Traduzione [AF]
I. Canterò di questi trovatori che cantano
in molti modi, e il peggiore è convinto di recitare molto amabilmente: ma
dovranno cantare altrove, dacché per questa ragione vedo affaccendarsi cento
pastori di cui nessuno sa distinguere la salita o la discesa.
Testo: Fratta 1996. – Rialto 21.v.2017. Mss.: A 214r, C 183r, Da 198v, I 195v, K 181r, N2 28, R 6r, a 127, z 2r; la quarta cobla compare anche in N2 21, la sesta in A 214, C 183, Da 166, I 135, K 121, L 33, R 40 ( = sedicesima cobla di Monge de Montaudo, Pos Peire d’Alvernh’ a cantat, BdT 305.16), e la quattordicesima nella vida e in b1 1 e κ 95. – L’ultima cobla, che funge da congedo, esibisce un verso-firma dell’autore (v. 79). Edizioni critiche: Rudolf Zenker, Die Lieder Peires von Auvergne, Erlangen 1900, p. 110; Karl Bartsch, Chrestomathie provençale (Xe-XVe siècles). Sixième édition entièrement refondue par Eduard Koschwitz, Marburg 1904, col. 85; Vincenzo Crescini, Manuale per l’avviamento agli studi provenzali. Introduzione grammaticale, crestomazia e glossario, terza edizione migliorata, Milano 1926, p. 182; Peire d’Alvernha, Liriche, a cura di Alberto Del Monte, Torino 1955, p. 118; Peire d’Alvernhe, Poesie, a cura di Aniello Fratta, Manziana (Roma) 1996, p. 47. Altre edizioni: Erhard Lommatzsch, Provenzalisches Liederbuch. Lieder der Troubadours mit einer Auswahl biografischer Zeugnisse, Nachdichtungen und Singweisen, Berlin 1917, p. 61 (testo Zenker); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 3 (estratti dal testo Crescini); Aurelio Roncaglia, La generazione trobadorica del 1170, Roma 1968, p. 11; Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, p. 332 (testo Del Monte con modifiche al v. 80); Luciano Rossi, «Per l’interpretazione di Cantarai d’aquests trobadors (323, 11)», in Cantarem d’aquestz trobadors. Studi occitanici in onore di Giuseppe Tavani, a cura di Luciano Rossi, Alessandria 1995, pp. 65-111 (testo Del Monte con rettifiche); Aniello Fratta, Rialto 20.vi.2003 (testo Fratta); Paolo Gresti, Antologia delle letterature romanze del medioevo, Bologna 2006, p. 47 (testo Fratta con ritocchi); Dario Mantovani, “Ans am ieu lo chant e·l ris”. Episodi di parodia e satira presso i trovatori, Milano 2008, p. 69 (testo Del Monte con commento e una variazione al v. 43). Metrica: a8 a8 b8 a8 a8 b8 (Frank 91:11). Quattordici coblas singulars di sei versi e una tornada di due. Rime: -ors, -iers, -elh, -orn, -is, -ins, -ars, -et, -ac, -autz, -es, -itz, -atz, -otz (a), -en (b); la rima b è fissa. Un’imitazione metrica è realizzata da Monge de Montaudo, Pos Peire d’Alvernh’ a cantat (BdT 305.16) e si tratta oltretutto di una rassegna satirica dei trovatori della generazione successiva a quella presa di mira da Peire in Chantarai. Note: Vers satirico in cui Peire d’Alvernhe ritrae una galleria poetica, passando in rassegna ben dodici trovatori e/o giullari (Peire Rogier, Guiraut de Bornelh, Bernart de Ventadorn, Limosino di Briva, Guillem de Ribas, Grimoart Gausmar, Peire de Monzo, Bernart de Saissac, Raimbaut d’Aurenga, Eble de Saignas, Gonzalo Ruiz, Cossezen) e finendo con l’elogiare autoironicamente se stesso nell’ultima strofe. – Per quanto riguarda l’ordine in cui sono citati i vari trovatori, Fratta, Peire d’Alvernhe, p. 48, ha congetturato che Peire possa aver seguito un criterio che tiene conto di due fattori: «quello ipotetico della prossimità dei presentati al presentante con l’altro, più concreto, della loro subordinazione alle necessità poetiche, sicché per esempio l’idea di assimilare Guillem de Ribas a un pins lo faceva essere necessariamente quins, così come forse necessità di rima obbligavano Peire Rogier ad essere premier». Per un’interpretazione complessiva della galleria caricaturale di Peire d’Alvernhe cfr. anche Rossi, «Per l’interpretazione», pp. 65-111. – Per la datazione del componimento, cfr. le Circostanze storiche. 6. Fratta, Peire d’Alvernhe, p. 188, nota al v. 6, propone un’interpretazione diversa da quella canonica (che vedeva un accenno all’incapacità di distinguere i gradi ascendenti e discendenti della melodia), e ricorda come dietro l’inabilità a discernere la salita dalla discesa possa celarsi un modo di dire di natura proverbiale, impiegato anche da altri trovatori (con l’opposizione monte/collina o valle/pianura) per indicare uno stato di agitazione psichica e confusione mentale. 7. Peire Rogiers: è il primo dei trovatori e giullari (alcuni noti maestri del trobar, come in questo caso, altri a noi meno conosciuti) presentati nella galleria satirica, per ognuno dei quali la descrizione dell’alverniate prevede una caricatura a partire da una caratteristica fisica o comportamentale, spesso con rinvii a motivi presenti nei componimenti dell’interessato. Nel caso di Peire Rogier, dalla vida apprendiamo che fu canonico di Clermont e si fece poi giullare: Peire d’Alvernhe polemizza qui proprio sul suo cantare d’amore, dicendo che farebbe invece meglio a stare in chiesa a recitare il salterio o reggere i candelieri. 14-16. La parodia di Giraut de Bornelh sembra trarre spunto da alcuni versi dei suoi componimenti, cfr. ad esempio A penas sai comensar (BdT 242.11), vv. 11-14: «Qui que·s n’azir, me sap bo, / can auch dire per contens / mo sonet rauquet e clar / e l’auch a la fon portar»; Er’auziretz enchabalir chantars (BdT 242.17), vv. 53-54: «e de me que vau pensan / tan qu’en magrezisc e sec». 19-24. Per Bernart de Ventadorn, Peire schizza un piccolo quadro familiare, che ritrae il padre come umile servitore e arciere e la madre intenta a scaldare il forno. In tale ritratto parodico, che trae spunto da alcuni versi di Bernart de Ventadorn (cfr. Be m’an perdut lai enves Ventadorn, BdT 70.12, vv. 12-13 dorn e forn in rima), parte della critica ha voluto cogliere doppi sensi osceni. In particolare, un’interpretazione ambivalente era stata suggerita già da Roncaglia, La generazione trobadorica, pp. 86-87, secondo il quale dietro ‘forno’ si celerebbe una diffusa metafora sessuale. Questa interpretazione è stata poi approfondita da Fabrizio Beggiato, «Forni e avorni», in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia a cinquant’anni dalla sua laurea, Modena 1989, pp. 119-125, che si è concentrato soprattutto sulla possibile ambiguità dell’espressione traire ab arc d’alborn (v. 22), giungendo alla conclusione secondo cui l’arco d’ornello potrebbe alludere alla scarsa virilità. Diverso è invece il parere di Fratta, Peire d’Alvernhe, pp. 189-190, nota ai vv. 19-24, che mette in discussione questo tipo di letture oscene e ritiene che tali versi si riferiscano in primo luogo a Bernart stesso, mentre il rinvio ai genitori sarebbe dettato esclusivamente dal loro coinvolgimento negli episodi citati. 25. Briva·l Lemozis: «tradizionalmente identificato con l’interlocutore di Bernart de Ventadorn nella tenzone Bernart de Ventadorn, del chan [BdT 286.1 = 70.14]» (Fratta, Peire d’Alvernhe, p. 190, nota al v. 25). 31. Guillems de Ribas: nulla conserviamo o sappiamo di questo trovatore, forse catalano. 37. Grimoartz Gausmars: come rileva Fratta, Peire d’Alvernhe, p. 190, nota al v. 37, il trovatore qui menzionato potrebbe essere identificato con l’autore di Lanquan lo temps renovelha (BdT 190.1), cfr. vv. 60-61: «qu’En Grimoartz vos espelh, / qu’ab joi lo las e l’afina» (si veda, sull’assegnazione di questa canzone, anche Anna Ferrari, «Rima derivativa e critica testuale: Grimoart Gausmar, “Lanquan lo temps renovelha” (BdT 190,1)», Cultura neolatina, 51, 1991, pp. 121-206). Tale vers è attribuito dai mss. che lo tramandano a Jaufre Rudel, ma sembra appunto contenere una firma dell’autore nella sesta strofe; riguardo alla presunta apocrifia Francesca Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili” nella tradizione manoscritta provenzale (I)», in Le rayonnement de la civilisation occitane à l’aube d’un nouveau millénaire. 6e Congrès International de l’Association Internationale d’Études Occitanes (Wien, 12-19 septembre 1999), actes réunis et édités par Georg Kremnitz, Barbara Czernilowsky, Peter Cichon, Robert Tanzmeister, Wien 2001, pp. 372-390, a p. 375, osserva che «in effetti il Grimoart [...] potrebbe essere un soprannome di Rudel, oppure analogamente a Filhol o al Peyronet che compaiono in altri componimenti sicuramente rudelliani, un giullare al quale si affida la diffusione del testo». 43. Peire de Monzo: verosimilmente di origine aragonese (cfr. Rita Leujene, «La “galerie littéraire” du troubadour Peire d’Alvernhe et ses implications avec la Catalogne», in Estudis de Llengua i Literatura Catalanes offerts a R. Aramon i Serra, 3 voll., Barcelona 1980, vol. II, pp. 267-276, a p. 271). 49. Bernatz de Saissac: per la possibile identificazione col trovatore Bernart Marti si rimanda a Fabrizio Beggiato, Il trovatore Bernart Marti, Modena 1984, pp. 18-40. 55. En Raimbautz: la caricatura di Raimbaut d’Aurenga (cfr. in particolare i vv. 58-60) allude e trae spunto da Ben s’eschai q’en bona cort (BdT 389.20). 61. Ebles de Saigna: si è pensato che potesse essere il tenzonatore in seconda battuta di N’Eble, chauzes en la meillor (BdT 218.1), ma la tenzone presenta problemi attributivi e la partecipazione di Ebles de Saignas è esclusa per ragioni cronologiche da Ruth Harvey - Linda Paterson, The Troubadour “Tensos” and “Partimens”: A Critical Edition, Cambridge 2010, pp. 555-566, a p. 563 (il trovatore della tenzone sarebbe invece Eble d’Uisel). È menzionato da Garin lo Brun in Nueyt e iorn suy en pessamen (BdT 163.1), al v. 52: «Messatgiers, lo vers portaras / n’Eblon de Saignas e·l diras / si co·l Brus lo·il envia» (vv. 51-53). Per Ebles de Saignas cfr. anche François Pirot, Recherches sur les connaissances littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, Barcelona 1972, pp. 168-173. 67. Guossalbo Ruiz: per precisazioni su questo trovatore di origine iberica, identificabile in Gonzalo Ruiz de Azagra, si rimanda a Stefano Asperti, «Per “Gossalbo Roiz”», in Convergences médiévales. Epopée, lyrique, roman. Mélanges offerts à Madeleine Tyssens, édités par Nadine Henrard, Paola Moreno e Martine Thiry-Stassin, Bruxelles 2001, pp. 49-62. Asperti ha rilevato che una ulteriore menzione di Gonzalo Ruiz è reperibile nella tornada di Bertran de Born, Qan vei pels vergiers despleiar (BdT 80.35), se si accoglie la lezione del ms. C, concordemente scartata dagli editori. 78. Cossezen: sull’identità di questo ‘vecchietto lombardo’ (v. 73) si rimanda alle Circostanze storiche. 86. Puoich vert: per le varie proposte di identificazione del Puoich vert si rimanda alle Circostanze storiche. [fs] |