Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Frederic de Sicilia
Ges per guerra no·m chal aver consir
160.
1
Frederic de Sicilia
Ges per guerra no·m chal aver consir
Trad. it.
Apparato
Note

I. Per la guerra non mi inquieto affatto, né trovo giusto che di chi mi è amico io mi dolga, poiché vedo i miei consanguinei venire in mio soccorso: e per il mio dominio ciascuno si impegna, e si adopera perché il mio nome abbia maggior corso [scil. sia esaltato] attraverso il mondo. E se pare che qualcuno da me voglia separarsi [scil. separare il proprio destino], non gliene faccio biasimo, poiché io, a quanto può apparire all’esterno, conduco tale impresa che onore e pregio ne perde il mio lignaggio.

II. E tuttavia di far risuonare la rinomanza dei Catalani e d’Aragona io sono in grado, al di là della Germania, e di ciò che intraprese mio padre nobilmente portare a termine. Il possesso del regno credo che di diritto mi tocchi: e se per questo di comportarmi male m’accusa qualche parente, poiché gli risulta molesto il dominio che io ne possa avere, ben potrà attaccarmi senza nascondersi, ché in altro desiderio non dormo né me ne sto sveglio.

III. Messer Eble, vai a dire a chiunque ascoltare ciò voglia che dei Latini la loro signoria mi appaga, tanto che io avrò loro e loro me, per certo, ma i miei parenti non agiscono verso me in maniera del tutto cristallina [scil. agiscono verso di me in maniera alquanto dissimulatrice].

1 chal aver] chalauer con -r ricavata da n?    3 ch’a mon] chamon con -h- sovrascritta in interlinea    9 Pero·l reson] Pero el r.    10 puix] puig    14 l’increscha] li crescha; q’aia] gaia    17 Nebble] ms. Pebble?; chui con -h- sovrascritta in interlinea

1-3. Sul ms. «l’incipit e i due vv. seguenti sono leggibili con qualche difficoltà perché, a causa di una rasura sul verso del foglio, traspare l’inchiostro dello stesso verso del foglio» («Intavulare». Tavole di canzonieri romanzi (serie coordinata da Anna Ferrari). I. Canzonieri provenzali. 4. Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, P (plut. 41. 42), a cura di Giuseppe Noto, Modena 2003, p. 124, nota). Nonostante le osservazioni di Cluzel, «Princes et troubadours», p. 360, nota al v. 2 («Le texte du manuscrit, surchargé, est illisible. Nous adoptons à peu près la restitution de Monaci et de ses successeurs, qui, d’accord avec la traduction de Milá, lisent: mos amis. Toutefois, paléographiquement, meus a. nous a paru préférable»), a me pare che la lezione del ms. sia quella che fornisco a testo. La mia impressione (basata sull’ispezione autoptica condotta nel 2003) è peraltro corroborata da Stengel, «Die provenzalische Liederhandschrift», il quale, a proposito della lettura fornita da Grüzmacher, «Berichte» (p. 311) «nios amis» seguita da punto interrogativo, indica: «Zeile 2 lies mos für nios» (p. 278).

2. Cluzel, Riquer: meus amis.

4. Ms. eslangna (Grüzmacher legge eslanga; Stengel non corregge).

7. Amari, Balaguer che [Balaguer que] almen tal faiz; Raynouard q’eu menta ’l; Milá qu’en menta ’l; Monaci e De Bartholomaeis ch’enmental [= enmenta·l]; Cluzel ch’en men tal (Riquer ch’eu men tal).

8. Monaci, De Bartholomaeis, Ruggieri, Riquer non pert (cfr. Ruggieri, «La poesia provenzale», p. 218 nota: «8 non] en P; la correz. è in M[onaci] e De B[artholomaeis] che però non danno notizia della lez. del ms.»).

7-8. Riquer, Los trovadores, così pubblica i vv. 7-8 (p. 1689): no l’en blasmi, ch’eu men tal faiz apert / ch’onor e prez mos lignages non pert; e traduce (ibidem): «no lo critico, porque yo llevo abiertamente esta empresa para que mi linaje no pierda honor y mérito», commentando nella nota ai vv. 6-7: «Sigo la lectura de Ruggieri, que a mi ver ofrece un sentido perfecto, aunque suponga leves enmiendas al texto del manuscrito. Cluzel, que lee ch’en men y en pert, traduce estos versos: “je ne le blâme pas, car, dans une telle pensée, il montre ouvertément que mon lignage perd l’honneur et le mérite”». Una proposta alternativa potrebbe essere: no l’en blasmi, ch’en men tal faiz apert, / ch’onor e prez mos lignages en pert (al v. 7, di per sé lo lo scambio u/n (en/eu) sarebbe banale; men potrebbe essere terza persona e non prima persona: costruzione analoga in Pois preyatz me, senhor (BdT 70.36), v. 58: «Et el en men ab se»; vedi anche, ad esempio, Lo pair’ e·l filh e·l sant espirital (BdT 71.2), v. 35: «ans ab gaug nos men en la sua alba»): ‘io non gli faccio rimprovero – poiché conduce tali azioni apertamente – / che onore e merito ne perda il mio lignaggio’. Ci sono tuttavia alcuni aspetti per i quali la soluzione proposta non convince del tutto dal punto di vista sintattico: ch(e) [onor] è troppo lontano dal verbo della sovraordinata e per di più preceduto da un altro ch(e) [ch’en] con valore differente. Da considerare quanto affermato da Alfred Jeanroy, «La poésie provençale dans l’Italie du Sud a la fin du XIIIe siècle», in Mélanges de philologie, d’histoire et de littérature offerts à Henry Hauvette, Paris 1934, pp. 43-48, a p. 47: «Milá (qui écrit menta’l faiz apert) traduit: “Je ne le censure pas, pour montrer (ou: en montrant) ouvertement ses actes, de telle sorte que par là mon lignage perd honneur et prix”, ce qui offre vraiment peu de sens» [Milá, De los trovadores, p. 431: «y si alguno hay que de mi se aparte, no le censuro por mostrar abiertamente sus actos, de tal suerte que por ello pierde honor y prez mi linage»]. De Bartholomaeis, «qui écrit enmental et corrige, au v. 9, en en no, traduit: “Je ne l’en blâme pas, mais au contraire lui en fais amende publique (comment tirer ces sens de enmentar?) puisque ma race n’y perd ni honneur ni estime”. Le texte n’exige aucune correction, mais il faut interpréter correctement le catalanisme enmentar; le mot, qui signifie proprement “rappeler”, peut être pris ici au sens de “montrer, manifester”. “Je ne le blâme pas (et cela est inutile, car) le fait même montre clairement que, par là (son action), mon lignage perd honneur et prix”». Più che di catalanismo, parlerei eventualmente di ispanismo (il lemma è presente, per esempio, anche nella lirica galego-portoghese: cfr. il Glosario da poesia medieval profana galego-portuguesa, s. v., e la densa scheda di Juan Paredes, El cancionero profano de Alfonso X el Sabio. Edición crítica, con introducció, notas y glosario, Santiago de Compostela 2010, p. 126, nota al v. 10). Dunque si potrebbe arrischiare: no l’en blasmi ch’enmenta·l faiz’apert (‘non gliene faccio biasimo a tal punto che io ne faccia menzione apertamente, lo nomini esplicitamente’). E tuttavia mi pare del tutto sostenibile la soluzione conservativa proposta a testo, con apert col significato di ‘apertamente’, ‘stando a quel che appare all’esterno’ (interrogando al riguardo la COM2, emerge in particolare il caso di apert in Vai, Hugonet, ses bistensa (BdT 461.247), v. 27: «no·m cal plus apert o dia»): qui Federico sta dicendo che, per quanto potrebbe sembrare, si comporta in modo disonorevole (e dunque capisce che alcuni lo stiano abbandonando), ma in realtà darà lustro ai catalani e all’Aragona, con apert in tal modo in simmetria con l’analogo v. 15 a descubert (a descubert alterna in lingua d’oc con en descubert, vedi PD, s. v. descubert; per en apert «öffentlich» – attestato da Levy, SW, s.v. apert, 5 –, vedi per es. Roberta Manetti, Flamenca. Romanzo occitano del XIII secolo, Modena 2008, p. 78 nota al v. 1).

9. Pero: Grüzmacher legge Po (Stengel non corregge). Monaci e De Bartholomaeis: el reson.

10 puix. Consultando la COM2, non si ritrovano attestazioni di puig (lezione del ms.) come prima persona singolare del presente (‘io posso’), ad eccezione di quella di cui ci stiamo occupando: sono difatti presenti soltanto esempi di puig ‘poggio, monte’, e lo stesso dicasi per le varianti poig, pug, pueg, che tutt’al più possono essere voci di pojar, pujar. Si potrebbe ipotizzare un errore o per cuig (ma uno scambio c/p sarebbe difficile da spiegarsi su basi paleografiche), che è presente al v. 9 del sirventese responsivo, A l’onrat rei Frederic terz vai dir (BdT 180.1) (e il senso potrebbe funzionare ugualmente); oppure per puis francesizzante. E tuttavia mi pare più probabile che si tratti di errore per acatal. puix ‘io posso’, presente nella COM2 non solo in Cerveri de Girona (Com es ta mal enseynada, BdT 434.4a, vv. 4 e 14; Totz homs deu far aquo que·l veyll sers fa, BdT 434.15, v. 55; Si per amar leyalmen ab amor, BdT 434a.61, v. 35) ma anche in altri testi (anche narrativi) con catalanismi.

13-14. Ruggieri, «La poesia provenzale», pp. 218-219, nota: «13 sgg. e per so ecc.: non mi convince né la versione del De B[artholomaeis] (“e se c’è alcun mio parente che si studi di farmi del male per ciò”) né quella dell’Amari (“se v’ha nella mia schiatta chi mi voglia male per ciò”), che non aderiscono né alla costruzione né allo spirito del testo; traduco: “se alcun parente mi accusa per questo di comportarmi male”, dando ad asaiar il senso di ‘accusare’, che si ricava facilmente da una delle spiegazioni del Levy: “sich (freundlich oder feindlich) an jmdn machen, anbinden mit, angreifein”». Nella mia interpretazione seguo Jeanroy, «La poésie provençale», pp. 47-48: «il suffit, pour retrouver la pensée de l’auteur, de lire au v. 14 l’incresca et q’aia, en prenant encreisser au sens de “être pénible’, ce que serait un italianisme, car ce sens n’a pas été, à ma conaissance, relevé ni en provençal ni en catalan. Sens: “Si un de mes parents s’efforce de me nuire parce qu’il serait chagriné par tout honneur que je puisse avoir, il peut le faire..., car je ne m’endors ni ne m’éveille sur une autre volonté” (que celle, affirmée plus haut, de poursuivre mon dessein». Su encreisser, ivi, nota 1 a p. 48: «Levy (S. W., II, 457) en cite un exemple, mais il est emprunté à La Barca, texte vaudois du XVe siècle».

17. N’Ebble: Cluzel, «Princes et troubadours», p. 361, nota 2: «Sans doute le nom d’un jongleur». Amari e Balaguer: Pobble (Balaguer, Historia política y literaria, p. 155: «Pueblo, puedes decir á aquellos no decididos aún»). Se la seconda lettera pare una -e- (ma lo scambio e/o è possibilissimo dal punto di vista paleografico), la prima in effetti potrebbe essere una P (vedi analogo tratto grafico all’inizio di due vv. dopo sul ms.: Per). Per la COM2 un’unica occorrenza di pobble: Epistola farcida de sant Johan, v. 34: «al mig del pobble de salut»; e dunque: ‘Popolo, vai a dire, spargi la voce’, ecc. Si potrebbe anche azzardare che in questa sequenza di caratteri si nasconda il Montaner Pérez de Sosa inviato da Federico nel 1298 in Catalogna (e vedi oltre A l’onrat rei Frederic terz vai dir, BdT 180.1, v. 3). – Ch’ausir. Chausir? ‘scegliere’ (‘vai a dire a chi debba prendere una decisione in merito’).

20. cubert continua il gioco con apert e descubert. Per il significato qui proposto cfr. PD, s. v.: «qui cache ses pensées, qui dissimule, discret». Per cubert in acatal. con il significato di ‘d’amagat’, ‘amb engany’, cfr. il Glossari di Pujol i Canelles, Poesia occitanocatalana de Castelló d’Empúries, s.v. cubert.

Testo

Edizione, traduzione e note: Giuseppe Noto. – Rialto 22.i.2018.

Mss.

P 63r (Dompn Fredreric de Cicilia).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Michele Amari, La guerra del Vespro siciliano, o Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII, seconda edizione accresciuta e corretta dall’autore e corredata di nuovi documenti, 2 voll., Paris 1843, vol. II, p. 318; Wilhelm Grüzmacher, «Berichte an die Gesellschaft für das Studium der neueren Sprachen in Berlin über die in Italien befindlichen provençalischen Liederhandschriften. Zweiter Bericht», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 33, 1863, pp. 288-341 [su P alle pp. 299-312], a p. 311 (ed. diplomatica, con correzioni operate poi da Edmund Stengel, «Die provenzalische Liederhandschrift Cod. 42 der Laurenzianischen Bibliothek in Florenz», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 27, 1872, 49, pp. 53-88 e 283-324; 50, pp. 241-84, a p. 278); Carl August Friederich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1886, 1846-1886, vol. III, p. 374; Ernesto Monaci, Testi antichi provenzali raccolti per un corso accademico nella R. Università di Roma, premessi alcuni Appunti bibliografici sui principali fonti per la storia della letteratura provenzale nel medio evo, Roma 1889, col. 104; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma, 1931, vol. II, p. 298; Ruggero M. Ruggieri, «La poesia provenzale alla corte di Federico III di Sicilia», Bollettino Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 1, 1953, pp. 204-232, a p. 217; Irénée M. Cluzel, «Princes et troubadours de la maison royale de Barcelone-Aragon», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 27, 1957-58, pp. 321-373, a p. 358.

Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll, Paris 1816-1821, vol. V, p. 154 (vv. 2-4, 6-12); Manuel Milá y Fontanals, De los trovadores en España. Estudio de lengua y poesía provenzal, Barcelona 1861, p. 430 (vv. 2-4; 6-12); Victorio Balaguer, Historia política y literaria de los trovadores, tomo tercero, Madrid 1879, p. 151 (testo Amari, ma con non pochi ritocchi); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 tomi, Barcelona 1975, t. III, p. 1687 (testo Cluzel, con ritocchi).

Nota filologica

Il testo è trasmesso dal solo ms. P. Si rimanda alle note al testo per i singoli interventi effettuati.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10’ a10 b10’ c10’ c10’ d10 d10 (Frank 382:40). Sirventese di due coblas di otto versi e una tornada di quattro. Rime: -ir (a), -angna/agna (b), -aia (c), -ert (d). L’interessante configurazione metrico-rimica dello scambio poetico porta senza dubbio alla Catalogna: tale configurazione infatti, seppur appartenente al frequentatissimo schema Frank 382, sembra essere con questa particolare disposizione delle rime tipicamente occitano-catalana, poiché riprende da presso il sirventese di Guillem de Berguedan, Un sirventes ai en cor a bastir (BdT 210.20, databile 1190, cioè più di cento anni prima). Lo stesso modello venne seguito (oltre che nella tenzone fittizia Carn-et-Ongla, BdT 184.2, tra il conte di Provenza Raimon Berengario e il suo cavallo Carn-et-Ongla, ante 1245) anche nello scambio di coblas (ascrivibile agli anni 1318-1319) numerato Xa/Xb da Miquel Pujol i Canelles, Poesia occitanocatalana de Castelló d’Empúries. Recull de poemes de final del segle XIII i primer terç del XIV. Introducció, edició crítica, traducció, notes i glosari, Figueres, Institut d’Estudis Empordanesos, Girona 2001, nella sua edizione dei testi in volgare che tra l’ultima parte del XIII secolo e i primi decenni del XIV furono prodotti alla corte catalana proprio di Castelló d’Empúries. Lo ha notato Anna Radaelli in un lavoro in corso di preparazione, Incroci di rime fra carte d’archivio. Il caso di Castelló d’Empúries (ringrazio l’autrice). Aggiungo che l’intero scambio pare essere, dal punto di vista lessicale, una sorta di centone di Un sirventes ai en cor (BdT 210.20), in particolare per quanto attiene ai rimanti. – Sinalefe ai vv. 14 (increscha > onor) e 15 (dampnage > a).

Informazioni generali

Sirventese di Federico III di Sicilia al quale risponde il conte d’Empúries Pons Uc (Ponç Huc) con A l’onrat rei Frederic terz vai dir (BdT 180.1). Lo scambio è da collocarsi nel quadro dello scontro che, dopo la morte del padre Pietro III d’Aragona (1285) e del fratello maggiore Alfonso III (1291), oppose Federico al fratello secondogenito Giacomo per il regno di Sicilia. La datazione varia a seconda degli studiosi tra il 1296 e il 1298 (quest’ultima mi pare la più probabile, dal momento che, come argomenterò un prossimo intervento, con ogni probabilità ci si riferisce allo scambio diplomatico tra Federico e Giacomo nel 1298 per il tramite di Montaner Pérez de Sosa): cfr. le Circostanze storiche. – Amari, La guerra del Vespro siciliano (1843), fu il primo a pubblicare per intero e a tradurre i due sirventesi (su di una copia avutane nello stesso 1843 da Claude Fauriel), precisando che lo scambio, seppur non sempre perspicuo nella lezione del ms., non ci è giunto lacunoso né incompleto (come invece pensavano, ad esempio, Raynouard, Choix; i padri Maurini dell’Histoire littéraire de la France, ouvrage commencé par des religieux bénédictins de la Congrégation de Saint-Maur [...] tome XX [...], Paris 1842, p. 564; Milá y Fontanals, De los trovadores en España; e ancora Cluzel, «Princes et troubadours»). Posto che l’ed. Riquer, Los trovadores (molto più che semplicemente «Texto: Cluzel, con retoques», p. 1689) e la sua traduzione risolvono gran parte dei problemi testuali, intendo discutere i principali e più significativi punti in cui nella mia edizione mi sono allontanato dalla lettura del ms. e/o dalle precedenti edizioni.

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