Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Giraut de Borneil
Non sai rei ni emperador
242.
52
Giraut de Borneil
Non sai rei ni emperador
Trad. it.
Apparato
Note

I. Non conosco un re o un imperatore che, se dai propri uomini non si fa obbedire, non commetterebbe una mancanza qualora pretendesse di farsi onorare e servire altrove; giacché è di alto rango deve comportarsi in modo tale da essere temuto dai suoi e amato dagli altri e deve dimostrare un grande animo lasciando da parte le cose di scarso valore per concentrarsi sull’essenziale di ciò per cui possa essere più onorato.

II. Ma è ben più coraggioso colui che si mette in pericolo per sottrarre dal disonore sé e il suo popolo e per accrescere il proprio onore; perché per un nobile di alto lignaggio è più giovevole trovarsi in una situazione di rischio che vivere vituperato e disonorato e, secondo i buoni costumi, deve piacergli di più procurare il bene dei suoi che essere ricompensato del bene.

III. E colui che nelle grandi azioni sa, quando è necessario, prendere e scegliere il meglio sembra ben che superi tutti gli altri quanto a senno, se il senno non gli manca sul finire; perché difficilmente con animo volubile l’uomo riesce a fare qualcosa per cui essere lodato, anzi chi vuole avere potere deve compiere le proprie azioni in modo coscienzioso e non credere con troppa fretta agli altri, se vuole essere consigliato nel modo giusto.

IV. Un signore che voglia avere il nome di buon signore deve agire bene e parlare al meglio, mentre chi vuole ottenere grande rispetto deve possedere un grande potere o compiere azioni ardimentose. Infatti chi non ha potere è poco stimato e meno ancora lo è quando, pur avendo potere, è carente, giacché potere e volontà, quando sono ben armonizzati insieme, fanno compiere valorose azioni pregevoli.

V. Ciò che più accresce il valore del signore e più lo fa apprezzare e che più gli conferisce onore è rallegrarsi di spendere a sufficienza per compiere azioni profittevoli o per fare splendidi doni, perché non è giustamente considerato generoso chi non è gioioso e, quando il dono è troppo procrastinato, se ne perde spesso sia il valore che la riconoscenza.

VI. Sirventese, la tua lingua comprenderà meglio persino di quanto non faccia io il mio signore, cui appartiene il Monferrato, il quale, per giusto potere, è salito a un così grande onore che sarà incoronato re.

VII. E poi andrai dritto dal re di Spagna di nuovo regnante, perché molto è onorato.

I. 4 deian] deia Pe    5 qe s’es] qes Pe    8 et] Per e    10 si’] sia Pe

II. 11 maior] maor Pe    13 deshonor] deshonors e    19 trop manca a e

III. 21 grans] gran Pe    27 apensaz] a pensar e    29 creir’autrui] creiar autrui e

IV. 33 et manca a Pe    34 qi] si e    37 serraz] ferratz e    39 far] fan P    40 qi’nsems] Qim sems P, qui’nsems e

V. 42 al] E li Pe; e·l manca a e; fai] fais P    44 despendr’esjausir] despendre iauzir e    48 allegrage] allegraze P 

VI. 51 ton] tou P

VII. 58 faras] farais e

15-17. Per questi versi di intonazione vagamente proverbiale cfr. Be·m plai lo gais temps de pascor (BdT 80.8a), v. 40: «car mais val mortz qe vius sobratz». Secondo Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili”», p. 381, questo testo di attribuzione problematica, che condivide schema metrico e rimico con il nostro sirventese, potrebbe constituirne il modello, giacché alle numerose parole-rima in comune si può aggiungere proprio il tema della difesa dell’onore attraverso il coraggio e la forza. Già Michele Loporcaro, «“Be·m platz lo gais temps de pascor” di Guilhem de Saint Gregori», Studi Mediolatini e Volgari, 34, 1988, pp. 27-68, a p. 61, nota 40, aveva del resto notato la dipendenza del sirventese da Be·m plai lo gais temps de pascor (BdT 80.8a).

23. La locuzione portar la flor ha il significato di ‘essere il migliore, superare tutti gli altri’, cfr. anche PD, s.v. flor e SW, III:510.

38. d’agradage: ‘pregevoli’ (PD, s.v. agradatge).

53. Il signore del Monferrato, di cui si dice che è prossimo a diventare re (v. 56), è stato identificato da Kolsen, «Altprovenzalisches», pp. 168-169, con Bonifacio I di Monferrato, divenuto re di Salonicco nel 1204. Proprio a partire da questa identificazione, Kolsen suggerisce come autore Peire Vidal, giacché nella sua canzone Per mielhs sofrir lo maltrait e l’afan (BdT 364.33), anch’essa attribuita in P a Giraut de Bornelh, si parla di una corona d’oro che il trovatore spera di vedere sul capo del marchese Bonifacio, cfr. i vv. 49-50: «E s’aissi fos cum ieu vuelh ni devis, / corona d’aur li vir’el cap assire». Diversamente, Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili”», p. 382, propone l’identificazione del marchese di Monferrato con Guglielmo VII il Grande (1253-1292), figlio di Bonifacio II e di Margherita di Savoia, il quale nel 1271 sposò la figlia di Alfonso X di Castiglia, Beatrice. Per approfondimenti si rimanda alle Circostanze storiche.

58. de nou regnaz: si conserva la lezione del ms. P, che pare accettabile, diversamente da Kolsen, «Altprovenzalisches», p. 167, che suggerisce l’emendamento congetturale rengaz, considerandolo riferito al sirventese, sicché il senso sarebbe ‘E poi andrai diritto, rimesso a nuovo, dal re di Spagna…’. L’emendamento suggerito da Kolsen non convince infatti dal punto di vista della sintassi, mentre la lezione offerta dal ms. offre un senso ammissibile. Secondo Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili”», pp. 382-383, l’arco temporale in cui il re di Castiglia Alfonso X potrebbe essere qualificato come ‘di nuovo regnante’ va dal 1265 (anno di cessione del regno di Murcia alla Castiglia) al 1275: «in ogni caso BdT 242:52 sarà stato composto prima del colloquio di Beaucaire del 1275, che segna il definitivo arresto della parabola alfonsina» (p. 383). Per approfondimenti si rimanda alle Circostanze storiche.

Testo

Edizione, traduzione e note: Francesca Sanguineti. – Rialto 26.vi.2024.

Mss.

P 5v (Giraut de Bornelh), e 230 (anon.)

Edizioni critiche / Altre edizioni

Adolf Kolsen, «Altprovenzalisches (Nr. 3-5)», Zeitschrift für romanische Philologie, 39, 1919, pp. 156-173, a p. 165; Francesca Sanguineti, Rialto 26.vi.2024.

Nota filologica

Il sirventese è tràdito da Pe. Entrambi riportano modesti errori in comune facilmente emendabili: deia per deian al v. 4, maor per maior al v. 11, ipometria al v. 5 e al v. 33. Il testo proposto non si discosta sostanzialmente dall’ed. Kolsen, anche se non si accetta l’emendamento proposto al v. 58 rengaz per regnaz. Il ms. scelto come base è P, del quale si conservano anche eventuali oscillazioni grafiche (es. -atge/-age).

Metrica e musica

Metrica: a8 b8 a8 b8 c6’ d8 d8 c6’ d8 d8 (Frank 424:7). Cinque coblas unissonans di dieci versi ciascuna, più due tornadas. Rime: -or, -ir, -age, -az. Il modello metrico è dato dalla canzone No posc sofrir c’a la dolor (BdT 242.51; Frank 424:6).

Informazioni generali

Sirventese, con autodesignazione in tornada (v. 51), per il quale già Kolsen, «Altprovenzalisches», p. 168, respinge l’attribuzione a Giraut de Bornelh (cfr. anche Bruno Panvini, Giraldo di Bornelh, trovatore del sec. XII, Catania 1949, p. 103, e Ruth Verity Sharman, The “cansos” and “sirventes” of the troubadour Giraut de Borneil: a critical edition, Cambridge 1989, p. 363). A partire dall’identificazione del marchese di Monferrato menzionato al v. 53 con Bonifacio I, Kolsen ipotizza una possibile paternità di Peire Vidal e fissa una datazione approssimativa prima del 1204. Diversamente, Francesca Gambino, «Osservazioni sulle attribuzioni “inverosimili” nella tradizione manoscritta provenzale (I)», in Le rayonnement de la civilisation occitane à l’aube d’un nouveau millénaire. Actes du 6e Congrès International de l’Association Internationale d’Études Occitanes (Wien, 12-19 septembre 1999), Wien 2001, pp. 372-390, alle pp. 380-383, ritiene che il testo vada considerato apocrifo e sia ascrivibile agli anni 1271/2-1275. Per approfondimenti si rimanda alle Circostanze storiche.

[F S]
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