I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
I. Canto spesso per divertire gli altri ma, benché io canti o mi rallegri per la buona speranza, ora vedo che canto per niente; e a mio danno sono cantante, così come l’uccello di buona razza che sa di essere catturato ma ciò nonostante non rinuncia mai a cantare: altrettanto faccio io.
II. Il cuore e lo spirito sono saldi in amore, e ciò mi fa sempre migliorare, – se potessi trovare qualcuno che mi amasse tanto quanto io perfettamente amo! – ma io, senza cuore volubile, amo colei di cui sono amante senza essere amato, e più la amo lealmente e fedelmente più s’accresce l’amore che mi tiene stretto e mi possiede.
III. Non mi sembra che mai nessuno per colpa di amore folleggiasse più follemente di me, dal momento che, piuttosto che un’altra mi baci, preferisco essere suo pretendente, poiché per me è un onore; ma che cosa può fare un imperatore senza impero? A che mi valgono Onore o Pregio se me ne viene male? Sì, [valgono], giacché il male che piace è pari al bene.
IV. Per questo i mali che mi vengono da lei mi sono piacevoli, giacché mai non vidi donna, né lontana né vicina, che meglio parlasse o rispondesse, né con tanta misura; e ciascuno la loda, dal momento che è la più bella del mondo, giacché Natura non ha messo in lei, io credo, né più né meno di quanto convenisse.
V. Donna, per grazia permettete solamente che Grazia un poco di grazia conceda, e che un poco ammorbidisca la vostra durezza nei miei confronti, poiché sempre grazia vi domando e vi imploro; e domandandovi grazia sono e per sempre sarò vostro uomo che implora: «Grazia, grazia, grazia!»
VI. Il prode Guglielmo Malaspina sostiene Dono, Galanteria e me.
VII. Bel Peragon, più uno vede Beatrice d’Este e più la ama.
14. desamatz amaire. Questa antitesi, largamente attestata nella poesia occitana, ricorre all’interno del corpus di Aimeric de Pegulhan anche in Puois descobrir ni retraire (BdT 10.42), v. 18 e nella tenzone con Guillem de Berguedan De Berguedan, d’estas doas razos (BdT 10.19 = 210.10), ai vv. 5-6 e 44.
24. Si fai. Il costrutto è attestato con discreta frequenza in occitano; basti l’esempio di Guillem de Saint Leidier in El mon non a neguna creatura (BdT 234.9), v. 12.
43. Bels Peragon. L’identificazione del senhal, non altrimenti attestato nel corpus trobadorico, è assai complicata: Frank M. Chambers, Proper Names in the Lyrics of the Troubadours, Chapel Hill 1971, p. 210 non lo riconduce ad alcun personaggio noto. Per Shepard - Chambers, The Poems of Aimeric, p. 200 indicherebbe «apparently a man, perhaps another poet». Per Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, a p. 43 designerebbe «forse lo stesso Guglielmo qui esplicitamente indicato come patrono». L’ipotesi non è del tutto convincente. Nella poesia trobadorica si trovano esempi di testi indirizzati sia direttamente al personaggio sia al senhal dietro il quale questo si cela: si pensi a Rambertino Buvalelli e alla sovrapposizione fra Beatrice d’Este e il senhal Mon Restaur, ben esemplificato in Toz m’era de chantar geqiz (BdT 281.10). Si potrebbe intendere il senhal nel significato di pietra preziosa, per cui vedi la forma antico-genovese paragone (FEW VII:618, s.v. parakone). Caïti-Russo, Les troubadours, nota 1 a p. 180, invece, riporta il significato del senhal alla forma nizzarda parangon, nel senso di ‘comparazione’ (attestata in TdF, vol. II, p. 478).
44. d’Est. Il ms. M presenta la variante e al posto della lezione d’Est.
Edizione: Caïti-Russo 2005, con modifiche di Luca Gatti limitate alla punteggiatura e all’uso delle maiuscole; traduzione e note: Luca Gatti. – Rialto 24.viii.2017.
A 134r, B 82v, C 91r, D 64r, Dc 246v, Fa 41, G 37r, I 53r, K 39v, M 92v, N 162r, P 11v, Q 12r, R 50r, b1 3r, c 52r, α 30627, κ 113 (vv. 41-42). Alcuni testimoni sono parziali: Dc riporta solo la terza cobla, α la quarta, Fa la quinta (quest’ultima è citata anche da Berenguier de Noya nel Mirall de trobar, per cui vedi Joseph Anglade, «Berenguer de Noya et les troubadours», in Homenaje ofrecido a Menéndez Pidal. Miscelánea de Estudios lingüisticos, literarios e históricos, 3 voll., Madrid 1925, vol. I, pp. 677-687, a p. 678).
Edizioni critiche: The Poems of Aimeric de Peguilhan, edited and translated with introduction and commentary by William P. Shepard and Frank M. Chambers, Evanston (Illinois) 1950, p. 175; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour de Malaspina, Montpellier 2005, p. 165.
Altre edizioni: Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, p. 50; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 228 (edizione parziale basata sul ms. A, vv. 1-12 e 41-44); Reinhilt Richter, Die Troubadourzitate im “Breviari d’Amor”. Kritische Ausgabe der provenzalischen Überlieferung, Modena 1976, p. 178 (edizione di α); Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizione vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, p. 43 (testo Shepard - Chambers).
Metrica: a8 b8 b8 a8 c7’ c7’ d10 d10 (Frank 577:238). Cinque coblas unissonans di otto versi, seguite da due tornadas di due. Rime: -en, -es, -aire, -e. Per John H. Marshall, «Pour l’étude des contrafacta dans la poésie des troubadours», Romania, 101, 1980, pp. 289-335, a p. 321 il modello metrico è Ab joi mou lo vers e·l comens (BdT 70.1) di Bernart de Ventadorn.
Melodia (G): Edizioni: Fernández de la Cuesta, p. 400; van der Werf, p. 9*. Formula: A B C D E F G H; struttura: durchkomponiert.
La datazione del componimento si deve fondare sulla valutazione del doppio invio nelle tornadas ai protettori Beatrice d’Este e Guglielmo Malaspina, per cui si rimanda alle Circostanze storiche. La prima tornada manca a P, la seconda a IKPR (ma è stata aggiunta da mano moderna in K).