I.
II.
Nicolez de Turrin li respondet
III.
IV.
I. Se la mia signora, madonna Adelaide di Vidallana, sapesse quanto so essere utile a una dama e come so far apparire superiore ogni dama che io voglia supportare, non sarebbe mai stata con me tanto avara di compagnia dilettevole nella sua terra, quando l’andai a vedere. Se ella non mi onorò, abbia invece onore nella Bresciana madonna Donella che si fa apprezzare da tutti con parole cortesi e con valore certo.
II. Madonna Selvaggia, state sicura di questo: che la testimonianza del vostro onore mi fa piacere la Lombardia, la Marca e la Toscana.
Nicolet de Torin gli rispose
III. Messer Uc de Saint-Circ, il sapere e il giudizio impedirono a madonna Adelaide di aver con voi una bella compagnia; perché, se lei avesse riconosciuto in voi il valore e il sapere che voi pensate di avere, vi avrebbe mostrato davvero un comportamento tanto buono che sareste stato per sempre soddisfatto di lei; ma non vide in voi maestria o conoscenza sufficienti affinché voi siate in grado di parlare bene delle dame tanto che ricevano grandi lodi grazie al vostro supporto.
IV. So che madonna Donella si pentirà di avervi onorato; e Selvaggia non mi piace perché vi accoglie e vi mostra una bella disposizione.
11 lonramenz Hκ 10 Na] n scritta a margine come lettera-guida 12 Lombardi’e la Marcha e] lombardiæ la marchæ H 13 N’Uc] n scritta a margine come lettera-guida 16 aver] auetz H 17 be·u[s]] beu H 18 qe [a] totz temps] qe totz temps en (-1) H 19 no·us] no uos (+1) H 22 q’aura] qe naura (+1) H
1. Su n’Alais de Vidallana (Adelaide di Viadana), cfr. Circostanze storiche.
2-5. L’uso dei tempi verbali, in particolare quello del cond. II fora, indica che si tratta di possibilità irrealizzabile, perché collocata nel passato. Uc de Saint Circ vanta la propria capacità di mantener una donna, cioè di amplificarne, supportarne, proteggerne la fama. Adelaide di Viadana non ha saputo cogliere questa possibilità secondo Uc, ma Nicolet de Torin nella propria risposta interpreterà le parole di Uc come un gab, una vanteria tronfia ma insincera. Solatz in questo contesto significa “compagnia dilettevole”; Adelaide non ha ricevuto Uc come questi si aspettava.
7. Dopo la cesura il ms. legge «oran | zai enbreissana». Jeanroy - Salverda de Grave, Poésies, pp. 129-130, conservano tale lezione e stampano: «oranz ai en Breissana» e traducono i vv. 7-8: «Si elle ne m’a pas honoré, maintenant, au contraire, j’ai [pour me protéger], dans le pays de Brescia, dame Donella». La lezione, come tutto il testo, è ripresa da De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, pp. 37-38, che traduce: «Se ella non mi onorò, adesso io ho [che mi onori] nel Bresciano donna Donella». Tuttavia, oranz non si trova da nessuna parte nella poesia provenzale con il senso di ‘adesso, ora’ e inoltre il presente indicativo è impossibile, perché nel momento in cui scrive, Uc de Saint Circ si trova presso Selvaggia, non presso Donella, com’è confermato anche dalla tornada di Nicolet. Bertoni, I trovatori, pp. 254-255 e 512, opta per una correzione decisa: «onrat m’a» «mi onorò a Brescia donna Donella». Egli giustifica tale intervento con un guasto e con il fatto che Uc de Saint Circ è ormai presso Selvaggia e quindi può parlare al passato della sua permanenza presso Donella. Senza dubbio Uc è presso Selvaggia quando scrive, ma non vi è ragione di correggere una lezione a cui manca solo un titulus (oranz > onranz): Caïti-Russo, Les troubadours, p. 290, interpreta correttamente la forma ai del ms. come un congiuntivo ottativo eliso. Uc, dopo aver deprecato il comportamento di Adelaide, si augura che a Donella venga riconosciuto il suo giusto onore, che non le manca. Evidentemente, prima di arrivare presso i Malaspina, Uc aveva visitato sia la corte di Donella (probabilmente prima) sia quella di Adelaide, trovandovi delle attitudini opposte nei suoi confronti.
7-8. Chi sia Na Donella de Breissana non è mai stato svelato. La Breissana è una vasta area della Lombardia che da Brescia, da cui trae il nome con una facile derivazione denominale, giungeva fin verso Lodi (su questo toponimo, cfr. Circostanze storiche).
10. Su Selvaggia Malaspina, cfr. Circostanze storiche.
11. Il ms. legge inequivocabilmente «lonramenz de uos», come conferma del resto anche la testimonianza di κ (Giammaria Barbieri, Dell’origine della poesia rimata, Modena 1790, p. 79). Errato quindi leggervi «loniamenz», che si trova negli apparati di Jeanroy - Salverda de Grave, Bertoni e Caïti-Russo. Quest’ultima adotta qui un emendamento non necessario stampando «lonjamens per vos», che è correzione poco economica rispetto a quelle di Jeanroy-Salverda de Grave e Bertoni, a parità di lettura del codice.
12. Uc intende probabilmente indicare, a grandi linee come somma delle parti, tutta l’Italia soggetta all’impero, nella quale abitavano non solo Selvaggia, ma anche Adelaide e Donella: la Lombardia è la zona a nord degli Appennini e a ovest del Mincio e all’incirca del Reno, la Toscana corrisponde più o meno all’attuale regione, la Marca può essere la Marca trevigiana (meno probabilmente la Marca anconetana, comunque citata da Caïti-Russo, Les troubadours, p. 291). Grazie a Selvaggia, Uc apprezza e riabilita tutta l’Italia imperiale (il Regno d’Italia), pur avendovi sofferto delle esperienze negative. La Marca può, in ogni caso, indicare anche altre zone soggette a diritto marchionale, tra cui la stessa marca malaspiniana (cfr. Caïti-Russo, Les troubadours, p. 291 nota 4), corrispondente ai domini malaspiniani che si estendevano dalla Lunigiana sia verso la Lombardia sia verso la Toscana (ma le designazione non è frequente e in tale caso, comunque, non si spiegherebbe perché l’autore abbia sentito la necessità di specificare Lombardia e Toscana già comprese nella Marca). Sulla percezione non unitaria che i trovatori hanno dell’Italia, si veda Marco Grimaldi, «L’identità italiana nella poesia dei trovatori», in L’espressione dell’identità nella lirica romanza medievale, a cura di Federico Saviotti e Giuseppe Mascherpa, Pavia 2016, pp. 81-100, in particolare p. 92 per il nostro passo.
16. Il ms. legge «avetz cuidatz» e la correzione avetz > aver è la più economica, già adottata da Jeanroy-Salverda de Grave, Bertoni e De Bartholomaeis. Caïti-Russo non corregge e interpreta cuidatz come un imperativo, ma mi sembra che ne risulti una costruzione particolarmente intricata.
17. Il ms. ha «Beu», che, seguendo Bertoni e De Bartholomaeis, integro in «be·u[s]». La lezione del codice è conservata da Jeanroy - Salverda de Grave e corretta in «ben» da Caïti-Russo. Sui tempi verbali vale quanto detto nella nota ai vv. 2-5.
18. Il verso è ipometro di una sillaba. Tutti gli altri editori seguono Jeanroy-Salverda de Grave nell’integrare «qe totz temps [mais] en foratz». Mi sembra più economico e più congruo semanticamente aggiungere «a» prima di «totz temps». A totz temps significa ‘per sempre’ (come totz temps mais). Il verbo paiar/pagar significa «satisfaire» (PD, p. 273). Secondo Nicolet, se Uc avesse le qualità che millanta, sarebbe stato per sempre appagato della compagnia di Adelaide e obbligato nei suoi confronti.
19. Il verso è ipermetro, ma la correzione è evidente (adottata da tutti gli editori).
22-23. Il ms. legge senza dubbio «Na donella sai qe naura peneden | za. Car uos onret»; la forma verbale di aver è «aura» come nell’apparato di Bertoni, non «auia», come negli apparati di Jeanroy - Salverda de Grave e Caïti-Russo. Il v. 22 è ipermetro. Mentre Jeanroy - Salverda de Grave e Bertoni correggono «sai qe n’a», seguiti da De Bartholomaeis, Caïti-Russo conserva a testo l’erronea lettura «auia», leggendo «qu’avia». Tuttavia, dato che Uc ora si trova presso Selvaggia come conferma l’indicativo presente di Nicolet al v. 24 e dato che non può essere passato molto tempo tra la cobla di Uc e quella di Nicolet, allora bisogna accordare fiducia al ms. che conserva la giusta relazione temporale: Donella non si è di certo ancora pentita dell’accoglienza fatta a Uc (come emergerebbe in Caïti-Russo al di là della lettura avia), né se ne pente proprio in quel momento (correzioni di Jeanroy-Salverda de Grave, Bertoni e De Bartholomaeis), ma se ne pentirà in futuro; nel presente il dispiacere di Nicolet è rivolto verso Selvaggia.
Edizione, traduzione e note: Giorgio Barachini. – Rialto 1.x.2018.
H 54r (Nuc desansil ~ Nicolez de Turrin li respondet), b1 6v (Ugo di Sansir, v. 10), κ 79 (Ugo di Sansir, vv. 10-12; dal Libro slegato, c. 76.).
Edizioni critiche: Alfred Jeanroy - Jean-Jacques Salverda de Grave, Poésies de Uc de Saint-Circ, Toulouse 1913, p. 129; Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 254; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 290.
Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 37 (testo Jeanroy-Salverda de Grave); Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 64 (testo Bertoni).
Il testo è trasmesso dal manoscritto H e da una testimonianza indiretta. Si rimanda alle note al testo per i singoli interventi effettuati.
Metrica: a10’ b10 a10’ b10 a10’ b10 a10’ b10 a10’ (Frank 226:9 e 226:6). Cobla di nove versi con tornada di tre versi (ultimi tre della cobla) a cui risponde un componimento identico tranne che nelle rime. Rime: a = ana, enza, b = ér, atz. La formula metrica, in verità non particolarmente elaborata e quindi potenzialmente sorta in contesti differenti in modo indipendente, è usata da altri otto componimenti (coblas isolate o tenzoni). Il testo più antico è la tenzone tra Albert marques (Malaspina) e Raimbaut de Vaqueiras, Ara·m digatz, Rambautz, si vos agrada (BdT 15.1 = 392.1); il contesto malaspiniano della tenzone può forse spiegare il recupero della forma metrica compiuto da Uc de Saint-Circ, se è effettivamente tale. Il modello formale originario o è da vedere nella tenzone stessa (poco probabile) o è perduto.
La cobla di Uc e la risposta di Nicolet sono probabilmente posteriori al 1221. Uc de Saint Circ appare qui come un trovatore che va in cerca di fortuna presso le corti signorili dell’Italia del nord. Gli esiti e i guadagni dovevano essere incostanti: presso Donella e Selvaggia il trovatore si sente remunerato, ma non così presso Adelaide di Viadana.