I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
I. Una persona bella, gentile e piacevole, specchio e fiore delle dame e di Amore, mi fa cantare e allontana da me la tristezza e il dolore, perché il suo corpo gentile, del quale mi aumenta il desiderio, mi ha dolcemente vinto, legato e catturato; e se la sua indulgenza o mercede non mi soccorre, non conosco castello ove possa rifugiarmi: non oso pregarla, né posso astenermene.
II. Sono come quei valorosi mercenari che a lungo cercano un buon signore, finché non ne trovano uno che venga loro in aiuto e li soccorra, ed è un signore leale e giusto. Allo stesso modo ho cercato per trenta mesi, perché mai prima avevo trovato una donna che mi piacesse quanto voi, che io chiamo Bel Desiderio, e della quale posso dire ogni bene senza mentire.
III. Bella donna, umile e sincera, franca e leale, senza cuore ingannatore, mi inchino a voi, che amo ed adoro, e sono il vostro uomo fedele e vassallo; a voi mi affido, perché siete la creatura più bella e migliore che mai nacque da madre; e poiché non posso smettere di amarvi, vi chiedo per pietà di non lasciarmi morire.
IV. Come colui che in un buon torneo attacca per primo e atterra il migliore, e alla fine si conquista tutto il prestigio e l’onore, voi avete il pregio di amabili qualità; e poiché avete conquistato sia me sia un buon merito, non vi domando nulla, se non che vi piaccia che io vi possa amare, onorare e servire, ed elevare e diffondere il vostro pregio.
V. E poiché non esagero nelle richieste rivolte alla vostra nobiltà, buona donna, dovete riflettere se, accontentandomi, avreste più onore che se io fossi così leggero da domandarvi ciò che non posso avere; sappiate, però, che con ciò non dico affatto di non essere in grado di procurare tutti i piaceri, e proteggere, lodare e far gioire voi.
VI. Bel Desiderio, rendo grazie ad Amore, perché ha messo completamente in voi il mio cuore fedele, e mi ha condotto felicemente ad una dama, benché mi abbia fatto a lungo penare per sceglierla.
Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.
A 143r, C 384, Da 186r, I 111r, K 96r, T 266r.
Edizioni diplomatiche: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. III, n. 915 (diplomatica di I), vol. IV, n. 1761 (diplomatica di A) e n. 1762 (diplomatica di C); Arthur Pakscher - Cesare De Lollis, «Il canzoniere provenzale A (Codice Vaticano 5232)», Studj di filologia romanza, III, 1891, pp. j-xxxij e 1-670, p. 445.
Edizioni critiche: Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 10 (IV); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 199.
Altra edizione: Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, Barcelona 1975, 3 voll., p. 1282 (testo Boutière).
Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 c10 d10 d10 (Frank 577:29). Canzone composta da cinque coblas unissonans di otto decenari, più una tornada di quattro decenari. Il medesimo schema viene utilizzato dal trovatore in Be·m meraveil d’En Sordel e de vos (BdT 330.3a) e Ja lausengier, si tot si fan gignos (BdT 330.8).
La canzone è attribuita da ADaIK a Ricas Novas, da T a Rigaut de Berbezilh, e risulta anonima in C. Tutti gli editori di Rigaut de Berbezilh negano l’attribuzione al trovatore, concordando sull’inattendibilità della testimonianza di T. Alberto Varvaro (Rigaut de Berbezilh, Liriche, Bari 1960, p. 8), in particolar modo, ascrive ragionevolmente l’erronea attribuzione alla presenza nella canzone di comparazioni, tipiche della maniera poetica di Rigaut, che hanno eventualmente tratto in inganno il copista di T. – Nella cobla II l’amante è paragonato da Ricas Novas alla figura del mercenario che cerca protezione in un signore leale: questo rapporto comparativo è dovuto, com’è ovvio, alla metafora feudale che nella lirica trobadorica vede l’assimilazione della dama con il signore da un lato, e dell’amante con il vassallo dall’altro. Come evidenzia Oriana Scarpati (Retorica del trobar. Le comparazioni nella lirica occitana, Roma 2008, p. 142) la metafora feudale, quando espressa in forme comparative, viene fortemente banalizzata: «nel momento in cui l’io lirico si paragona ad un vassallo ne prende in un certo qual modo le distanze, proprio in quanto lo presenta come un elemento figurato, come una tra le molte immagini cui attingere per rappresentare la propria condizione amorosa». L’immagine del vassallo, o, in questo caso, del soudadier, si svuota, dunque, di significato per venire a coincidere con quella di un semplice tipo umano. Nella cobla successiva è la dama ad essere paragonata a un cavaliere che, uscito dai ranghi per primo per partecipare alla giostra, la vince e si guadagna rispetto ed onore: allo stesso modo lei sa mantenere alto il suo pregio. – Bel Dezir è un senhal utilizzato anche da Daude de Pradas, Gaucelm Faidit e Raimon de Miraval.