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V.
VI.
VII.
Edizione: Peter T. Ricketts 2000; note: Francesco Carapezza, Oriana Scarpati. – Rialto 4.x.2004.
R 143r.
Edizioni critiche: Aimo Sakari, «La canso d’Arnaut Peire d’Agange», in Mélanges offerts à Rita Lejeune, 2 voll., Gembloux 1969, vol. I, pp. 277-290, a p. 281; Peter T. Ricketts (ed.), Contributions à l’étude de l’ancien occitan: textes lyriques et non-lyriques en vers, Birmingham 2000 (AIEO, 9), p. 5.
Altre edizioni: François-Just-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. V, p. 25 (edizione parziale); Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1864, vol. III, p. 239 (n. 1082) (edizione diplomatica); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, III, Berlin 1886, p. 359 (testo Raynouard); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, Roma 1931, p. 171 (n. 143) (testo Mahn, estratti).
Metrica: a10 b10 b10 a10 c10’ c10’ d10’ d10’ e10 e10 f10 f10 (Frank 598:1). Canzone di sei coblas unissonans e capfinidas (eccetto la tornada) di dodici versi e una tornada di sei versi. Si tratta di una forma strofica rara e tardiva, attestata unicamente, con minime variazioni nello schema sillabico, per una cobla di Guilhem de l’Olivier d’Arles (BdT 246.30, Frank 598:2) e per un’altra del marsigliese Bertran Carbonel (BdT 82.45, Frank 598:3); più frequente è lo schema di dieci decasillabi, decurtato cioè dell’ultimo distico (Frank 592), comunque circoscrivibile alla seconda metà del tredicesimo secolo (cfr. A. Sakari, «La canso», pp. 277-279).
Unico componimento attribuito al trovatore e databile, secondo Aimo Sakari, «La canso», p. 280, al 1270 circa sulla base dell’allusione, nel primo verso della tornada, ad un avinens emperaire, da identificare probabilmente con Alfonso X di Castiglia, imperatore dal 1267 al 1272. Sulla localizzazione dell’autore, a quanto pare originario di Ganges presso Montpellier, si veda da ultimo Suzanne Thiolier-Méjean, «Ganges et son troubadour: Arnaut Peire», La France latine, 126, 1998, pp. 193-207. – La prima cobla è corredata di tetragramma non annotato. Le ultime sillabe del v. 12 sono escusse dalla smussatura dell’angolo inferiore esterno; mentre la seconda strofa risulta praticamente illegibile per via di un danno materiale subito dal margine superiore della carta: la disposizione dei frammenti di testo ai vv. 13-19 presso Ricketts è discrepante rispetto a quella di Sakari, che propone alcune congetture integrative ai vv. 20-21 e 24. – Il problema sintattico ai vv. 58-60 è risolto da Sakari (seguito da Ricketts) sostituendo la cong. car del ms. con la prep. a a inizio v. 59, e traducendo: «et voilà que je me dis souvent – car cela ne saurait manquer à qui sert Amour convenablement – que pour un mal j’en aurai cent fois plus de biens». La difficoltà di ammettere, almeno dal punto di vista paleografico, un passaggio a > car non elimina però il sospetto che l’errore si possa trovare al verso precedente, dove è ripetuto il primo emistichio del v. 55. – Notevole, anche se ironico, il concetto poco cortese dell’utilità della menzogna in amore, espresso ai vv. 67-72.