I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
I. Ahi! quanto bene vince e con quanta poco d’affanno colui che si lascia vincere da mercé! perché cosi l’uno vince l’altra e se stesso, ed ha vinto due volte senza danno; ma voi, Amore, non fate mai così, perché mercé non mi potè mai valere presso di voi, piuttosto mi avete mostrato tanto il vostro potere che ora io non vi ho e voi non avete me.
II. Per questo mi appare folle chi non sa trattenere ciò che conquista, perché io apprezzo davvero allo stesso modo chi trattiene ciò che ha conquistato in precedenza col suo sforzo cosi come [apprezzo] il conquistare; ma mi potreste trattenere così come il folle trattiene lo sparviero selvaggio, quando teme che si liberi, che lo stringe tanto nel pugno finché lo uccide; ma poiché vi sono strappato, posso ben vivere.
III. Tutto ciò che giova può ugualmente nuocere; quindi, se io [ora] vi avvantaggio potrò recarvi danno e sarà mercé se col vostro stesso sapere che mi avete concesso, [ma] di cui mai mi giovai, vi muovo contesa e cantando dico male di voi! ma non sarà fatto, perché il ragionamento mi trattiene: piuttosto preferisca soffrire per sempre il mio male che lamentando[mi] legittimare il vostro torto.
IV. Dove trovereste mai tanta buona fede? che mai nessuno tradì consapevolmente se stesso come me, che vi resi servizio tanto a lungo, senza mai avere gioia in nulla; ora chiedo mercé? ciò farei apparire, perché chi va troppo rinfacciando il servizio fa mostra di chiedere la ricompensa; ma, quanto a me, non pensiate mai che in ciò l’attenda.
V. E chi biasimò il buon re Riccardo, che vuole che io canti, perché non passò subito [oltremare], ora egli lo smentisce riguardo a ciò in modo che ciascuno lo vede [scil. lo può giudicare]; perché si trasse indietro per saltare meglio in avanti: perché era conte, ora è grande re senza limiti, poiché Dio presta buon soccorso alla buona volontà; e se ne dissi bene quando prese la croce, dissi il vero, e adesso lo vedo, che allora non mentii.
VI. Mai don Aziman e don Tostemps crederanno che io abbia virato il mio freno contro Amore; ma uno può ben credere a ciò che vede e sarà ormai riconosciuto da qui in avanti.
Edizione: Paolo Squillacioti 1999; traduzione e note: Paolo Squillacioti. – Rialto 20.ii.2002.
A (65r-v), Ab (88r-v), B (44r-v), C (1v-2r), D (40v), Dc (245v), Fa (45), G (4r-v), I (64r), K (49r), L (26r-v), M (27v-28r), N (58v-59r), O (5-6), P (23v), Q (18v-19r), R (43r-v), S (29-30), U (30v-31r), V (85v-86r), c (8v-9r), f (39v), ls (n. 9); incipit cit. in N2 (22v; n. 15); β1 906-907 (= vv. 23-24) e 958-961 (= vv. 9-12); β3 412, 413-414 vers. B (= vv. 1, 25-26; cfr. 238-239, 240-241 vers. H e 380-381 e 382-383 vers. CL); µ 648-650 (= vv. 25-27).
Edizione critica: Stanisław Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, p. 47 (X); Paolo Squillacioti: Le poesie di Folchetto di Marsiglia, edizione critica a cura di P. S., Pisa 1999 (Biblioteca degli Studi mediolatini e volgari, n.s., XVI), p. 195.
Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1818, vol. III, p. 161 (basata su C Dc R S); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846, vol. I, p. 322 (riproduce Raynouard).
Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 d10 d10 c10 (Frank 624:4). Cinque coblas di otto versi con rotazione delle rime e una tornada di quattro versi; la struttura strofica è definita a coblas redondas da Dominique Billy, L’architecture lyrique médiévale. Analyse métrique et modélisation des structures interstrophiques dans la poésie lyrique des troubadours et des trouvères, Montpellier 1989, pp. 138-139, e cfr. 160.
Melodia (G R): Ugo Sesini, Le melodie trobadoriche nel canzoniere provenzale della Biblioteca Ambrosiama R. 71 sup., Torino 1942, p. 118 (n. 7; solo G); Gennrich, III, p. 80 (n. 78; cfr. IV, p. 56); Fernández de la Cuesta, p. 190; van der Werf, p. 81*.
Canzone; databile al luglio-agosto 1190.