I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. La signoria d’amore è così degna di onore che non vi risiede nessuna consuetudine malvagia, e giacché messer Albert è così spietato nei confronti delle dame non è appropriato che un uomo ingannevole rimanga tra loro; e sono stato verso di loro un tanto fedele messaggero e ho innalzato il loro pregio e il loro valore e non ci trovo né pene né dolori; sicché non conviene più che d’ora in poi egli canti di loro.
II. Messer Albert non deve mai più cantare su di un’amica perché ha rinnegato ogni cortesia e, giacché accusa le donne di inganno, ben lo si dovrebbe considerare un traditore; e vi posso assicurare che, se ne avessi la forza, non riuscirebbe certo ad avere un nemico peggiore, infatti un uomo non è valoroso se non si fida delle donne, al contrario un uomo spregevole giudica ciò una grave follia.
III. Il loro amore è pieno di virtù e non arreca danno, perché se all’inizio Eva commise una mancanza, la madre di Dio ha ottenuto per noi la pace e la tregua, sicché non siamo più peccatori a causa di ciò; anzi chi viene a patti con loro guadagna tanto valore che lo si considera migliore tra i gentiluomini; se qualcuno le loda non sa che cosa comporta amore: difatti non conviene che ne abbia più dolore.
IV. E poiché menziona una duchessa e una regina che gli avrebbero fatto offerta del loro amore, vinca su di loro l’eccellente e sincera contessa di Provenza, in cui dimora ogni valore! La bella dama Agnesina di Saluzzo e la contessa Beatrice, sua cugina, facciano questo reclamo al loro innamorato, se lo vedono cambiare attitudine.
V. Se Selvaggia di Oramala è tanto valente come dice messer Albert, egli non sarà mai nella sua sala senza che lei non consideri ciò un’onta o un difetto; e qualora mai egli veda lei o sua sorella senza che loro lo facciano cadere su di una scalinata, non sono figlie di sire Corrado, il signore, giacché chi ferirà il loro amore sotto l’ascella deve avere di ciò ardimento e timore.
VI. Ma se lo vede la nobile contessa di Massa, colei che conquista e raccoglie sempre valore, e non lo percuote fino ad esserne stanca, che Dio non protegga più il suo leale amante, e non rimanga a lungo fresca e prosperosa, né tenga fra le braccia il suo amico in primavera: perché questa è la gioia che supera ogni altra gioia di questo mondo e con più dolcezza.
VII. In nome delle altre e della nobile contessa del Carretto, voglio che sia signora di messer Albertet una vecchia sottomessa a un uomo spregevole, poiché ha parlato male di loro; e se una dama lo lega a sé senza pensare male di lui, che ella abbandoni le nobildonne per recarsi altrove, giacché non si addice che nessuna gli abbia prestato d’inverno la sua vile coperta.
VIII. Dame, fategli tutte dono e promessa di ogni male, poiché ha parlato male dell’amore.
3, 9, 34, 51. In questi versi Aimeric fa menzione del nome di Albertet.
23. Il verso appare identico a quello corrispondente di Albertet, per cui cfr. En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 23: «tals las lauza no sap d’amor qe·is leva» (‘chi le loda non sa cosa comporta amore’). L’assoluta identità dei versi ha insospettito i precedenti editori, al punto che De Bartholomaeis e Boutière hanno apportato l’emendamento blasma in luogo di lauza, già suggerito in nota da Appel, proponendo rispettivamente le seguenti traduzioni: «chi le biasima non sa che Amore eleva, onde non si conviene che ne abbia più dolore»; «si quelqu’un les blâme, c’est qu’il ignore qu’Amour élève et ne saurait, à l’avenir, lui causer aucune douleur». D’altra parte, Dumitrescu ammette che il senso del verso resta oscuro. Poli e Caïti-Russo, invece, lasciano invariato il verso, il cui significato appare in realtà soddisfacente considerato anche il contesto: Aimeric sta qui affermando l’esatto contrario di quanto predicato da Albertet, ossia che chi loda le donne non sa cosa deriva da amore, cioè non ne conosce ancora gli effetti positivi, perché dall’amore sicuramente non potrà avere né dolore né sofferenza.
27-28. La nobile e perfetta contessa di Provenza, già menzionata da Albertet nei versi corrispondenti di En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), è Beatrice di Provenza, figlia di Tommaso I e Margherita di Ginevra e moglie nel 1220 di Raimondo Berengario V. In questa dama va riconosciuta, come segnalato da Poli, l’effettiva dedicataria del componimento, considerati anche i rapporti che legavano Aimeric de Belenoi ai Savoia.
28, 51, 52, 58. In corrispondenza di questi versi si assiste a una variazione delle parole in rima presenti nel modello, che potrebbe far ipotizzare anche una possibile dipendenza di Aimeric da una redazione della canzone di Albertet non pervenutaci. Nello specifico, al v. 28 la parola in rima è valor in Aimeric contro genzor in Albertet (meillor ACER in apparato e flor O); al v. 51 sotzmessa in Aimeric contro esdemessa in Albertet; al v. 52 lor in Aimeric contro follor in Albertet; al v. 58 amor in Aimeric contro entendedor in Albertet (ior O in apparato).
29. Per Agnesina, figlia di Bonofacio di Saluzzo, si veda la nota ad Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 29.
31. Per Beatrice di Monferrato si veda la nota ad Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), vv. 31-32.
33. Per Selvaggia, figlia di Corrado Malaspina, e per la sorella Beatrice, a cui è fatto accenno al v. 36, si veda la nota ad Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 33.
38. Per Corrado Malaspina, dedicatario della canzone di Albertet, si veda la nota a En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 38.
39. L’espressione ferir sotz l’ala ‘ferire sotto l’ascella’ va qui intesa in senso figurato come ‘ferire al cuore’. Con uguale significato è impiegata in Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 39.
41. Per la nobile dama di Massa si veda la nota ad Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), v. 41.
47. Cfr. Bernart de Ventadorn, Can vei la flor, l’erba vert e la folha (BdT 70.42), v. 8: «mas sel es jois que totz autres jois vens».
49-50. Per la contessa del Carretto si veda la nota ad Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), vv. 49-50.
Edizione: Caïti-Russo 2005; traduzione e note: Francesca Sanguineti. – Rialto 6.ix.2016.
A 121v, B 75v, C 147r, Da 168r, H 35v, I 126v, K 112r, d 312, b1 6, κ 79.
Edizioni critiche: Carl Appel, Bernart von Ventadorn: seine Lieder mit Einleitung und Glossar, Halle 1915, p. 293; Maria Dumitrescu, Poésies du troubadour Aimeric de Belenoi, Paris 1935, p. 126; Andrea Poli, Aimeric de Belenoi. Saggio di edizione critica (BdT 9.5, 9.9, 9.10, 9.21 e 16.13), Napoli 1992, p. 108; Aimeric de Belenoi, Le poesie, ed. a cura di Andrea Poli, Firenze 1997, p. 315; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 349.
Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie Provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 21 (testo Appel con ritocchi); Jean Boutière, «Les poésies du troubadour Albertet», Studi medievali, 10, 1937, pp. 1-129, a p. 104 (testo Appel con varianti del ms. B); Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 62 (testo Dumitrescu).
a10’ a10’ a10’ b10 a10’ b10 a10’ b10 (Frank 57:2). Sirventese di sette coblas singulars composte da otto decenari, più una tornada di due versi. Rime: -atges, -ia, -eva, -ina, -ala, -assa, -essa (a), -or (b). È il contrafactum della canzone di Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13). Tra le prime due strofi è ravvisabile un collegamento interstrofico di tipo capfinit come nel modello.
Il sirventese in difesa di amore e delle donne di Aimeric de Belenoi costituisce una risposta per le rime alla canzone contro amore e contro le donne di Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13). In particolare, come segnalato da Poli e ribadito da Caïti-Russo, la replica di Aimeric farebbe riferimento, riprendendone la forma, alla redazione della canzone di Albertet trasmessa dai mss. ADIKO (si vedano Aimeric de Belenoi, Le poesie, p. 286 e Caïti-Russo, Les troubadours, p. 337). Dal momento che il modello albertino è databile intorno al 1220-1221, il sirventese di Aimeric de Belenoi va ritenuto successivo, anche se è verosimile che sia stato ideato immediatamente o comunque poco dopo. In Tant es d’amor honratz sos seignoratges sono menzionate le medesime dame già citate da Albertet in En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), ciononostante il vero destinatario andrà riconosciuto, come argomentato da Poli (Aimeric de Belenoi, Le poesie, p. 318 e p. 331), in Beatrice contessa di Savoia, moglie di Raimondo Berengario V di Provenza. Si vedano le Circostanze storiche. – Rispetto alla canzone di Albertet, nel sirventese di Aimeric è assente una seconda tornada, che nel modello albertino conteneva un riferimento diretto a Corrado Malaspina. Segnaliamo, inoltre, che Poli ha riconosciuto in questa replica di Aimeric de Belenoi un possibile antecedente a due canzoni di Guittone d’Arezzo, Ahi lasso, che li boni e li malvagi e Altra fiata aggio già, donne, parlato (Andrea Poli, « Una scheda provenzale per Guittone. Canz. XX, “Ahi lasso, che li boni e li malvagi”, XLIX, “Altra fiata aggio già, donne, parlato”», Filologia e critica, 25, 2000, pp. 95-108).