Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
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Peire Bremon Ricas Novas
Ben deu istar ses gran joi totztemps mais
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Peire Bremon Ricas Novas
Ben deu istar ses gran joi totztemps mais
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Trad. it.

I. È destinato a restare sempre privo di grande gioia colui che non riesce a separarsi dal proprio signore, allorquando, servendolo, non può avere il suo amore, né vuole smettere di servirlo. Soffre peggio di un prigioniero e un più profondo martirio quando serve senza ricompensa e si accorge che non gli spetta dono o riconoscenza: mi rendo ben conto di come egli soffra.

II. E ogni signore deve preoccuparsi poiché sa che i suoi gioiscono quando egli viene onorato, se non li eleva e non dà loro il suo amore, dal momento che essi lo servono di buon cuore e senza falsità. Perciò è giusto che Dio abbia in odio un signore fellone quando desidera, senza motivo, maltrattare i suoi; ed è grave che non vada in rovina colui che annienta i suoi o li tormenta.

III. Dico tutto questo per la mia donna come un amico sincero e fedele e non mi lamento, perché con tale piacere so vivere nel desiderio del suo amore che gioisco di quello per cui un altro si rattrista. E sarei contento se lei si degnasse, per mercede, di negarmi la gioia che io desidero, per il fatto che non le piacerà che io le confidi il mio desiderio.

IV. Mai mi ha concesso o promesso o sottratto qualcosa, né io gliel’ho mai chiesto; anzi, mi infonde così tanta soggezione che non oso dirle come provi per lei un amore perfetto, né mai ciò mi uscirà di bocca, se lei non me lo chiede; non desidero allontanarmi da lei per danno o per vantaggio, né per nessun pensiero: con un dolce desiderio mi appaga, poiché oso desiderare che lei mi abbia come suo.

V. Alla mia donna non occorre nulla di più o di meno, anche se sembrasse opportuno al suo autentico valore che lei tema Dio e Dio le conceda amore, perché mai ha fatto qualcosa che fosse sconveniente; perciò come dinanzi a un dono gioisco quando guardo la sua figura gradevole, sebbene io sospiri per questo; non desidero nulla che possa toglierle il suo vero, indiscusso valore.

VI. Mi piace così tanto quando ammiro la sua bocca e il suo mento che vivo gioioso, sebbene mi inquieti, di un dolce desiderio perché la sua piacevole vista mi appaga.

VII. Non mi tormenti nessun malparliere, anzi, prego Dio che li distrugga tutti.

Testo

Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009. 

Mss.

C 255r, Dc 259r, F 47v, M 22r, R 102r, T 221r, a2 253.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni diplomatiche: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. III, n. 916 (diplomatica di M) e n. 917 (diplomatica di R); Edmund Stengel, Die provenzalische Blumenlese der Chigiana, erster und getreuer Abdruck nach dem gegenwärtig verstümmelten Original und der vollständigen Kopie der Riccardiana, Marburg 1878, p. 49; Henri Teulié - Giorgio Rossi, «L’anthologie provençale de Maître Ferrari de Ferrara» (seconda parte), Annales du Midi, 14, 1902, pp. 197- 205 e 523-538, p. 528; Giulio Bertoni, Il canzoniere provenzale di Bernart Amoros (complemento Càmpori), Fribourg 1911, p. 1.

Edizioni critiche: Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 15 (V); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 91.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10 b10 a10 c5 d5’ c5 d5’ e7’ e7’(Frank 617:1). Canzone composta da cinque coblas unissonans polimetriche di dieci versi, più due tornadas: la prima, polimetrica, di sei versi; la seconda formata da due decenari. Il mot-refranh amor si ripete al v. 3 di ciascuna cobla. Schema unico.

Informazioni generali

Canzone cortese che si apre con toni e motivi tipici della metafora feudale. Nelle prime due coblas viene sviluppato, infatti,  il tema del parallelo fra vassallaggio feudale e servaggio amoroso: si fornisce una sorta di ensenhamen sociale alla dama adombrata sotto le vestigia di un generico malvatz senhor, il quale, pur giovando dei servigi che i suoi vassalli gli accordano, non dimostra alcun genere di gratitudine nei loro confronti; una volta messa in luce la sofferenza dei vassalli, che, in barba alla loro lealtà, non godono né di donativi, né della prospettiva di un’ascesa sociale, l’io lirico biasima apertamente il comportamento dei signori ingrati e augura loro di cadere in rovina.

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