Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
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Peire Bremon Ricas Novas
Iratz chant et chantant m’irays
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Peire Bremon Ricas Novas
Iratz chant et chantant m’irays
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Trad. it.

I. Rattristato canto e cantando mi rattristo, perché sono avvezzo a cantare, nonostante mi pesi; ed è meglio cantare che rinunciarvi, sebbene la mia donna mi faccia languire. Mi fa languire? Sì. Perché? Non lo so, se non che nessuna gioia mi viene da lei.

II. Mi auguro che non conosca mai nemmeno un poco della pena che nasce dentro di me, che mi ha legato e catturato! Non credo che la mia sofferenza possa mai alleviarsi, ma lei può curarmi. E lo farà? No. Perché? Non le aggrada: non concede nulla per nessuna ragione.

III. Mi arrecò un gran male chi la fece penetrare così profondamente in me, ma questo male, se piace a Dio, sarà per me un bene: quanto più una grande gioia viene bramata, e quanto più essa fa soffrire, più vale. Ho parlato proprio come un folle. E perché? Forse più avanti ne avrà pietà.

IV. Due anni e più ho atteso il dono che mi assicurò e mi promise, ma adesso so che la farina alimenta molti folli, come dice il proverbio. Molto ho atteso. E perché? D’un tratto Dio dona un grande bene.

V. Alla mia dama mi abbandono, sebbene mi tradisca. E quali sono le sue colpe? Lei non commette mai errori! E ha mentito colui che mi ha riferito questo; anzi, nei miei confronti è pura e fedele. Folle è chi me ne dice male. Perché? Perché anche se è tutto vero, non gli credo.

V. Adesso sono più gaio del solito, perché ho mandato a dire, dove lei si trova, che si avvicini a me il necessario per baciarmi, o che venga in incognito. Ho dato prova di temerarietà. Perché? Perché le ho chiesto di venire da me.

VI. Ho dato prova di temerarietà? No. Perché? Lei mostra ancora più coraggio nel venire da me.

Testo

Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.

Mss.

C 370r, Da 186v, I 111r, K 96v.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizione diplomatica: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1873, II, n. 567 (diplomatica di I).

Edizioni critiche: François-Just-Marie Raynouard, Choix de poésies originales des troubadours, Paris 1816-1821, 6 voll., V, p. 302 (edizione della quarta cobla); Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 21 (VI); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 125.

Altra edizione: Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-86, III, p. 256 (solo la quarta cobla; testo Raynouard).

Metrica e musica

Metrica: a8 b8 a8 c7’ d8 d8 (Frank 458:1). Canzone composta da sei coblas unissonans polimetriche formate da sei versi, più una tornada di due ottonari. Al v. 5 di ciascuna cobla figura il mot-refranh per que. Lo schema metrico è originale, anche se mostra analogie con quello della canzone di Raimbaut d’Aurenga Ab vergoinha, part mar[r]imentz (BdT 389.2), che si articola in sette coblas unissonans di sei versi con schema a8 b8 c8 d7’ e8 a8 (Frank 853:1).

Informazioni generali

La canzone è attribuita erroneamente dal solo ms. C a Peire Camor, trovatore tardo di cui non si conservano componimenti. – Gli ultimi due versi di ogni cobla ospitano delle interrogazioni cui seguono puntuali risposte, secondo quanto previsto dalle coblas tensonadas. Queste ultime si configurano come veri e propri dialoghi, estesi per un’intera cobla o parte di essa, che frammentano internamente i versi, senza essere introdotti da didascalie o verba dicendi; l’io lirico si confronta in questo modo con un deuteragonista identificabile con la propria coscienza o con la dama su problematiche relative alla sua situazione amorosa. In questo caso domande e risposte sono riconducibili a un locutore unico.

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