I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
IX.
I. Signori, Gesù, che fu messo in croce per salvare la gente cristiana, ordina a tutti noi indistintamente di andare a liberare la terra santa, dove venne a morire per amor nostro. E se non gli vogliamo obbedire sentiremo per questo molte terribili accuse là dove finirà ogni contesa.
II. E il santo Paradiso che ci promise, dove non c’è né pena né tormento, lo vuole ora concedere liberalmente a coloro che andranno con il marchese oltremare a servire Dio; e fra quelli che non vorranno seguirlo, non ci sarà nessuno che possa non avere poi per questo gran paura.
III. E guardate com’è il mondo, che s’attacca al peggio chi più lo segue; e perciò non c’è che una cosa sensata: che si lasci il male e si prenda il bene. Se infatti la morte vuol venire all’assalto, nessuno può né sa sottrarsi. Dunque poiché tutti moriamo sicuramente, è davvero folle chi vive in modo vile e meschino.
IV. Tutto il mondo vedo sopraffatto dall’inganno e dalla frode; e sono ormai tanti i miscredenti, che sopravvivono con difficoltà la legge e la fede, perché ognuno fa a gara a tradire l’amico per arricchirsi. Ma i traditori sono traditi come chi beve il veleno col latte.
V. Catalani e Aragonesi hanno un signore valente e degno d’onore e generoso e leale e colto, umile e giusto e cortese. Ma lascia troppo arricchire i suoi servi, che Dio li umili e li abbia in odio; perché sono sempre pronti a creare danno e ostacoli a corte.
VI. Un re disonorato vale meno di un villano, quando vive come un poltrone e piange i beni che altri spende e perde ciò che il padre conquistò. Un tale re, che si difende a mo’ di paralitico e non prende né dà colpi, sarebbe da uccidere e da seppellire in un brutto posto.
VII. Non mi piacciono affatto le donne vecchie, se vivono sconvenientemente contro Amore e contro Gioventù; perché hanno ridotto così male la vera nobiltà che è terribile da raccontare e da dire e da ascoltare e da udire; perché hanno così completamente distrutto il nobile servizio d’amore che fra loro non se ne trova traccia.
VIII. Donna, così mi tenete prigioniero che non penso ad altro se non a fare il vostro volere. E se, col vostro favore, potessi essere al vostro servizio tra quando vi spogliate e quando vi vestite, mai potrebbe succedermi alcun male; perché le vostre parole e i vostri modi hanno per me la dolcezza della rosa di maggio.
IX. Re di Léon, senza mentire, dovete raccogliere l’onorato pregio, come colui che semina nel maggese giustamente umido, con dolce compiacenza.
Peire Vidal
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Baron, Jhesus, qu’en crotz fon mes |
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per salvar crestiana gen, |
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nos mand’a totz comunalmen |
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4 |
qu’anem cobrar lo saint paes, |
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on venc per nostr’amor morir. |
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E si no·l volem obezir, |
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lai on feniran tuit li plag, |
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8 |
n’auzirem maint esquiu retrag. |
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Que·l saint Paradis que·ns promes, |
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on non a pena ni tormen, |
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vol ara liurar francamen |
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12 |
a sels qu’iran ab lo marques |
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outra la mar per Dieu servir; |
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e cill qui no·l volran seguir, |
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non i aura negun, brun ni bag, |
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16 |
que no·n puesc’aver gran esglag. |
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E veiatz del segle quals es, |
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que qui·l sec plus, al pieitz s’en pren; |
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pero non i a mas un bon sen: |
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20 |
qu’om lais los mals e prenda·ls bes. |
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Que pus la mortz vol assalhir, |
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negus non pot ni sap gandir. |
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Doncs pus tuit morem atrazag, |
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24 |
ben es fols qui viu mal ni lag. |
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Tot lo segle vei sobrepres |
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d’enjan e de galiamen; |
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e son ja tan li mescrezen |
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28 |
c’apenas renha dreigz ni fes, |
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que quasqus ponha en trair |
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son amic per si enrequir. |
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Pero·lh trachor son aissi trag |
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32 |
cum selh qui beu tueissec ab lag. |
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Catalan et Aragones |
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an senhor honrat e valen |
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e larc e franc e conoissen, |
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36 |
humil et adreg e cortes. |
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Mas trop laissa enmanentir |
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sos sers, cui Dieus bais et azir; |
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qu’a totz jorns estan en agag |
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40 |
per far en cort dan et empag. |
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Reis aunitz val meins que pages, |
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quan viu a lei de recrezen |
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e plora·ls bes qu’autre despen |
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44 |
e pert so que·l paire conques. |
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Aitals reis fari’ad aucir |
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et en lach luec a sebelhir, |
||
qui·s defen a lei de contrag |
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48 |
e no pren ni dona gamag. |
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Domnas vielhas non am ieu ges, |
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quan vivon descauzidamen |
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contr’Amor e contra Joven; |
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52 |
quar fin paratg’an si mal mes, |
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fer es de comtar e de dir |
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e fer d’escotar e d’auzir; |
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quar franc domnei an si tot frag |
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56 |
qu’entre lor no·n trob’om escag. |
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Dona, si·m tenetz en defes |
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que d’al re non ai pessamen |
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mas de far vostre mandamen. |
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60 |
E s’en grat servir vos pogues |
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entre·l despulhar e·l vestir, |
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ja mais mals no·m pogra venir; |
||
quar vostre dig e vostre fag |
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64 |
m’an sabor de roza de mag. |
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Reis de Leon, senes mentir, |
||
devetz honrat pretz reculhir, |
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cum selh qui semen’en garag |
||
68 |
temprat d’umor ab douz complag. |
Testo: Avalle 1960 (XII). – Rialto 27.vii.2004.
Mss.: A 101v, B 64r, C 37v, D 27v, Dc 249r, E 28, I 41v, K 29r, L 17v, M 66r, N 93v, O 40 (adespota), Q 73r, R 47r, T 244v, c 66r, e 113.
Edizioni critiche: Karl Bartsch, Peire Vidal’s Lieder, Berlin 1857, p. 49 (XXV) (secondo BCDcEIKMRT); Joseph Anglade, Les poésies de Peire Vidal. Deuxième édition revue, Paris 1923 (Les classiques français du moyen âge, 11), p. 133 (XLII) (aggiunge varianti di AOQ); Peire Vidal, Poesie. Edizione critica e commento a cura di d’Arco Silvio Avalle, 2 voll., Milano-Napoli 1960, vol. I, p. 115 (XII) (testo secondo il codice antico [CE IK] corretto con mss. della tradizione µ [ABDDcLMNRTce]).
Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, p. 118 (testo secondo C); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846, vol. I, p. 231 (riproduce Raynouard); Karl Bartsch, Chrestomathie provençale (Xe-XVe siècles). Sixième édition entièrement refondue par Eduard Koschwitz, Genève-Marseille 1973, p. 118 (aggiunge varianti di H c che Bartsch non aveva utilizzato); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 97 (testo secondo Bartsch e Anglade; con traduzione); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, p. 903 (testo Avalle; traduzione castigliana).
Metrica: a8 b8 b8 a8 c8 c8 d8 d8 (Frank 577: 215). «Serventese» di 8 coblas unissonans di 8 versi e una tornada di 4 versi. Rima identica in strofe diverse ai vv. 1 e 52 (mes); rima equivoca in strofe differenti ai vv. 24 e 32 (lag [‘laido’: ‘latte’]) (cfr. Peire Vidal, Poesie, vol. I, p. 114 e vol. II, p. 462, s.v. Rima, mot tornat en rim).
Note: La prima stesura del testo risale al 1201-1202, durante la preparazione della IV crociata; il marchese Bonifacio I di Monferrato (lo marques del v. 12 [1192-1207]), eletto capo della crociata nell’agosto 1201, partirà nell’agosto dell’anno seguente (Peire Vidal, Poesie, p. 114 e p. 115, nota 12 e Carlos Alvar, La poesia trovadoresca en España y Portugal, Barcelona 1977, p. 104). Il ms. O è latore di una «nuova recensione» del testo, «indizio sicuro che il serventese era cantato ancora dopo la partenza del marchese» (al v. 13 il ms. O scrive, riferendosi al marchese, q’es oltra mar ‘che è oltremare’) (si veda Peire Vidal, Poesie, pp. 112-113 e apparato a p. 115). – Il signore dei Catalani e degli Aragonesi (cfr. v. 34) è Pietro II (1196-1213) (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 34). – Lo stesso rimprovero (vv. 37-38), rivolto però a Filippo Augusto, è in Ben viu a gran dolor (BdT 364.13), strofa IV; il motivo è anche in Dieus en sia grazitz (BdT 364.17), vv. 37-39 (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 38). – Il re preso di mira ai vv. 41-48 è il re di Francia Filippo Augusto (1180-1223) che si rifiuta di partire per la nuova crociata; il padre (v. 44) è Luigi VII, che invece prese parte alla II crociata (1147) (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 41 e nota 44). – Il motivo della vecchia (vv. 49-56) è un falso insulto cortese che serve a dar risalto all’unica e sola amata, di cui qui si parla nella strofa successiva (vv. 57-64); per questo motivo, di ascendenza bertrandiana, si veda Valeria Bertolucci Pizzorusso, «Posizione e significato del canzoniere di Raimbaut de Vaqueiras nella storia della poesia provenzale», Studi mediolatini e volgari, 11, 1963, pp. 9-68, a p. 28, nota 19. – Il re del Léon (cfr. v. 65) è Alfonso IX (1188-1230); il poeta lo loda anche in Neus ni gels ni plueja ni fanh (BdT 364.30), v. 72 dove il re è presentato come il paradigma della liberalità (Peire Vidal, Poesie, p. 114 e p. 119, nota 65; Carlos Alvar, La poesia trovadoresca, pp. 65-66).
I. Signori, Gesù, che fu messo in croce per salvare la gente cristiana, ordina a tutti noi indistintamente di andare a liberare la terra santa, dove venne a morire per amor nostro. E se non gli vogliamo obbedire sentiremo per questo molte terribili accuse là dove finirà ogni contesa.
II. E il santo Paradiso che ci promise, dove non c’è né pena né tormento, lo vuole ora concedere liberalmente a coloro che andranno con il marchese oltremare a servire Dio; e fra quelli che non vorranno seguirlo, non ci sarà nessuno che possa non avere poi per questo gran paura.
III. E guardate com’è il mondo, che s’attacca al peggio chi più lo segue; e perciò non c’è che una cosa sensata: che si lasci il male e si prenda il bene. Se infatti la morte vuol venire all’assalto, nessuno può né sa sottrarsi. Dunque poiché tutti moriamo sicuramente, è davvero folle chi vive in modo vile e meschino.
IV. Tutto il mondo vedo sopraffatto dall’inganno e dalla frode; e sono ormai tanti i miscredenti, che sopravvivono con difficoltà la legge e la fede, perché ognuno fa a gara a tradire l’amico per arricchirsi. Ma i traditori sono traditi come chi beve il veleno col latte.
V. Catalani e Aragonesi hanno un signore valente e degno d’onore e generoso e leale e colto, umile e giusto e cortese. Ma lascia troppo arricchire i suoi servi, che Dio li umili e li abbia in odio; perché sono sempre pronti a creare danno e ostacoli a corte.
VI. Un re disonorato vale meno di un villano, quando vive come un poltrone e piange i beni che altri spende e perde ciò che il padre conquistò. Un tale re, che si difende a mo’ di paralitico e non prende né dà colpi, sarebbe da uccidere e da seppellire in un brutto posto.
VII. Non mi piacciono affatto le donne vecchie, se vivono sconvenientemente contro Amore e contro Gioventù; perché hanno ridotto così male la vera nobiltà che è terribile da raccontare e da dire e da ascoltare e da udire; perché hanno così completamente distrutto il nobile servizio d’amore che fra loro non se ne trova traccia.
VIII. Donna, così mi tenete prigioniero che non penso ad altro se non a fare il vostro volere. E se, col vostro favore, potessi essere al vostro servizio tra quando vi spogliate e quando vi vestite, mai potrebbe succedermi alcun male; perché le vostre parole e i vostri modi hanno per me la dolcezza della rosa di maggio.
IX. Re di Léon, senza mentire, dovete raccogliere l’onorato pregio, come colui che semina nel maggese giustamente umido, con dolce compiacenza.
13. Il ms. O è latore di una «nuova recensione» del testo, «indizio sicuro che il serventese era cantato ancora dopo la partenza del marchese» (il ms. O scrive, riferendosi al marchese, q’es oltra mar ‘che è oltremare’) (si veda Peire Vidal, Poesie, pp. 112-113 e apparato a p. 115).
34. Il signore dei Catalani e degli Aragonesi è Pietro II (1196-1213) (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 34).
37-38. Lo stesso rimprovero, rivolto però a Filippo Augusto, è in Ben viu a gran dolor (BdT 364.13), strofa IV; il motivo è anche in Dieus en sia grazitz (BdT 364.17), vv. 37-39 (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 38).
41-48. Il re preso di mira è il re di Francia Filippo Augusto (1180-1223) che si rifiuta di partire per la nuova crociata; il padre (v. 44) è Luigi VII, che invece prese parte alla II crociata (1147) (Peire Vidal, Poesie, p. 117, nota 41 e nota 44).
49-56. Il motivo della vecchia è un falso insulto cortese che serve a dar risalto all’unica e sola amata, di cui qui si parla nella strofa successiva (vv. 57-64); per questo motivo, di ascendenza bertrandiana, si veda Valeria Bertolucci Pizzorusso, «Posizione e significato del canzoniere di Raimbaut de Vaqueiras nella storia della poesia provenzale», Studi mediolatini e volgari, 11, 1963, pp. 9-68, a p. 28, nota 19.
65. Il re del Léon è Alfonso IX (1188-1230); il poeta lo loda anche in Neus ni gels ni plueja ni fanh (BdT 364.30), v. 72 dove il re è presentato come il paradigma della liberalità (Peire Vidal, Poesie, p. 114 e p. 119, nota 65; Carlos Alvar, La poesia trovadoresca, pp. 65-66).
Edizione: d'Arco Silvio Avalle 1960; traduzione e note: Antonella Martorano. – Rialto 27.vii.2004.
A 101v, B 64r, C 37v, D 27v, Dc 249r, E 28, I 41v, K 29r, L 17v, M 66r, N 93v, O 40 (adespota), Q 73r, R 47r, T 244v, c 66r, e 113.
Edizioni critiche: Karl Bartsch, Peire Vidal’s Lieder, Berlin 1857, p. 49 (XXV) (secondo BCDcEIKMRT); Joseph Anglade, Les poésies de Peire Vidal. Deuxième édition revue, Paris 1923 (Les classiques français du moyen âge, 11), p. 133 (XLII) (aggiunge varianti di AOQ); Peire Vidal, Poesie. Edizione critica e commento a cura di d’Arco Silvio Avalle, 2 voll., Milano-Napoli 1960, vol. I, p. 115 (XII) (testo secondo il codice antico [CE IK] corretto con mss. della tradizione µ [ABDDcLMNRTce]).
Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, p. 118 (testo secondo C); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846, vol. I, p. 231 (riproduce Raynouard); Karl Bartsch, Chrestomathie provençale (Xe-XVe siècles). Sixième édition entièrement refondue par Eduard Koschwitz, Genève-Marseille 1973, p. 118 (aggiunge varianti di H c che Bartsch non aveva utilizzato); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 97 (testo secondo Bartsch e Anglade; con traduzione); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, p. 903 (testo Avalle; traduzione castigliana).
Metrica: a8 b8 b8 a8 c8 c8 d8 d8 (Frank 577: 215). «Serventese» di 8 coblas unissonans di 8 versi e una tornada di 4 versi. Rima identica in strofe diverse ai vv. 1 e 52 (mes); rima equivoca in strofe differenti ai vv. 24 e 32 (lag [‘laido’: ‘latte’]) (cfr. Peire Vidal, Poesie, vol. I, p. 114 e vol. II, p. 462, s.v. Rima, mot tornat en rim).
La prima stesura del testo risale al 1201-1202, durante la preparazione della IV crociata; il marchese Bonifacio I di Monferrato (lo marques del v. 12 [1192-1207]), eletto capo della crociata nell’agosto 1201, partirà nell’agosto dell’anno seguente (Peire Vidal, Poesie, p. 114 e p. 115, nota 12 e Carlos Alvar, La poesia trovadoresca en España y Portugal, Barcelona 1977, p. 104).