I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Ora non vedo collina o valle in cui compaia una foglia o un fiore, ma solo la bianca neve, che danza mescolata di vento e di pioggia, perciò ho desiderio di fare conoscere laggiù in terra greca un canto tale che l’ascolti madonna, da cui voglio prendere ispirazione.
II. È più priva di fiele di una colomba la mia donna e rosea e fresca per cui il cuore mi sobbalza e palpita, poiché il suo valore cresce e sale: ma trovo folle il mio cuore, che cerca ciò che io non credo otterrà, perciò nessuno intenda che io l’amo di più per averne un premio:
III. ché un ignobile ricco che disarciona Finamore e l’irretisce si mette a trescare con le dame, ma la sua persona è vuota di valore e stanca di virtù, e considero troppo sciocca una donna che tollera che quello la corteggi, scambiando un pino con un ginepro.
IV. Perché proprio come la bottiglia si rompe facilmente e fa molte schegge si frantuma amore quando tresca con lui chi lo tiene con il suo potere, così che va dicendo: «Mi abbraccia una che mi sta alla distanza di una lega», fino a quando il marito lo possa sentire; guardate un po’ se gli deve sembrare divertente!
V. Così come il pescatore che lancia nel mare e prende all’esca il pesciolino che salta e guizza, a quel modo mi tiene appeso all’amo Finamore senza lasciarmi andare: dunque, poiché vuole che io lo segua e aspiri a una condizione tanto alta, allora mi può rendere appagato o rovinare.
VI. Più volte cade e si alza e s’abbatte chi è nelle panie di Finamore, che dentro nel cuore mi salta e danza, ma non mi rattrista affatto la sofferenza, se il cuore minaccia la bocca negando ciò che io più desidero: allora, se lo vuole, interpreti i miei occhi madonna, e potrà capire.
VII. Canto, passatene subito e di corsa dritto dritto là in terra greca: madonna, se le piace, ti ascolti, ché nient’altro mi può salvare.
VIII. Il marchese di Massa è in caccia di buon pregio dovunque lo raggiunga, e voglio che tutti sappiano che il suo valore è come il pepe.
6. lai en terra grega: l’avverbio lai indica il luogo in cui risiede madonna, nella quale può essere verosimilmente identificata Isabella, moglie e poi vedova di Ravano dalle Carceri, signore di Negroponte (si veda Lachin, Il trovatore Elias, pp. 249-250). Il v. 6 con il riferimento alla terra grega esclude una presenza del trovatore sulle coste della Grecia al momento della composizione del vers: cfr. le Circostanze storiche.
9-10. È questa la prima di una lunga serie di comparazioni presenti nella canzone. Oltre alla comparazione che esibisce l’immagine della colomba, riscontriamo infatti anche quella con la bottiglia (vv. 25-28), col pescatore (vv. 33-37) e col pepe (vv. 55-56), cfr. Oriana Scarpati, Retorica del “trobar”. Le comparazioni nella lirica occitana, Roma 2008, p. 303.
49-52. La prima tornada, con l’utilizzo del verbo passar ‘attraversare il mare’ al v. 49 e la medesima espressione già impiegata al v. 6 lai en terra grega (v. 50), certifica che il trovatore ha composto il vers lontano dalla Grecia: cfr. le Circostanze storiche.
53-56. De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, p. 203, che pubblica estratti di testo secondo la lezione di A, tratto probabilmente in inganno proprio dalle varianti del ms. che legge ad es. febre in luogo di pebre, interpreta erroneamente il secondo congedo in modo negativo, traducendo «il marchese di Massa cancella buon pregio, comunque lo acquisti; e voglio che tutto il mondo oda che il suo valore sembra febbre». Come sottolinea Lachin, Il trovatore Elias, p. 245, la redazione di A appare comunque corrotta e, pertanto, da respingere a causa di alcune irregolarità metriche. Questa tornada ci aiuta a stabilire i limiti geografici e cronologici della canzone, dal momento che lascia intendere una presenza di Elias presso il marchese di Massa.
53. Lo marques de Massa è Guglielmo, marchese di Massa e giudice di Cagliari, cfr. le Circostanze storiche.
Edizione e traduzione: Giosuè Lachin 2004; note: Francesca Sanguineti. – Rialto 21.v.2017.
A 51r, C 233v, Da 201r, E 127v, G 87r, H 32r, I 107r, K 92v, N 265v, R3 33r, a1 288, κ 126 (solo i vv. 49-52). Nel ms. N tutti i testi della sezione dedicata ad Elias Cairel sono adespoti.
Edizioni critiche: Hilde Jaeschke, Der Trobador Elias Cairel, Berlin 1921, p. 95; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie Provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 202 (estratti di testo secondo la lezione di A); Giosuè Lachin, Il trovatore Elias Cairel, Modena 2004, p. 237.
Altra edizione: Giosuè Lachin, Rialto 21.xi.2004 (testo Lachin).
Metrica: a7’ b7’ b7’ c7’ d7’ e7’ f7’ g7’ (Frank 765:2). Sei coblas unissonans di otto versi (tutti femminili) e due tornadas di quattro versi. Rime: -omba, -esca, -oia, -assa, -ega, -enta, -ebre. Le parole rima tresca e entenda sono fisse. Si riscontrano analogie metriche con Peire Vidal, Car’amiga dols’ e franca (BdT 364.15; Frank 577:289), Raimon de Miraval, Qui bona chansso cossira (BdT 406.35; Frank 295:12), che hanno uno schema metrico di soli settenari femminili, e Raimbaut d’Aurenga, Una chansoneta fera (BdT 389.40; Frank 765:1), che esibisce il medesimo schema rimico (abbcdefg).
Canzone, con autodesignazione vers al v. 49, composta in Italia, verosimilmente in Toscana, intorno al 1212-1213. Si vedano le Circostanze storiche.