I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Cantare mi diventa dolore quando mi sovviene di don Barral, e poiché non m’importa più d’amore, non so come né di che canti; ma ciascuno richiede una canzone e non gli importa dell’argomento: cosi occorre che la faccia di nuovo, come le parole e la musica; e poiché, costretto [e] senza amore canto per debito di follia, il mio canto sarà comunque importante, sebbene non sia cattivo né buono.
II. Gli amanti si somigliano tutti ed egualmente i ricchi avidi, che con dolore di cuore le loro gioie diminuiscono sempre quanto più ne hanno: perché esse sono paragonabili a una finestra che si rimpicciolisce se ci si colloca [qualcosa]; quanto più uno raggiunge ciò che persegue, tanto più ha motivo di [continuare a] inseguire; per cui stimo migliore di re e imperatore colui che vince ambedue quei cattivi atteggiamenti che vincono la maggior parte dei baroni.
III. Sarebbe cosa buona se si apprezzasse Dio come sé, e il bene come il male! Ma si stima ciò che non vale e si ritiene un danno il proprio vantaggio; per cui non oso dire nel mio canto a voi il vostro vantaggio, perché non sta bene al mondo, né chiedo che gli piaccia, che gli si dica altro se non il suo male; e tuttavia posso dire il disonore se i turchi sono vinti fra loro e caduti in disgrazia, poiché del tutto vinti vincono noi.
IV. Ben ci vincono, poiché non cerchiamo di riscattare la mortale vergogna; e se noi fossimo leali ci tornerebbe a grande onore; perché fu un cortese espediente di Dio che trovassero perdono [anche] i potenti, i quali diventano più fragili del ghiaccio se si chiede loro astinenza; tuttavia, fra coloro che lodevolmente conquistano Dio ne ha presi al suo servizio taluni la cui confessione non gli piacerebbe affatto se ciò non si verificasse.
V. Dunque, i nostri baroni che fanno e il re inglese, che Dio lo salvi? Pensa di aver compiuto il suo incarico? Si consumerà un inganno davvero laido se egli fa la spesa [oppure: lo sforzo] e un altro fa la presa: cosicché l’imperatore si adopera affinché Dio recuperi la sua terra! per primo credo che questi ci venga in aiuto se Dio gli rende il suo onore: è ben giusto che, essendo tanto ricco il dono, altrettanto lo sia la ricompensa.
VI. Al re francese consiglio che rimedi al ritorno, che non lo consideri una cosa buona; per cui dico, se ora che serve ci porta lì soccorso, che non ne abbia paura, e se non ci va ora che è tempo dico che è infamato doppiamente.
VII. Don Aziman mi aggrada molto, e molto ne stimo il valore perché col mio signore don Barral sono morti pregio e larghezza, così come se non ci fosse [stato] nient’altro.
VIII. Don Tostemps, io e voi siamo l’uno per l’altro gioiosi.
Edizione e traduzione: Paolo Squillacioti 1999; note: Paolo Squillacioti. – Rialto 20.ii.2002.
A (62r), B (39r-40r), C (4v-5r), D (43v), I (63r-v), K (48r-v), N (63r-v), P (9r-v), Q (20r-21v), R (43v), T (231v-232r), U (38r-39r), V (87r-v), c (14v-15r), ls (n. 21); incipit cit. in N2 (22r, n. 10).
Edizioni critiche: Kurt Lewent, «Das altprovenzalische Kreuzlied», Romanische Forschungen, 21, 1907, pp. 321-448, a p. 424; Stanisław Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, p. 78 (XVIII); Paolo Squillacioti: Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Edizione critica a cura di P. S., Pisa 1999 (Biblioteca degli Studi mediolatini e volgari, n.s., XVI), p. 322.
Altre edizioni: P. Tarbé, Les Œuvres de Blondel de Nesle, Reims 1862, p. 155; Naohiko Seto, «Chantar mi torn’az afan (Folquet de Marcelha). Essai d’une édition nouvelle», Bullettin of the Graduate Division of Literature of Waseda University [traslitterazione dell’autore di ideogrammi giapponesi], 41, 1995, pp. 47-67 (basata su C).
Metrica: a7 b7 b7 a7 c7 c7 d7’ e7 e7 f7 f7 (Frank 575:1). Cinque coblas unissonans di dodici versi e tre tornadas di sei, cinque e due versi, la prima delle quali tràdita da Q T U c.
Canzone di crociata d’oriente; composta fra aprile e luglio 1195.