Cobla anonima di argomento osceno-scatologico, ultimo componimento del florilegio che chiude il canzoniere G[1]. Si allinea, per stile e contenuto, al manipolo (che difatti la precede nel ms.) delle famigerate quattro coblas contraffatte su modelli lirici cortesi[2], a suo tempo edite dall’Appel (1898). Il particolare schema prosodico (distici di senari), inusitato per una strofa di canzone, sembrava tuttavia confutare l’ipotesi di contraffattura parodica anche per la nostra[3]. In realtà, non s’era cercato nel giusto posto. La spregiudicata creazione dell’Anonimo non riproduce infatti una cobla (isolata o di canzone che sia) bensì, come del resto la sua tipicissima metrica a rime baciate poteva far sospettare, i versi d’apertura di un capitoletto dell’ensenhamen di Garin lo Brun (ca. 1150), trasmessoci dallo stesso G (239) e da N[4]. Il riscontro, oltre ad avallare l’integrazione della sillaba d’attacco proposta da Pillet e accolta poi da Kolsen (e Sansone), ci permette di fruire del testo al suo originale livello parodico[5] che, legittimandone il contenuto, ne aumenta l’interesse letterario ed acuisce il significato misogino: l’antico poemetto didattico è difatti, col Bartsch, una «Unterweisung für eine Dame aus ritterlichem Stande, wie sie in allen Lebensverhältnissen sich zu benehmen habe»[6].
[1] Escluse le aggiunte fascicolari al libro originario (cc. 1-130).
[2] BdT 461.82 (G 253) su una cobla anonima, 461.202 (G 254) su Bernart de Ventadorn, 461.75 (G 255) su Peirol, 461.35 (G 256) su Folquet de Marselha: tutte attestazioni uniche eccetto la seconda (in J). I testi parodiati sono anch’essi, significativamente, presenti nel codice (rispettivamente G 252, G 022, G 092 e G 002).
[3] «Lo schema è d’attestazione unica, per cui forse è da escludere che si tratti di un contrafactum» (Sansone 1992, p. 102n.).
[4] La paternità del poemetto, adespota in entrambi i codici, si desume dal Breviari di Matfre Ermengau, che cita il testo a più riprese attribuendolo a «G(u)ari lo Bru» (BdT 163): cfr. Reinhilt Richter, Die Troubadourzitate im «Breviari d’amor». Kritische Ausgabe der provenzalische Überlieferung, Modena 1976 (Subsidia al Corpus des Troubadours, 4), pp. 254-65 e Laura Regina Bruno (ed.), Garin lo Brun, L’ensegnamen alla dama. Edizione critica, traduzione e commento, Roma 1996 [= Regina], pp. 38-39. Per la datazione alta si veda da ultimo Regina, pp. 23-25.
[5] Secondo auspicava Sansone 1992, p. 140, commentando la cobla: «È prova di non grande effetto e forse alquanto estemporanea, che, ove fosse contrafactum, potrebbe guadagnarne, perché il procedimento caricaturale e deformante gli conferirebbe maggiore spessore».
[6] Karl Bartsch, Grundriss zur Geschichte der provenzalischen Literatur, Elberfeld 1872, § 33, p. 50. La definizione del pioniere della filologia occitana e primo studioso di Garin («Garin der Braune», Jahrbuch für romanische und englische Literatur, 3 [1861], pp. 399-409) sembra parafrasare la vida del trovatore: «Garins lo Bruns … fo ama‹es›traire de las domnas com deguesson captener» (Gastone Favati, Le biografie trovadoriche, Bologna 1961, p. 23 con l’intelligente correzione di Emil Levy [ZRPh 15, 1891, pp. 587-88, a p. 587]: cfr. Regina, p. 23).
Ms.: G (130v).
Edizione diplomatica: Giulio Bertoni, Il canzoniere provenzale della Riccardiana n° 2909, Dresden 1905, p. xlv, n. 1 [= Bertoni 1905]; id., Il canzoniere provenzale della Biblioteca Ambrosiana R. 71 sup., Dresden 1912, p. 437 [= Bertoni 1912].
Edizione critica: Adolf Kolsen, «Zwei provenzalische partimen und zwei coblas», Studi medievali, n.s., 12, 1939, pp. 183-191, alle pp. 189-190 [= Kolsen].
Altra edizione: I trovatori licenziosi, a c. di Giuseppe E. Sansone, Milano 1992 [= Sansone 1992], pp. 102-103 (testo Kolsen).