I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
VIII.
I. Avevo smesso di cantare per la tristezza e per il dolore che ho dal conte, mio signore; ma poiché vedo che al buon re piace, farò subito una canzone che Guilhems e don Blascols Romieus portino in Aragona, se la melodia sembra loro facile e buona.
II. E se canto da uomo che vi è costretto, poiché piace al Mio-signore, non considerate peggiore il mio canto, perché il cuore mi si è allontanato da lei da cui non ho mai avuto un bene, lei che mi toglie la speranza; e la separazione è per me così penosa che Dio solo lo sa.
III. Sono tradito e ingannato come un buon servitore, quando gli si considera stoltezza ciò di cui dovrebbe essere onorato; e ne attende la stessa ricompensa di chi serve da fellone; e se d’ora in poi sono suo, mi stimo meno di un giudeo.
IV. Mi sono dato a una donna che vive di gioia e d’amore e di pregio e di valore, in cui la bellezza si raffina così come l’oro nel carbone ardente; e poiché le mie preghiere le sono gradite, davvero mi sembra che il mondo sia mio e che i re tengano i miei feudi.
V. Di pura gioia sono coronato sopra ogni imperatore, perché mi sono tanto innamorato d’una figlia di conte, e ho di più con un piccolo pegno che mi doni donna Raimbauda, che il re Riccardo con Poitiers e Tours e Angers.
VI. E se anche mi chiamate lupo, non lo considero un disonore, né se mi bastonano i pastori né se sono da loro cacciato; e preferisco il bosco e la macchia che i palazzi e le magioni, e di gioia sarà il mio cammino fra vento e gelo e neve.
VII. Bel Sembelis, per voi amo Sault e Usson e Alion; ma poiché il vedervi è durato per me poco, ne sono qui smarrito e in pena.
VIII. La Lupa dice che sono suo e ne ha ben diritto e ragione, visto che, in fede mia, sono suo meglio di quanto non sia d’altri e mio.
7. Don Blascols Romieus è un cavaliere aragonese, «mayordomo» di Alfonso II d’Aragona (il bon rei del v. 4), documentato fra il 1168 e il 1198; fu amico di Guillem de Berguedà (a «·N Bascol Romeu» è indirizzata una canzone del trovatore, perché interceda per lui presso Alfonso II [cfr. Joglars, no·t desconortz, BdT 210.12, edizione Martín de Riquer, Guillem de Berguedà, 2 voll., Abadía de Poblet 1971, vol. II, p. 56, a p. 60, edizione rivista in id., Les poesies del trobador Guillem de Berguedà, Barcelona 1996]) e dunque non è del tutto inverosimile che il Guilhems cui si fa allusione nello stesso verso 7 sia proprio Guillem de Berguedà (cfr. Francesco A. Ugolini, «Poesie di Guilhem de Berguedà in un codice catalano», in Archivum Romanicum, 23, 1939, pp. 22-51, a p. 27, nota 4; Riquer, Guillem de Berguedà, I, pp. 63-65 e Riquer, Los trovadores, p. 900, nota 7). Se così fosse troverebbe conferma il terminus ante quem fissato da Avalle al 1190, anno in cui Guillem de Berguedà si allontana dal re Alfonso (cfr. Riquer, Los trovadores, p. 900, nota 7). Sui rapporti fra Peire Vidal e Guillem de Berguedà cfr. Riquer, Guillem de Berguedà, I, pp. 162-165.
38. Il riferimento a donna Raimbauda (de Biol, cioè Beuil, secondo la razo), esplicito al v. 39, indurrebbe all’ipotesi che la canzone è stata scritta in Provenza (cfr. Avalle 1960, p. 59); il riferimento alla Lupa «de Pueinautier» secondo la razo (strofa VI e seconda tornata) potrebbe far pensare, invece, a una rielaborazione del testo (Avalle 1960, p. 64, nota 41), oppure indurre all’ipotesi, in verità, come la prima, non necessaria, che donna Raimbauda e donna Loba siano la stessa persona (cfr. Rita Lejeune, «Ce qu’il faut croire des biographies provençales: La Louve de Pennautier», in Le Moyen Âge, 49, 1939, pp. 233-249).
49. Bel Sembelis sarebbe il senhal di una Estefania citata nella razo, «de Son», secondo il solo ms. N2, «qu’era de Sardanha» secondo tutti i codici, moglie di un documentato Bernardo di Alion (Avalle 1960, p. 55, nota 19). La Serdanha è la regione dove erano So (oggi Usson, v. 49, a nord del quale si trova il paese di Sault citato nello stesso verso) e Alio (oggi Llo, v. 50), terre di suo marito. Peire Vidal la cita in un’altra canzone, Ges pel temps fer e brau (BdT 364.24), v. 79 (cfr. Avalle 1960, II, p. 251, nota 79). Lo stesso senhal si trova anche in Bertran de Born, Ges de disnar no fora oi mais matis (BdT 80.19), v. 11 e in Domna puois de me no·us chal (BdT 80.12), v. 22 (cfr. Riquer, Los trovadores, p. 902, nota 49-50).
Edizione: d'Arco Silvio Avalle 1960; traduzione e note: Antonella Martorano. – Rialto 20.i.2004.
A 97v, C 38r, D 24v, E 24, H 27r, I 44r, K 31r, N 99v, Q 71v, R 16v, T 252r, a 119, b3 12, e 13.
Edizioni critiche: Karl Bartsch, Peire Vidal’s Lieder, Berlin 1857, p. 23 (IX) (secondo CEIKRT); Joseph Anglade, Les poésies de Peire Vidal, deuxième édition revue, Paris 1923 (Les classiques français du moyen âge, 11), p. 104 (XXXIII) (aggiunge varianti di AHQa1); Peire Vidal, Poesie. Edizione critica e commento a cura di d’Arco Silvio Avalle, 2 voll., Milano-Napoli 1960, vol. I, p. 57 (V) («secondo l’archetipo»).
Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. III, p. 324; Henri Pascal de Rochegude, Le parnasse occitanien, Toulouse 1819, p. 185 (CEINRT); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846, vol. I, p. 226 (riproduce Raynouard); Prosper Tarbé, Les oeuvres de Blondel de Nesle, Reims 1862 (poi Genève 1978), p. 135; Erhard Lommatzsch, Provenzalisches Liederbuch. Lieder der Troubadours mit einer Auswahl biograph, Berlin 1917, p. 131 (testo Anglade); Alfons Serra-Baldó, Els trobadors. Text provençal i versió catalana, Barcelona 1934, p. 165 (testo Anglade; con traduzione catalana); Alfredo Cavaliere, Cento liriche provenzali. Testi, versioni, note, glossario, Bologna 1938, p. 170 (testo Anglade; con traduzione italiana); Gianluigi Toja, Trovatori di Provenza e d’Italia, Parma 1965, p. 159 (testo Avalle; con traduzione italiana); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, p. 897 (testo Avalle; con traduzione spagnola); Frede Jensen, Troubadour Lyrics: A Bilingual Anthology, New York 1998, p. 308 (testo «composite»; con traduzione inglese).
Metrica: a7 b7 b7 a7 c7 c7 d7 d7 (Frank 577:269). Sei coblas unissonans di otto versi e due tornate di quattro versi. Coincidenza di schema metrico e rime col sirventese di Dalfi d’Alvergne, Reis, pos vos de mi chantatz (BdT 119.8) datato al 1194 (cfr. Riquer, Los trovadores, III, p. 1251; non ho potuto vedere la dissertazione inedita di E. M. Brakney, A Critical Edition of the Poems of Dalfin d’Alvernhe, Minneapolis 1937) e con la canzone tarda di Raimon de Castelnou, Ar a ben dos ans passatz (BdT 396.1) (cfr. Rimario trobadorico provenzale, a cura di Pietro Beltrami, in collaborazione con Sergio Vatteroni, 2 voll., Pisa 1988, vol. I, p. 260).
Canzone composta dopo il 3 settembre 1189 (quando Riccardo Cuor di Leone fu incoronato re d’Inghilterra, v. 39) e prima del 1190 (anno della partenza di Riccardo per la crociata), in ogni caso prima della morte di Raimondo V di Tolosa (il comte del v. 3) avvenuta nel dicembre 1194.