I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
I. Ormai non conosco pretesto dietro cui ci possiamo nascondere, se vogliamo servire Dio, poiché tanto desidera il nostro bene che volle patire il proprio male: che prima perdette il Sepolcro e ora sopporta che si vada perdendo la Spagna, perché là trovavamo una scusa, ma qua almeno non temiamo mare né vento; ahimè! come avrebbe potuto richiamarci con più forza, se non tornando a morire per noi.
II. Di se stesso ci fece dono quando venne ad annullare le nostre colpe e fece essere gradito ciò qui quando si immolò per la nostra redenzione; dunque chi vuole morire vivendo in eterno doni ora la sua vita a Dio e gliela presenti, che egli la donò e la rese morendo, che comunque si deve morire senza sapere come; ahi! come vive male chi non ne ha timore! il nostro vivere di cui siamo avidi sappiamo che è male e quel morire buono.
III. Udite in quale errore sono le genti e cosa potranno dire! perché il corpo, che non si può difendere dalla morte per quante ricchezze si donino, ciascuno vuole salvaguardare e curare, e non ha nessuna paura per l’anima, che invece [avendone] ci si può salvare dalla morte e dal tormento: pensi in cuor suo se dico il vero o no e poi avrà un miglior desiderio di andare; e nessun uomo prode tenga in conto a tal fine la povertà: basta che cominci, che Dio è misericordioso.
IV. Che abbia almeno buona intenzione: di essa se ne potrà armare, giacché Dio può procurare tutto il resto insieme col nostro re d’Aragona; perché non credo sia capace di mancare nei confronti di alcun uomo che vada là con cuore valoroso, tanto poco vediamo che viene meno verso le altre genti; non deve affatto procurare danno a Dio che l’onorerà se egli lo servirà con onore, che quest’anno, se si vuole, sarà coronato qua giù o su nel cielo: uno di questi doni [oppure: due] non gli mancherà.
V. E il re di Castiglia non tenga in conto la sciocca fama, né si disvii per le perdite subite, che anzi deve ringraziare Dio che chiamandolo al suo servizio gli indica che attraverso di lui si vuole esaltare; e altro sforzo senza Dio si riduce a niente: così varrà il suo valente pregio cento volte di più se infine accoglie Dio come compagno d’armi; Egli non vuole nient’altro che il riconoscimento: solo che non sia orgoglioso verso Dio, il suo pregio sarà molto onorato e invidiato.
VI. La vita e il pregio che si vogliono da gente stolta, quanto più sono alti tanto più cadono facilmente; costruiamo dunque su solide fondamenta, sul pregio che si mantiene quando il resto va precipitando: che tutto il loro pregio, il loro gaudio e la loro lode siano nel pensare con forza a quanto Dio ha fatto per noi.
VII. Caro Aziman, vediamo che Dio vi attende che così vi vuole guadagnare francamente; che vi tiene tanto in onore che a me fa piacere; non gli facciate perciò cambiare il suo desiderio, piuttosto cambiate voi, perché vale il doppio che ci si penta prima di cadere giù per forza.
Edizione: Paolo Squillacioti 1999, con modifiche. – Rialto 20.ii.2002.
A (67r-v), B (46r-47r), C (6r-v), Da (165v), E (2), I (64r-65v), K (49v), N (61r-v), P (7v), Q (22v-23r), R (13r); incipit cit. in N2 (22v, n. 18).
Edizioni critiche: Stanisław Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, p. 83 (XIX); Paolo Squillacioti: Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Edizione critica a cura di P. S., Pisa 1999 (Biblioteca degli Studi mediolatini e volgari, n.s., XVI), p. 368.
Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1819, vol. IV, p. 110; H. P. de Rochegude, Le Parnasse occitanien ou choix de poésies originales des troubadours, tirées des manuscrits nationaux, Toulouse 1819, p. 60 (fondata su B C E I N R); Giovanni Galvani, Osservazioni sulla poesia de’ trovatori e sulle principali maniere e forme di essa confrontate brevemente colle antiche italiane, Modena 1829, p. 203; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846, vol. I, p. 326 (riproduce Raynouard); Manuel Milá y Fontanals, De los trovadores en España [1861], edición preparada par C. Martínez y F. R. Manrique, Barcelona 1966 (Obras de Manuel Milá y Fontanals, 2), p. 115 (riproduce Raynouard); H. J. Chaytor, The Troubadours of Dante. Being Selection from the Work of the Provençal Poets quoted by Dante, Oxford 1902, p. 57; Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, Barcelona 1975, p. 599 (riproduce Stroński); Lola Badia, Poesia trobadoresca. Antologia, versions d’Alfred Badia, Barcelona 1998 (prima ed. 1982), p. 146 (riproduce Stroński attraverso Riquer); Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992 (Biblioteca medievale, 21), p. 298.
Ed. 1999: 44 e·l.
Metrica: a7 b7 b7 a7 b7 c10 c10 a10 c10 d10 d10 (Frank 536:1). Cinque coblas unissonans di undici versi e due tornadas di sei versi.
Nota: Canzone di crociata d’occidente; composta dopo il luglio 1195 e prima dell’aprile 1196.