Cobla anonima basata sullo svolgimento semantico, immediatamente traslato nella sua dimensione cortese, di una paretimologia di amia[1]. Il sostantivo si immagina infatti composto da a, presentata quale interiezione funzionalizzata come segno di sconforto, e da mia[2], possessivo con funzione identificativa del legame, cortese, che lega l’io lirico alla donna amata, attraverso le specificazioni, rette da m’aves, servidor e amador.
Il testo era già stato edito da Kolsen, che, non avendone compreso l’impianto, l’aveva largamente rimaneggiato e reso inoltre monometrico (tutti ottonari), inducendo forse in errore anche Frank[3].
Ms.: P 61v.
Edizione diplomatica: Edmund Stengel, «Die provenzalische Liederhandschrift Cod. 42 der Laurenzianische Bibliothek in Florenz», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 50 (1872), pp. 240-284, alla p. 276.
Edizione critica: Adolf Kolsen, Beiträge zur altprovenzalischen Lyrik, Firenze 1939 (Biblioteca dell’Archivum romanicum, 27), pp. 217-218.
Altra edizione: Costanzo Di Girolamo, «Pir meu cori allegrari», Bollettino del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, n. 19, 2001, pp. 5-21, a p. 15.
[1] Si ricordi almeno il caso simile di Peire Milo, in una cobla basata sulla paretimologia di amor, contenuta tra l’altro proprio in P, pubblicata in Carl Appel, «Poésies provençales inédites tirées des manuscrits de l’Italie», Revue des langues romanes, 39, 1896, pp. 177-216, a p. 193, e di cui ora si attende l’edizione a cura di Luciana Borghi Cedrini:
En amor trob pietat gran,
e·l diz un pauc en sospiran,
car la prima lettra d’amor
apellon A, e nota plor,
e las autras qi apres van
M O R, et en contan
ajostas las, e diran: mor.
Donc qui ben ama plangen mor;
d’amor mor eu plangen tot l’an;
si pens fassan li autre fin aman.
[2] Un’altra possibile interpretazione è quella di Borghi Cedrini (in Di Girolamo 2001, p. 15), che pensa piuttosto ad una lettura mi a, peraltro giustificabile pensando ad una forma simile in Cerveri de Girona (P. -C. 434a.59, 55), proprio in rima con amia.
[3] Si confronti l’edizione Kolsen (dove i corsivi dell’editore indicano ogni tipo di intervento sulla lezione del ms.):
Dompna, s’ieu vos clamei amia,
Eu non o dis jes de follor;
Car eu non dic qe siaz mia
Ni non pois dir aitan d’onor.
Pero eu be·us apel amia
Per vos planger de ma dolor,
Amia; car per servidor
M’aves ja e per amador
Senes cor fals ni tricador!