Lezioni scartate e note paleografiche
rubrica: Rambaut d varenga.
guida: Rambaud de varegan.
2 «enics» corretto da «enios». 4 «voill» (v. nota 4). 11 Sciogliamo il titulus di «Dôna» secondo la forma maggioritaria del copista, nonostante l’occorrenza in chiaro Donna 1 per influsso della grafia italiana. 17 «toqel’». Si tratta di una forma di l con occhiello che si riscontra in pochi altri luoghi del canzoniere (qels 113d1, zel 117a37, vol 118b22, vil 123a34 = v. 118), talvolta con funzione abbreviativa (ad es. «euâgl’ista» 120c1 e «reul’» 123a6 = v. 90); qui è evidentemente svista per -t. 28 «qeos». 30 «dimor» modificato in «dunor» dal correttore (v. nota 30). 38 «ûra». 44 «peich d’mort» su abrasione. 45 estorzia] «estoızia»: nel nesso grafico rz la r è sporadicamente ridotta a un’asticella minima («ız»); più che di errore di copia, si tratta forse di un caso di fusione (cfr. ad es. «moız» 53d1 in rima con «estorz» 53d2; «foıza» 60d11 92a3 113a32). 50 «Se» (v. nota 50). 68 –1 (v. nota 68). 69 e 70 La -r dei rimanti garir e conssir è stata aggiunta in séguito dallo stesso copista. 76 «ses uos mesteia» su abrasione. 79 a enan] «aê nâ». 83 Le ultime tre lettere di «aucir» su abrasione. 84 In fondo alla col. 122d si trova la réclame fascicolare «Qar sol pel» (con pel integrato da altra mano). 86 «seu». 89 «Tô». 90 revel] «reul’» (cfr. n. al v. 17). 94 «foira3» (v. nota 91-96 e cfr. n. al v. 161). 95 La -c- di «uolcses» corretta dal copista (forse da -e-). 101 «u’» (= ver) su abrasione. 103 «Nieu». 104 «nos». 108 «podê». Il titulus aberrante su e si spiega per l’interpretazione, da parte del copista, di -z del modello come segno abbreviativo per la nasale bilabiale (3): cfr. n. ai vv. 139 e 148. 113 «En»; «be3» (= bem). 116 «ta3» (= tam). 117 «Car la pbeltaz». 118 «uil’» (cfr. n. al v. 17). 120 La -r di «car» su abrasione. 128 «be3» col segno abbreviativo eraso. 136 «com» corretto da «coni». 139 «forâ» (cfr. n. al v. 108). 143 «Nouos ouria» (v. nota 143). 145 «qeus nous». 147 «ostrom pt enre» su abrasione. 148 «pdê» (cfr. n. al v. 108). 152 «Qe» e «uos» congiunti da un trattino. 161 «parta3» (cfr. n. al v. 94). 163 «plaideia re» (v. nota 153-172). 164 «metessa3» probabilmente per ragioni di fonetica sintattica (-m p-): cfr. Appel 1928: 370 n. 164. 165 «Ezen». 168 «nos». 170 «den». 177 «reucep». 179 Dopo «eu» si trova un punto. Usato sistematicamente dal copista per segnalare la fine di verso (punto metrico), esso ha talvolta, come in questo caso, funzione interpuntiva.
Letture divergenti degli altri editori
Appel 1928 = A; Pattison 1952 = P.
2 es] ez A, etz P. 4 auiaz] aiaz A; cho] so P. 10 no·s] no·us P. 11 granz] gran AP. 13 vez] vetz A. 18 ira m’intret] ira·m intret AP. 19 no m’isit] no·m isit A, non isit P. 20 don] d’on P. 21 sap] saup P. 29 es] ez A, etz P. 30 tolles] tollez AP; jois] joi P; dimor] demor AP. 31 mau talen] mautalen P. 35 non] no A. 38 nostra amor] nostr’amor AP. 39 q’e·us] qe·us P. 42 bauda e] baud’e P. 43 ve] vec P. 44 cuith] cuit P. 45 n’estorzia] m’estorzia P. 46 plagneria] plaigneria A. 47 vio] viu P. 50 qe] se AP. 55 non] no A; de fora] defora AP. 59 receup] recep AP. 68 si] s’i A. 70 aqest] aquest P; conssir] cossir A. 78 me] mi A. 80 e vos] evos P. 93 qe s’eu] qes eu A. 94 nos fora] no’s feiraz A. 97 i a] pos ja P. 100 er agradaz s’e·us] era gradaz se·us A. 102 volses] volsez AP. 106 beltaz] beltat AP. 108 no·m podez] no·n podem A. 110 sitot] si tot A. 117 beltaz] beltat AP. 119 maldit] mal dit A. 124 es] ez AP. 125 mirail] miraill A. 126 toz] tot A. 127 qi·os] qi·us P. 128 saphaz] sapchaz AP. 133 mi·n] m’en P. 134 negus] negun P; no n’aia] no·n aia A, non aia P. 136 es] ez AP. 138 es] ez AP. 139 asaz] azaz A. 141 si eu] s’ieu P. 143 no·us o auria] no vos auria A, no vos avria P. 148 sapchaz] sapchatz A. 151 cho] so P. 155 si n’auria] si·n auria A. 161 parta] partam P. 162 non] no·n A. 163 plaideiarei] plaidejaz re P. 164 metessa·n] metessa·m P. 166 mes be] mesbe P. 167 ren dir] rendir P. 168 vos] nos P. 169 non] no A. 176 Deus] Dieus P. 177 receup] recep AP. 179 mespres] n’es pres A. 180 de meiz morç] de-meiz-morç A. 185 si·os] si·us P. 187 dolz’amia] dolz amia P.
Note testuali
13-14. ‘io ho amato bene un’altra volta (cioè: prima di adesso) | verso un’altra parte dove c’era freddo (cioè: un’altra donna [cfr. v. 96] indifferente)’.
19-20. Il rimante preon e la clausola no sai don sembrano evocare la ‘canzone dell’allodola’ di Bernart de Ventadorn (BdT 70.43, vv. 22, 56 e 58), probabilmente dedicata a Raimbaut d’Aurenga sotto il senhal Tristan.
45-48. Accogliendo la lezione del ms. «Car si sol a mort n’estorzia» (v. 45), Appel si limitava a citare in nota il verso «Car sui estortz a mal’amor» di Uc de Saint Circ (BdT 457.4, v. 5), dove il verbo estorser sta evidentemente per ‘se sauver, échapper’ (PD; cfr. anche PSW estorser 4). Pattison (1952: 150 n. 45) obietta giustamente che «the whole passage, before and after this line, demands just the opposite sense», ma propone, «although hesitantly», un diverso significato per l’etimo extorquere (magari incrociato con intortuare) che si sarebbe conservato nell’esito occitano: ‘to put to torture’; modifica quindi il testo in m’estorzia (inteso alla 3ª pers. e retto da Amors 41) per poter finalmente tradurre il distico: «for if he only tortured (?) me to death I should never complain so loud» (p. 146). All’ipotesi dell’editore americano, indimostrabile dal punto di vista semantico, si oppone l’interpretazione data da Schultz-Gora: «wenn ich nur auf dem Wege des Todes daraus (d.h. aus meiner Lage) herauskommen könnte, so wäre das noch nicht das Schlimmste (denn jetzt muss ich Schlimmeres als den Tod ertragen)» (1929: 146). Contrariamente a quanto afferma Pattison («Schultz-Gora agrees in general with my version»), la parafrasi del filologo tedesco è aderente alla sintassi e soprattutto all’unico significato del verbo occitano: si confronti in proposito questo luogo del Jaufre, citato in PSW, dove un’alterata Brunesentz urla contro il proprio siniscalco: «E dis que: “Fort er car conprat; | que non i a negun tan fort, | que ja n’estorça meintz de mort, | qu’ieu no·l fasa cremar o pendre”» (vv. 4128-4131: ed. Charmaine Lee, Rialto). In particolare, va precisato che nel sintagma a mort 45, la prep. ha funzione circostanziale di maniera (Jensen § 693). La traduzione letterale dei quattro versi è dunque: ‘se potessi uscirne soltanto con la morte | non mi lamenterei così tanto, | perché chi vive sempre nel dolore | ha peggio della morte, se non lo si soccorre’ (nella clausola «qi no·l secor» il pronome qi è naturalmente – ma Pattison se lo domanda – «relatif sans antécédent» con funzione analoga al lat. si quis: Jensen § 337).
91-96. La tendenza all’articolazione metrico-sintattica induce a leggere questo passo in maniera diversa da Appel (e conformemente a Pattison, che non giustifica però la sua lettura). L’editore tedesco poneva un punto fermo dopo il v. 93 (spezzando il distico), e intendeva quindi i vv. 94-96 come un’interrogativa diretta: «Würdet Ihr nicht darin etwas gerechtes tun, dass, wenn Ihr mich nicht lieben wollt, ich mich nach anderer Seite hin wenden koennte?» (1928: 369 n. 94). A monte di questa scelta (che genera fra l’altro un’improbabile ridondanza semantica nel periodo 91-93) sta l’errata interpretazione del segmento «Qeseu» (v. 93), letto qes eu (dove qes è la cong. qe + consonante eufonica) dall’Appel. Leggendo piuttosto qe s’eu (ipotesi confortata dal fatto che nella grafia del ms. la consonante eufonica dopo e e qe è sempre notata -z) si conferisce compiutezza sintattica al distico 93-94, entro cui s’informa il periodo ipotetico «qe s’eu vos pogues voler mal | nos fora alqes comunal» (la lezione foiraz [o foiram?] del ms. è errore paleografico analogo a partaz/-m = parta 161). A questo s’aggancia il successivo (e altrettanto sintatticamente compiuto) distico per mezzo del pron. indef. prolettico d’aitan 95. Tradurremmo così il passo in questione: ‘Mi addolora che io non posso volervi male, poiché amore non me lo permette; se io potessi volervi male ci sarebbe per noi qualcosa di equo in questo, che se non voleste amarmi, io potrei rivolgermi altrove (cioè: verso un’altra donna)’.
111-140. «Ueberraschend ist die Erklärung des Trobadors, dass er seine Dame ihrer Schönheit wegen nicht loben wolle. Er versichert ihr vielmehr in keckem Uebermut, man lüge sie an, wenn man zu ihr von ihrer Schönheit spreche. Sie sei hässlich und schwarz wie eine Mohrin, nur für ihn sei sie schön» (Appel 1928: 371). Nell’ironico ribaltamento del topos del cors blanc Appel riconosceva giustamente l’originalità di un «geschickten und espritvollen Verfasser», in linea con la possibile attribuzione a Raimbaut d’Aurenga. In effetti, nei tanti vigorosi traits d’esprit balenanti nelle canzoni del trovatore, o che di esse costituiscono il fondamento poetico (si pensi al gap BdT 389.20, al no-say-que-s’es 389.28 o al geniale anti-gap 389.31) si riconosce un simile esilarante sarcasmo contro gli stereotipi letterari della lirica cortese. Secondo Pattison, «Literary satire is evident in a number of poems. Sometimes it takes the form of a direct attack […] But satire is much more subtle when it takes the form of a parody, making a caricature of the thoughts and style of a predecessor. Or the humor can be effected by taking precisely the opposite stand from that assumed by a predecessor» (1952: 57). L’editore arriva a concludere che, nel canzoniere rambaldiano, «Humor and love are the two principal themes; only occasionally do we have some other subject» (1952: 59).
153-172. Per dieci distici si spiega un’articolata metafora giuridica in cui l’autore fa sfoggio di tecnicismi legali: almeno tort 153, s’en razonar 154 ‘difendersi’ e razos 155, ochaisos 156 ‘capi d’accusa’, contrastar 158 ‘contestare’, plaides 160 ‘avvocato’, conten 161 ‘controversia’, plaideiar per leich 163 ‘intentare un processo legale’, prendre dreich 164 ‘ricorrere alla giustizia’, traire guiren 172 ‘convocare un testimone’; forse anche durar 157 ‘resistere’ e convertir 168 ‘convincere’ (cfr. PSW s.vv. e Appel 1928: 370 n. 164). Pattison constata in proposito come il conte d’Aurenga fosse «addicted to such phraseology» (1952: 150): fra i cinque luoghi menzionati (a p. 57 n. 1), BdT 389.13, vv. 1-7 (fraitura e faillimen) e 389.10a, vv. 1-2 (blasman) non mi sembrano però molto perspicui, mentre sono da aggiungere i riscontri fatti alla nota precedente. L’editore adduce inoltre le seguenti riflessioni: «Raimbaut himself was a judge by the mere fact that he was a feudal lord. He also had spent at least part of his youth in Montpellier, even then a noted center of legal studies. I believe that the relatively large number of figures based on the law indicates that Raimbaut had more than a passing interest in the subject. Here again we have a bond between Raimbaut and the learned world of his time» (p. 57).
160-162. Accolgo la soluzione di Appel (1928: 370 n. 160), che legge parta 161 con sogg. plaides 160 e interpreta: «Ich will keinen Anwalt, der uns in Hinsicht dieses Streites schiede, denn er weiss nichts von meinem Sinn». Schultz-Gora (1929: 147), attenendosi alla lezione del codice (no·s [= no·us] partaz) intende invece: «Ich will zwischen uns keinen Anwalt außer uns zweien (d.h. nur wir beide sollen dabei sein), in der Art, daß Ihr diesen Streit nicht verlasset, denn niemand kennt mehr (als Ihr) meinen Sinn». Pattison (1952: 148), infine, legge nos partam e isola sintatticamente il distico 161-162 per tradurlo: «Let us never give up this suit for I have no other way to express my desire». Come si vede, la spiegazione del v. 162 risulta forzata presso Schultz-Gora (res mais non sap ‘niemand kennt mehr’), mentre è difficilmente accettabile quella di Pattison (‘I have [?] no other way to express [?] my desire’).
Testo: Francesco Carapezza, Rialto 28.v.2002.
Ms.: G 122r.
Edizione diplomatica: Giulio Bertoni, Il canzoniere provenzale della Biblioteca Ambrosiana R. 71 sup., Dresden 1912, pp. 401-406.
Edizioni critiche: Carl Appel, «Der Liebesbrief Raimbaut’s von Orange», in Mélanges de linguistique et de littérature offerts à M. Alfred Jeanroy par ses élèves et ses amis, Paris 1928, pp. 361-374; Walter T. Pattison, The Life and works of the Troubadour Raimbaut d’Orange, Minneapolis 1952, p. 146; Francesco Carapezza, «Raimbaut travestito da Fedra (BEdT 389.I). Sulla genesi del salut provenzale», Medioevo romanzo, 25, 2001, pp. 357-395.
Altra edizione: Wilhelm Grützmacher, «Bericht an die Gesellschaft für das Studium der neueren Sprachen in Berlin über die in Italien befindlichen provençalischen Liederhandschriften», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 35, 1864, pp. 100-110, alle pp. 105-107 (edizione semi-diplomatica).
Metrica: a8 a8 b8 b8 … (cfr. Frank, vol.II, p. 213).
Rimario
Le rime sono ordinate secondo il timbro vocalico (nel caso di dittongo si considera l’elemento accentuato). Le uscite rimiche (rimemi) sono ordinate alfabeticamente; una doppia barra separa quelle maschili da quelle femminili. I rimanti (in corsivo) sono disposti in ordine di apparizione all’interno del testo.
A: ai ai : razonarai (153-154), plai : sai (173-174); aill miraill : faill (119-120); ait plait : atresait (145-146); al val : al (67-68), mal : comunal (93-94), val : mal (169-170); als mortals : mals (27-28); an enian : afan (15-16), enan : peiuran (79-80), an : dan (143-144); ar amar : aiudar (65-66), amar : virar (95-96), durar : contrastar (157-158); art part : esgart (51-52); au lau : mentau (111-112); aut chaut : baut (25-26); az respondaz : aiaz (7-8), cuiariaz : fussaz (115-116), crezaz : siaz (121-122), plaz : aiaz (185-186) // ada enseignada : nafrada (49-50); ana vilana : sana (41-42).
È: èl bel : revel (89-90); (i)èr premier : sobrier (77-78), menzonger : enter (125-126); èrt cert : pert (151-152); èt toqet : intret (17-18); èu leu : greu (9-10), eu : Deu (149-150); èz avez : tenez (117-118), vezez : crezez (123-124) // èlla bella : niella (135-136).
É: éi vei : estei (33-34); éich destreich : freich (23-24), veich : endreich (71-72), leich : dreich (163-164); é(n) re : be (3-4 127-128 147-148 165-166), talen : presen (31-32), re : me (97-98), escien : sen (113-114), conten : talen (161-162), chausimen : guiren (171-172); é(n)s mespres : pes (179-180); ér voler : poder (91-92), ver : tener (101-102), ver : poder (133-134); és ges : agues (105-106); éz vez : frez (13-14) // éia veia : esteia (75-76); éndre contendre : defendre (63-64); énta genta : atalenta (139-140).
I: i mi:aici (39-40); ic predic : dic (137-138); ics amics : enics (1-2 109-110); ir garir : blandir (61-62), garir : conssir (69-70), aucir : morir (83-84), escharnir : mentir (129-130), dir : cossir (141-142), dir : convertir (167-168); it escrit : dit (5-6), garit : ferit (53-54) // ia estorzia : plagneria (45-46), vezia : peiuraria (81-82), amia : mia (107-108), amia : aucia (187-188); ida vida : cobida (103-104); ina mezina : fina (57-58); ire mentire : dire (131-132), dire : conssire (183-184); isa guisa : devisa (37-38), iure viure : liure (85-86).
ò: (u)òill orguoill : voill (99-100); òl dol : sol (73-74), fol : col (87-88); òr cor : dimor (29-30); òrt fort : mort (43-44), mort : tort (59-60) // òra fora : acora (55-56).
Ó: ón preon : don (19-20), perdon : lairon (175-176); ó(n)s razos : ochaisos (155-156); ór dolor : secor (47-48); órs amors : dolors (21-22); ós vos : fos (11-12), vos : dos (159-160), vos : pros (177-178) // ómde comde : domde (181-182).
U: ui lui : fui (35-36).
Nota: Salut. Per la questione attributiva, vedi la Premessa.