Premessa alle dansas di W

 

 

 

 

    Il gruppo di cinque dansas formato dai testi registrati in BdT con le sigle 244.1a, 461.92, 461.196, 461.230, 461.20a fa parte di quelle inserzioni successive di forme metrico-musicali ‘moderne’ che mani diverse hanno trascritto negli spazi lasciati bianchi, specialmente alla fine delle sezioni dei singoli autori, nel canzoniere provenzale W (= canz. franc. M; Paris, Bibliothèque nationale, fr. 844). Le addizioni, insieme di testi lirici provenzali e francesi (dansas, descortz, virelais, lais, rondeaux, motets à refrain) e di componimenti unicamente strumentali (aggiornati musicalmente con il sistema di notazione mensurale nato con la polifonia: Ductia, Estampies royales, Danse real), si collocano a pochi decenni dalla confezione del manoscritto di origine piccarda e a circa cinquant’anni dalla composizione della collezione lirica che ne costituisce il corpus originario, di cui sono in un certo senso l’ammodernamento. Nella collezione aggiuntiva si trovano dieci testi puramente provenzali che non hanno subito adeguamenti linguistici francesizzanti come gli altri componimenti in lingua d’oc del canzoniere lirico originario, da cui si distinguono anche per le peculiari configurazioni melodico-strutturali. Questo gruppo provenzale è composto da quattro descortz: l’anonimo Bella donna cara al f. 117r-v (BdT 461.37); Aimeric de Peguilhan, Qui la ve en ditz, f. 185r (BdT 10.45), seguito da Sill qu’es caps e guitz, f. 185v (BdT 461,67a) e Guillem Augier Novella, Sens alegrage, ff. 186v-187v (BdT 205.5). Le cinque dansas: Donna, pos vos ay chausida, f. 1v (BdT 461.92); Pos qu’ieu vey la fualla, f. 1v (BdT 461.196); Tant es gay’es avinentz, f. 78v (BdT 461.230); Ben volgra, s’esser poges, f. 186r-v (BdT 244.1a); Amors m’art con fuoc am flama, f. 187v (BdT 461.20a). Ed infine la prima strofe della canzone di Blacasset Ben volgra que·m venques merces, f. 78v (BdT 96.2), unica esponente del genere.

    Accanto alla desdansa BdT 244.1a, affine per qualità metriche, tematiche, stilistiche alle dansas trasmesse dal ms. E, si contano quattro specimena monostrofici di dansa trascritti ai ff. 1v, 78v e 187v di W da mani differenti. Essi hanno tuttavia delle caratteristiche che li accomunano: sono tutti composti di dodici versi, suddivisi in un respos di quattro (tre per BdT 461.196) e una cobla di otto (nove per BdT 461.196), simmetricamente ripartita tra fronte e cauda, i cui versi corrispondono per numero, formula sillabica e rime a quelli del refrain (Per la morfologia del genere dansa, cfr. Anna Radaelli, «Dansas» provenzali del XIII secolo. Appunti sul genere ed edizione critica, Firenze 2004, pp. 27-36). Due hanno struttura isometrica settenaria (nelle due uscite m/f), gli altri rivelano l’ampia preponderanza della misura di sette sillabe nelle due partizioni strofiche. Non hanno tornada. Tutti sono accompagnati dalla notazione melodica mensurale. Che queste dansas possano essere testi a sé stanti e non frammenti potrebbe essere confermato da quanto si dice nel trecentesco Capitulum de vocibus applicatis verbis il cui anonimo autore oppone i soni, le ballate monostrofiche con melodia appositamente composta («verba applicata solum uni sono»), alle balade pluristrofiche, destinate alla danza e dotate di musica già esistente («verba applicata sonis»), cfr. Nino Pirrotta, Ballate e «soni» secondo un grammatico del Trecento, in Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Gotti, Palermo 1962, 3 voll., III, pp. 42-54 («Bollettino del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani»: 8), alle pp. 49-51. Tra gli schemi, solo quello di BdT 461.196 è un unicum, mentre BdT 461.92 riprende il medesimo sistema sillabico di BdT 244.6, BdT 461.230 quello di BdT 244.1 e BdT 461.20a ha la stessa struttura rimico-sillabica di alcune dansas della Scuola Tolosana (per un’analisi delle configurazioni metriche, cfr. Radaelli, Dansas, pp. 49-60). Per questa loro configurazione sono stati dunque considerati dansas, o per meglio dire, saggi di dansas, campioni di canzoncine da ballo composti per l’occasione. Non è dato sapere se facessero parte di un unico gruppo, dato che la loro trascrizione, tranne le prime due, non è consecutiva, ma vi sono indizi che inducono a pensare si tratti di composizioni ‘a tema’ a partire da quanto è dichiarato nel respos: l’impiego del verbo chauzir, che potrebbe segnalare un’elezione dell’argomento da intonare, e la relazione capfinida con la cobla, che rende il refrain non completamente autonomo ma, per così dire, svolto e ampliato dalla cobla che segue, inducono a crederlo.

    Nella ripresa di parte del respos alla fine della trascrizione di BdT 244.1a e BdT 461.92, può forse scorgersi, infine, una informazione di natura musicale. Nel primo testo, alla fine dell’ultima tornada, è trascritto di seguito il primo verso del respos e sono lasciati alcuni righi vuoti in fondo alla colonna; nel secondo, alla fine della cobla, si ripete l’inizio del respos: «Donna». Questa reiterazione fa pensare a un’indicazione legata forse a una nuova complessità melodica, ad avvertire che il refrain doveva essere intonato anche alla fine con la ripresa della melodia; così pensa Beck (Jean Beck, Die Melodien der Troubadours, Strasbourg 1908, p. 64, n. 1) in opposizione all’opinione di Suchier (Hermann Suchier, Denkmäler Provenzalischer Literatur und Sprache, Halle 1883, p. 229) che vi vedeva solo un’inutile ripetizione. Nell’una e nell’altra canzone mi paiono comunque evidenti i contatti con quelle forme d’oïl che prevedevano regolarmente la ripetizione del refrain poststrofico, in particolar modo i virelais che proprio in quell’arco di tempo si stavano rapidamente affermando.

 

Anna Radaelli         

12.xii.2005         

 


Rialto