I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Signor Nicolet, voglio che mi spieghiate un sogno meraviglioso che io ho sognato una notte mentre dormivo: tutto il mondo si spaventava molto per un’aquila che veniva volando nell’aria da Salerno e ogni cosa fuggiva davanti ad essa, così che essa rubava e prendeva a suo piacimento, in quanto nessuno era capace di difendersi contro di lei.
II. Joan d’Albuzon, l’aquila rappresentava l’imperatore che si sposta attraverso l’Italia settentrionale e il volare così alto indicava il suo grande valore a causa del quale fuggivano tutti coloro che hanno torto e colpa nei suoi confronti, perché né terra né uomo né altra creatura che esista potrà evitare che egli divenga signore di tutto, come è giusto che sia.
III. Signore Nicolet, quest’aquila portava un vento così grande che tutto quanto risuonava, e giungeva navigando per terra una nave piena di fuoco da Colonia, così tanto grande che non si potrebbe descrivere; e l’aquila soffiava il fuoco con un grande vento, così che il fuoco ardeva e illuminava in ogni direzione in cui l’aquila volava.
IV. Joan, l’aquila che tanto fortemente soffiava sul gran tesoro che l’imperatore conduce in Lombardia e la nave che lo portava è il grande esercito dei tedeschi chiamato alla guerra, a cui darà tanto del suo gran tesoro così che l’esercito farà quel che egli vuole in ogni luogo. E sono molto contento che punisce i nemici; e che possa rendere gli alleati prosperi e che venga loro del bene.
V. Signor Nicolet, quest’aquila spegneva tutto il fuoco e irradiava una grande luce sul Monferrato, che riluceva tanto forte da far deliziare tutto il mondo, e irradiava altra luce per tanti luoghi così che tutti quanti si andavano rallegrando; poi l’aquila si sedeva su nell’aria, in un luogo tanto alto da poter vedere tutto il mondo.
VI. Joan, lo spegnimento del fuoco rappresentava la pace poiché l’imperatore vorrà che così sia dopo che si sarà vendicato e la luce dimostrava che il marchese cede il Monferrato senza inganno; e le altre luci saranno la grande ricompensa che riceveranno da lui coloro che la meriteranno e il sedersi in aria significa che il mondo sarà tutto soggetto alla sua signoria.
VII. All’onorato, nobile imperatore valente, Signor Nicolet, dia Dio la forza e il desiderio di restaurare i valori e la cortesia, così come cresce il suo potere ogni giorno.
VIII. Joan, io vedo tutto ciò, perché l’imperatore persegue tutto ciò; per cui io non dubito che così come ha il mondo in suo potere, allo stesso modo deve avere la signoria del pregio.
4. aigla. Com’è noto, l’aquila costituisce uno dei simboli della dignità imperiale; sul suo utilizzo da parte di Federico II si veda Reinhard Elze, «La simbologia del potere nell’età di Federico II», in Politica e cultura nell’Italia di Federico II, a cura di Sergio Gensini, Pisa 1986, pp. 203-212.
5. deves Salern. L’espressione potrebbe indicare sia la direzione dell’imperatore che il suo essere un uomo del regno di Sicilia, indicato in questo caso con il toponimo Salerno. Federico è associato alla città di Salerno anche nella Meggia, il componimento En aquel temps q’el rei mori N’Anfos (BdT 10.26) di Aimeric de Pegulhan; cfr. Paterson «Joan d’Albuzon», pp. 8-9.
10. ven per Lombardia. Il termine Lombardia, com’è noto, indica per i trovatori l’intera area dell’Italia settentrionale. I due trovatori sembrano comporre durante una spedizione militare o uno dei tanti spostamenti diplomatici dell’imperatore attraverso l’Italia del nord.
19. naus de Coloigna. Il riferimento a Colonia è difficile da motivare, secondo Paterson, «Joan d’Albuzon», p. 6, che lo collega alla successiva menzione del tesoro portato in Italia da Federico, i trovatori sarebbero rimasti colpiti dalla fama del matrimonio tra l’imperatore e Isabella d’Inghilterra, celebrato in Germania nel luglio del 1235. La ricca dote data alla sposa dal fratello Enrico III, re d’Inghilterra, concesse a Federico di velocizzare le operazioni per il reclutamento di un grande esercito in Germania. Va segnalato che anche nel componimento di Tomier e Palaizi Si co·l flacs molins torneja (BdT 442.2), v. 37, il regno di Germania soggetto a Federico II è indicato come il «regissme part Coloingna». È forse possibile che si alluda qui a un contingente militare guidato dal re di Germania, Enrico, come suggerito da De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, pp. 114-115.
28. ost dels Alamans. Si allude qui probabilmente ai contingenti militari tedeschi su cui Federico poteva contare per sostenere la sua spedizione contro le città ribelli del nord Italia. Il massimo sforzo militare fu messo in campo dall’imperatore dopo la battaglia di Cortenuova; tra la primavera e l’estate del 1238, infatti, Federico fece convergere in Italia settentrionale numerose truppe dal regno di Sicilia ma anche dalla Germania e dal sud della Francia per sconfiggere definitivamente i lombardi, cfr. Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, pp. 865-873.
31-32. L’azione dell’esercito condotto in Italia da Federico avrebbe portato, agli occhi dei trovatori, la sconfitta dei nemici dell’imperatore e la ricompensa dei suoi alleati.
35. en Monferrat. È possibile che i due trovatori fossero stanziati presso la corte del marchese di Monferrato, qui interessato dall’azione dell’aquila-imperatore.
37. Le luci emesse dall’aquila in luoghi differenti rappresentano probabilmente i diversi interventi a favore dei sostenitori di Federico in Italia settentrionale.
42. Nicolet sembra riprendere la propaganda federiciana che presentava l’intervento militare contro le forze ribelli dei lombardi come strumento necessario per ristabilire la pace imperiale in Italia settentrionale; sul tema della pace imperiale si veda Stürner, Federico II, pp. 865-873.
43. Qui ricorre il motivo della vendetta di Federico che si trova in altri due componimenti realizzati a ridosso degli scontri tra l’imperatore e i Comuni, En aquest gai sonet leuger (BdT 344.3) di Peire Guillem de Luzerna e Ia de far un sirventes (BdT 217.4) di Guillem Figueira.
44. Il marchese di Monferrato è sicuramene Bonifacio II, al potere tra la primavera del 1226 e l’estate del 1252. Bonifacio oscillò a lungo tra il campo imperiale e quello guelfo e per la sua volubilità politica egli fu bersaglio del sirventese di Lanfranc Cigala Estier mon grat mi fan dir vilanatge (BdT 282.6).
49-52. Nella prima tornada Joan auspica che l’imperatore, rinnovato il suo potere mediante l’affermazione militare, ristabilisca i valori cortesi.
53-56. Anche Nicolet sostiene che l’imperatore, al vertice del potere nel mondo, deve avere la signoria del pregio e dunque far valere le virtù cortesi, attributo fondamentale del potere temporale agli occhi dei trovatori.
Edition: Ruth Harvey, Linda Paterson 2010; italian translation and notes: Francesco Saverio Annunziata. – Rialto 8.iv.2018.
U 129r.
Edizioni critiche: Giulio Bertoni, I Trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 256; Vincenzo Crescini, Manuale per l’avviamento agli studi provenzali. Terza edizione migliorata, Milano 1926, p. 304; Linda Paterson, «Joan d’Albuzon ~ Nicolet de Turin, En Nicolet, d’un sognie qu’ieu sognava (BdT 265.2 = 310.1)», Lecturae tropatorum, 1, 2008, pp. 18; Ruth Harvey - Linda Paterson, The Troubadour “Tensos” and “Partimens”: A Critical Edition, 3 voll., Cambridge 2010, vol. II, p. 869.
Altre edizioni: François Just-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris, 1816-1821, vol. V, p. 236; Friedrich Wittenberg, Die Hohenstaufen im Munde der Troubadours, Münster i. W. 1908, p. 78; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 114; Francesco Ugolini, I trovatori provenzali e l’Italia, Modena 1939, p. 80.
Metrica: a10’ b10’ a10’ b10’ c10 c10 b10’ b10’ (Frank 362:3). Sei coblas unissonans di otto versi e due tornadas da quattro versi ciascuna. Rime: -ava, -ia, -an. Lo schema metrico è probabilmente originale ed è condiviso esclusivamente dalla cobla di Bertran Carbonel S’ieu dic lo ben et hom no·l me ve faire (BdT 82.85). Si riscontrano delle irregolarità in sede di rima ai vv. 23, 24, dove la rima in -ia è sostituita da quella in -ava e ai vv. 34, 36, 39, qui la rima è -ea (-eia al v. 36) invece che -ia.
Tenzone di incerta datazione, composta in Italia settentrionale tra il 1231 e il 1231 oppure nel febbraio del 1238: si vedano le Circostanze storiche.