I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
Edizione: Antonella Negri 2006; note: Antonella Negri, Stefania Romualdi. – Rialto 27.i.2007 (rev. 28.i.08).
Da 187r, I 132v, K 118r, G 111r, N 256r.
Edizioni diplomatiche: Giulio Bertoni, Il canzoniere provenzale della Biblioteca Ambrosiana R. 71. sup., Dresden 1912, p. 358; Francesco Carapezza, Il canzoniere occitano G (Ambrosiano R 71 sup.), Napoli 2004, p. 521.
Edizioni critiche: Adolf Kolsen, «Wilhem von la Tor, Ges cil que·s blasmon d’Amor», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 133, 1915, pp. 156-158, a p. 156 (mancano KN); Ferruccio Blasi, Le poesie di Guilhem de la Tor, Genève - Firenze 1934, II, p. 5 (mancano KN); Antonella Negri, Le liriche del trovatore Guilhem de la Tor, Soveria Mannelli 2006, p. 133.
Metrica: a7 b7 b7 a7 c7 c7 d5’ d7’ e7 e7 (Frank 592:60). Cinque coblas unissonans di dieci versi e una tornada di cinque versi.
Canzone di argomento cortese in cui il motivo del servizio d’amore, lungi dall’essere formulato nella forma di un vassallaggio devoto e disinteressato, viene omologato al concreto servizio del sottoposto che, al proprio signore, richiede una dovuta ed equa ricompensa. (Medesime considerazioni in BdT 236.2, 236.6, 236.7). Infatti al termine di un faticoso apprendistato, temprato nella devozione e nella sopportazione della sofferenza amorosa, Guillem auspica che per l’amante leale possa giungere l’agognato premio da parte della donna: accedere al baissar e all’ambìto jacer (v. 43).