivo della lontananza dagli occhi di contro alla vicinanza al cuore si legga la nota alla canzone Si co·l malaus qe no se sap gardar (BdT 437.31, v. 32).
33. De Lollis stampava m’a legor: Boni, sulla scia di diversi studiosi, mette a testo una forma alegor da alegorar, ‘rallegrarsi’ (Boni, 1954, pp. 70-71, n.33).
35. Per evitare l’ipermetria, è necessario considerare estia bisillabo: si leggano in proposito le considerazioni di Boni (Boni, 1954, p. 71, n. 35).
46. La valens dona de Mison (località delle Basses Alpes) che è citata nella tornada non è stata identificata: secondo Boni si tratterebbe di una dama a cui Sordello rende omaggio, diversa dalla donna da lui amata. Per un commento e una rassegna delle diverse ipotesi degli studiosi si leggano le sue osservazioni, Boni, 1954, p. 71, n. 47 e p. lxvii.
Edizione: Marco Boni 1954; note: Elisa Guadagnini. – Rialto 31.vii.2006.
C 264r, R 36v.
Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle 1896, p. 190; Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, p. 67; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, edited and translated, New York - London 1987, p. 48.
Metrica: a7 b7 b7 a7 c7’ a7 c7’ d8 d10 (Frank 543:1). Cinque coblas unissonans di nove versi con una tornada di cinque versi. Il quinto verso di ogni cobla, e dunque anche il primo della tornada, presentano la parola-rima enansa: questo artificio retorico è assai poco praticato da Sordello, che lo usa in un altro componimento soltanto (Del cavaler mi plai, BdT 437.6); si leggano in proposito le considerazioni di Boni (Boni, 1954, p. clv).
La canzone, che a quanto parrebbe risultare dalla tornada venne probabilmente composta in Provenza, non presenta elementi utili alla datazione.