I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Guiraut, una dama di grande bellezza giace tutta sola in un letto, e colui che a lei piace giace in un altro, senza richiesta che l’uno all’altra faccia, e si amano di vero cuore: se il cavaliere si levi per giacere con lei, o lei con lui, quale delle due cose deve loro piacere di più?
II. Se io lasciassi la pianura per il poggio sembrerei sciocco, Folquet, e sono del parere, poiché l’amore tra loro avvampa e una richiesta non vi è necessaria, che all’amante debba piacere di più che sia lui ad andare da lei e che lei lì lo attenda, più che se lei va da lui senza che la richieda d’amore.
III. Ser Guiraut, è giusto che l’amico amato corteggi la dama, ma ancor più deve piacergli , se amore spinge la dama, che lei vada là dove il suo fedele amico giace, poiché amore ha potere su tutto: non la si deve di ciò biasimare se va a visitarlo.
IV. Folquet, fin’amors comanda che un amante raffinato, dopo che si è votato a una dama, le porti tutto il rispetto senza raggiri, e io conosco e so che non conviene che lei faccia quel che le piace, né lui deve volerlo, altrimenti sarete biasimato voi che lo sostenete.
V. Ser Guiraut, da timore è turbato il fine amante che non osa fare il proprio diletto andando a coricarsi a fianco della sua dama; e se lui soffre per il proprio amore, lei, se si reca dal cavaliere, non agisce, facendolo, contro il suo dovere, poiché sa che lui se ne trattiene per timore.
VI. Il vostro ragionamento è ingannevole, Folquet, perché attribuite timore all’amante, quando gli è data l’occasione di dare libero sfogo al proprio piacere: sembra che egli venga meno dalla gioia, e voi asserite, del che mi dispiaccio, che la dama andando da lui fa il suo dovere; voi e quei due dovete averne vergogna.
VII. Bene giudichi, se a lui piace, il signore di Canpendut, che gode di autentico pregio, ser Guiraut, se al cavaliere debba essere di maggior piacere che la sua dama si rechi da lui.
VIII. Folquet, il suo parere voglio più che di ogni altro, in quanto egli si comporta rettamente, giacché sa fare il proprio dovere quanto ad amore e ad altro, e ne saprà conquistare piacere ed onore.
9. L’espressione laissar per pueg landa ‘scegliere la via più agevole’ è usata altrove, ma con valore opposto, unicamente da Arnaut de Maruelh (BdT 30, 5) che preferisce elevarsi più di quanto convenga a un «om de bas afaire», proteso alla ricerca di un joy al quale non avrebbe diritto: «qu’ieu tenc lo pueg e lais la bela landa». È interessante notare che ben nove dei dodici rimanti in -anda della canzone di Arnaut sono qui usati, sia da Folquet che da Guiraut: comanda, guanda, s’abranda, blanda, truanda, manda, landa, a randa, demanda (mancano soltanto vianda, Irlanda, miranda).
17, blanda: blandir più che ‘carezzare, lodare’, o ‘blandire’ (Betti), vale qui, a mio avviso, ‘corteggiare’.
28, ganda o guanda (cf. nota al v. 9): deverbale da gandir o gandre ‘sottrarre, sottrarsi; sfuggire, eludere’; quindi, se(n)s g(u)anda ‘senza cercare vie di fuga’, e per estensione ‘senza perifrasi, senza raggiri, direttamente’.
49-50. Cfr. la nota a BdT 154.4.
Edizione e traduzione: Giuseppe Tavani 2004, con modifiche; note: Maria Pia Betti. – Rialto 26.xii.2007.
R 76r.
Edizioni critiche: Maria Pia Betti, «Le tenzoni del trovatore Guiraut Riquier», Studi mediolatini e volgari, 44, 1998, pp. 7-193, p. 111 (BdT 248.43); Giuseppe Tavani, Folquet de Lunel, Le poesie e il Romanzo della vita mondana, Alessandria 2004, p. 82.
Altra edizione: S. L. H. Pfaff, Guiraut Riquier, Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalisches Sprache, Berlin 1853-73, t. IV (1853), p. 234.
Metrica: a7’ b5 b7 a7’ c7 c7 d10 d10 (Frank 577:298, partimen). Sei strofe unissonanti di otto versi: cinque eptasillabi, un pentasillabo e due decasillabi, rima a femminile, le altre maschili.; due tornadas di quattro versi; rime – a: anda; b: atz; c: ai; d: ér.