Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
289.
1a
Cavalier Lunel de Monteg (alias Peire de Lunel)
Meravilhar no·s devo pas las gens
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Cavalier Lunel de Monteg (alias Peire de Lunel)
Meravilhar no·s devo pas las gens
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Testo

Edizione: Peter T. Ricketts 2000; note: Francesco Carapezza, Oriana Scarpati. – Rialto 6.x.2004.

Mss.

R 141v.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Edouard Forestié, Peire de Lunel, dit Cavalier Lunel de Montech, troubadour du XIVe siècle, mainteneur des jeux floraux de Toulouse, Montauban 1891 (estratto da: Recueil de l’Académie des Sciences, Belles-Lettres et Arts de Tarn-et-Garonne, 2e série, t. VII), p. 66; Peter T. Ricketts, Contributions à l’étude de l’ancien occitan: textes lyriques et non-lyriques en vers, Birmingham 2000 (AIEO, 9), p. 40.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10’ a10 b10’ c10 c10 d10 d10 (Frank 382:32). Sirventese di sei coblas unissonans di otto versi (bipartiti in due quartine) e due tornadas di quattro versi. Il precedente metrico più significativo è la canzone del marsigliese Bertran Carbonel (fl. 1252-1265) Aissi com cel qu’entre·ls plus assajans (BdT 82.3, Frank 382:30, anch’essa attestata solo in R), dove la rima a (-ans) è simile e le rime b e d sono identiche a quelle impiegate da Peire de Lunel.

Informazioni generali

L’intestazione, di difficile decifrazione (Ricketts omette alcune parole), sembra leggere «Sirventesc de luy meseys lo qual fes al temps de la mortaudatz e de la mala carestia», e sarebbe quindi desunta dal v. 2 dello stesso componimento (il testo che precede nel manoscritto, BdT 289.1, è invece databile al 1336). Esso fu composto verosimilmente «à l’occasion de la peste de 1348» (Paul Meyer, Rec. dell’ed. Forestié, Romania, 21, 1892, pp. 304-306, a p. 305). – In tempo di gravi dissestamenti sociali ed economici provocati dall’epidemia, Peire de Lunel, qui più che mai in veste di prete cattolico (officiava nella diocesi di Montauban), rimprovera agli escudiers, borzes e sirvens di far indossare gioielli ed abiti sgargianti alle proprie mogli, mentre sarebbe senz’altro più adeguato regalarli ai capelans per onorare Dio e placarne l’ira, a meno che alle signore non fosse concesso di «dir las messas e·ls sermos» (vv. 33-40).

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