I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Una canzone dalle gaie parole eleganti, piacevoli, facili a comprendersi, vuole il mio animo farmi comporre, nella quale io possa lamentarmi con gli amanti perfetti degli affanni e delle pene troppo gravose che mi fa patire amore: a causa loro mi fa tanto languire e struggere che guarirmi non vuole né lasciarmi morire. Perciò, se me ne allontano, certo mi comporto da uomo saggio ma, sappiatelo, non da innamorato.
II. E dunque che decisione prenderò? cosa farò? amerò? sì, perché capisco e so che non merita tanta lode colui che un signore di una certa importanza serve per riceverne una ricompensa, quanto colui che in buona fede gli è devoto e gli crede e lo serve con coscienza sempre, anche quando non ne riceva alcun vantaggio. Dunque, a dire il vero, non c’è altrettanta lode per l’amato nell’amare, quanta per il non ricambiato.
III. Perché colui che è benvoluto e desiderato e sollevato dalla sua donna e reso felice, non ha tanto merito nell’amare, in fede vi assicuro a dire il vero come colui che amando languisce e sopporta dell’amore il peso e le sofferenze, sì che nemmeno l’ansia ha la forza di sviarlo: perciò, anche se amore mi procura gravi affanni, senza darmi soccorso, almeno, se amo, ne ricevo onore.
IV. E poiché so che me ne viene onore, non c’è cosa che possa distogliere il mio cuore da amore; e se amore a causa del suo orgoglio non mi accoglie, cosa di cui mi dolgo, sapete perché non me ne distolgo? Perché ho visto un uomo di alto merito ridotto male e sofferente, arrivare a un grande onore; perciò amore, sebbene non mi giovi, non mi procura un danno tanto profondo che non mi trovi umile e leale.
V. Così che mi rimetto interamente a lui, e lo supplico e lo scongiuro, senza lasciar trasparire che ciò mi pesa, quanto più mi tormenta e ferisce oltre misura, anzi sopporto. Perciò, se non gli dispiace, gli chiedo la grazia di farmi ottenere ciò che desidero, da colei dalla quale distogliere non posso il cuore e la mente; anzi nell’amare lei mi rassicuro e persevero e miglioro; ma il suo cuore è verso di me troppo duro.
VI. Perché la gioia perfetta che già fu per me una guida e accordata e concessa, da lei è scomparsa per me tanto da farmi ora sospirare e piangere e soffrire al pensiero di quando mai io la possa amare. Se solo del fuoco che mi arde, da cui non mi separo, avesse addosso la metà, un terzo o un quarto, io non sarei tanto infelice da non tornare, a tempo opportuno e in breve tempo, felice e pieno di gioia.
VII. La sua elegante, gaia e amorosa persona vorrei che fosse nei miei riguardi tanto ben disposta da rendermi in breve tempo qui felice.
VIII. Donna Giovanna, la nobile fama e l’alto pregio che sono in voi innalzano il nome d’Este.
Edizione e traduzione: Antonella Negri 2006; note: Antonella Negri, Stefania Romualdi. – Rialto 27.i.2007 (rev. 28.i.08).
Da 186v, I 131v, K 117v, N 246r.
Edizioni critiche: Adolf Kolsen, «Wilhem von la Tor, Canson ab gais motz», Archiv für das Studium der neuren Sprachen und Literaturen, CXXXVI, 1917, pp. 166-169, a p. 166; Ferruccio Blasi, Le poesie di Guilhem de la Tor, Genève - Firenze 1934, VIII, p. 29 (mancano KN); Antonella Negri, Le liriche del trovatore Guilhem de la Tor, Soveria Mannelli 2006, p. 117.
Altre edizioni: David, «Guillaume de la Tour. Pierre Imbert», in Histoire littéraire de la France, ouvrage commencé par des Religieux bénédictins de la Congrégation de Saint-Maur et continué par des Membres de l’Institut (Académie royale des Inscriptions et Belles-Lettres) [1835], Paris 1971, 18, pp. 630-632, a p. 632 (prima strofa);Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 129 (prima strofa e due tornadas); Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, p. 97 (testo Blasi).
Metrica: a7 a3 a3 a7 b7 b3 b3 b7 c7 c3 c3 c7 d7 d3 d3 d7 (Frank 34:1). Canzone di sei coblas singulars di sedici versi e due tornadas di quattro versi.
La lirica, incentrata sul motivo dell’amar-desamatz, è dedicata a Giovanna d’Este, moglie di Azzo VII, e ne esalta l’omonima stirpe mediante il ricorso a un repertorio consolidato di motivi e stilemi cortesi funzionali alla celebrazione della dama. La tornada è l’unico elemento che consente di datare il componimento, offrendo come termini di riferimento il 1221, probabile anno del matrimonio di Giovanna con Azzo VII, e il 19 novembre 1233, anno della morte della donna. Bettini Biagini, La poesia provenzale, p. 96, riduce l’oscillazione al periodo che va dal 1221 al 1226. Si vedano le Circostanze storiche.