Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Peire Bremon lo Tort
En abril quant vei verdeiar
Peire Bremon lo Tort
En abril quant vei verdeiar
Trad. it.
Note

I. Nel mese di aprile, quando vedo verdeggiare i prati verdi e fiorire il frutteto, e vedo le acque scorrere limpide e sento gli uccellini cantare, il profumo dei prati in fiore e il dolce canto che gli uccelli lanciano, il mio sentimento di gioia si rinnova.

II. In questo tempo ero solito pensare a come potessi ottenere l’amore con la pratica delle armi, col servizio e la generosità. Chiunque abbia queste occupazioni può possedere l’amore grazie a esse, e un uomo può ottenerlo meglio attraverso di esse.

III. Io canto, mentre dovrei piangere per la pena d’amore che mi fa languire; mi illudo di poter essere felice cantando, benché non si sia mai sentito parlare di un uomo che canta mentre in realtà dovrebbe piangere. Tuttavia, non dispero affatto, perché avrò ancora una ragione per cantare.

IV. Non dovrei disperare del tutto perché ancora non contemplo la mia signora, perché chi me l’ha fatta lasciare ha certamente il potere di restituirmela; e se fossi in suo potere, se mai ritornassi in Siria, possa Dio non farmela più lasciare.

V. Quando ho preso congedo per venire qui, lei ha rubato il mio cuore molto dolcemente, perché non passa giorno senza che io sospiri per un bello sguardo che le vidi fare; perché mi ha detto, tutta triste: “Che farà la vostra amata, dolce amico? Perché mi vuoi lasciare?”

VI. Dio deve proprio essersi meravigliato che io sia stato davvero in grado di separarmi da lei, e deve essere stato molto grato che io abbia voluto lasciarla per amor Suo; perché Egli sa bene che se la perdessi, non avrei mai più gioia, né Egli potrebbe mai risarcirmi per lei.

VII. Canzone, te ne andrai al di là del mare e per l’amor di Dio di’ alla mia signora che giorno e notte mi trovo in uno stato di grande dolore e angoscia. Bella canzone, di’ da parte mia al Signor Guglielmo Lungaspada che dovrebbe andare da lei per consolarla e dirle

VIII. che Filippo di Montreal mi tiene vicino (a sé) nei suoi uffici, e mi piace così tanto la sua compagnia che non posso tornare senza di lui.

1-7. La prima cobla racchiude un classico esordio naturalistico e, nello specifico, primaverile. Secondo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, vol. I, p. 8, En abril potrebbe però alludere all’invio della canzone in Oriente, da parte del trovatore, proprio in questo mese.

24. aicel: secondo Boutière, «Peire Bremon», p. 447, indicherebbe Dio, per il quale il trovatore è andato a combattere in Palestina, mentre di diverso parere è Harvey, secondo la quale il riferimento sarebbe a Filippo di Montreal (si vedano Dating and historical circumstances).

27. Soria: è in Siria che il trovatore avrebbe abbandonato l’amata. Cfr. anche Mei oill an gran manentia (BdT 331.2), vv. 9-12: «Qu’era roman en Suria / mos jois et eu tenc ma via / en las terras on nasquei. / Jamais midonz non veirei».

35-42. L’intonazione dell’intera strofe è scherzosa.

47. Guillem Longaespia: Guglielmo V di Monferrato, detto Lungaspada, morì in Terrasanta nel 1177 dopo essere stato riconosciuto re di Gerusalemme (si veda Aldo Settia, voce «Guglielmo di Monferrato, detto Lungaspada», in Dizionario Biografico degli Italiani, 61, Roma 2004, versione in rete [www.treccani.it]). Non sono presenti altre allusioni a questo marchese nel corpus dei trovatori.

50. Filippe de Monreal: dalla tornada, contenuta esclusivamente in c, in cui il trovatore dichiara di non poter lasciare Filippo di Montreal, apprendiamo che si è recato in Terrasanta con questo signore. L’identificazione di questo personaggio risulta tuttavia problematica e incerta; si rimanda pertanto alle Circostanze storiche.

Testo

Edizione: Ruth Harvey 2013; traduzione: Luca Barbieri; note: Francesca Sanguineti. – Rialto 26.vi.2024.

Mss.

C 364r, D 82v, G 15v, I 141v, K 127v, O 66, R 57v, Sg 48v, T 211v, c 84v (Peire breumon). Era nel canzoniere di Bernart Amoros (cfr. Giulio Bertoni, Il Canzoniere provenzale di Bernart Amoros (Sezione Riccardiana), Fribourg 1911, p. 17, e Santorre Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911, p. 324).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Chrestomathie mit Abriss der Formenlehre und Glossar, Leipzig 1895, p. 62; Jean Boutière, «Peire Bremon lo Tort», Romania, 54, 1928, pp. 427-452, a p. 442; Ruth Harvey, Rialto 9.i.2013.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, «Il trovadore Peire Bremon lo Tort», Studi medievali, n.s. 3, 1930, pp. 53-71, a p. 61; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 6 (testo Appel, con qualche modifica nell’interpunzione). 

Metrica e musica

Metrica: a8 b8 b8 a8 c7’ c7’ a8 (Frank 548:8). Canzone di sette coblas unissonans di sette versi ciascuna, più una tornada di quattro versi. Rime: -ar, -ir, -ia.

Informazioni generali

La canzone rappresenta il componimento più antico contenente un’allusione ai marchesi di Monferrato e sembrerebbe databile tra il 1175 e il 1177, come si evince dall’invio a Guglielmo Lungaspada, racchiuso nell’ultima cobla; per approfondimenti si rimanda alle Circostanze storiche.

[F S]
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