I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
I. Per buon senso di natura, a mia conoscenza, deve parlare bene della malevolenza chi parla male d’amore; perché sembra folle chi crede a quello che parla bene del male, e quando questi allo stesso modo parla male del bene, se uno teme il suo biasimo e desidera la sua lode fa qualcosa senza senso, perché la lode non gli arreca vantaggio né il biasimo danno.
II. Aiuta e nuoce poco alle parole di un uomo, a mio avviso, il fatto che non abbia vergogna né paura di sbagliare. Non lo aiuta né nuoce per niente con me e neppure tra le persone sagge, perché colloco in lui stesso il danno di colui che mente; e una maldicenza falsa è lodevole – così mi pare – e un elogio falso è biasimevole, perché procede dall’inganno.
III. E colui che dice che credeva che colui che comincia male finisce bene, dice qualcosa di errato e parla contro se stesso. Dunque, è necessario che un buon inizio abbia una cattiva fine? In lui sembra proprio vero, perché nel cantare parlò bene d’amore all’inizio e molto male alla fine.
IV. Poiché dopo [averne parlato] bene ne parlò male, fece una grande follia; ma una maldicenza falsa procede da un falso dicitore. Dunque non sbaglia, anzi è appropriato perché dice ciò che lo riguarda, in quanto l’uomo falso sbaglia dicendo la verità e l’uomo sincero sbaglia mentendo, e in quanto l’uomo falso sbaglia mostrando lealtà allo stesso modo che l’uomo sincero sbaglia quando va fuori strada.
V. Io so che una donna sincera viene da Piacenza [= è piacevole], ma si trova a Valenza [= ha in sé il valore] per custodire meglio San-Fiore [= il fiore, le migliori qualità] e Mirabello, che possiede [= la bella vista, la bellezza che possiede], e Cortezo [= la cortesia], grazie al quale guadagna senza riserve Benevento [= buona accoglienza o benevolenza, amore] e Bel-gioco [= il bel divertimento, il sollazzo] e tiene il governo di Garda [= compostezza, prudenza] e Verona [= verità oppure virtù] ed è stata battezzata il giorno di San Giovanni [= “si chiama Giovanna”, oppure “è posta sotto il segno di gioia o giovamento”].
VI. Per quanto gli altri si agitino e stiano tramando, Malaspina sta saldo come un palo.
21-30. Il bersaglio polemico è la cobla III di Greu feira nuills hom faillenssa (BdT 155.10) vv. 28-36: «Mas eu avia plivenssa, / tant quant amei follamen, / en aisso c’om vai dizen: / ben fenis qui mal comenssa; / don eu avia entendenssa / que, per proar mon talen, / m’acsetz mal comenssamen; / mas er conosc a presenssa / que totz temps m’agra tenenssa». Cfr. Stroński, Le troubadour, pp. 60*-61*; Shepard-Chambers, The Poems, p. 196; Mancini, «Aimeric de Peguilhan»; Squillacioti, Le poesie di Folchetto, § 3.2.2.1.1; Caïti-Russo, Les troubadours, pp. 234-235.
41-50. Tutti i toponimi della cobla V devono essere intesi in senso metaforico, secondo una moda iniziata da Peire Vidal in Tant an ben dig del Marques (BdT 364.47) come mostrato da Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, e chiarito definitivamente da Frank M. Chambers, «The Lady from Plazenza», in French and Provençal Lexicography. Essays Presented to Alexander Herman Schutz, Columbus 1964, pp. 196-209 e Anatole Pierre Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Bagatto, Roma, 2002, pp. 122-126. Si tratta di un gioco di parole in cui i toponimi non possono essere presi alla lettera (nessuna dama potrebbe possedere tutte queste località), ma valgono per il loro significato etimologico. Nella traduzione il senso metaforico è indicato tra parentesi quadre come già in De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, p. 234. Quanto alla localizzazione dei toponimi, per alcuni vi sono varie possibilità a seconda che si pensi a luoghi italiani o transalpini, e forse anche questa ambivalenza è volontaria: Plazensa è Piacenza o Plaisence (Tolosa o Aquitania); Valensa può essere Valenza sul Po o Valence sul Rodano; Sanhflor Saint-Flour in Alvernia o San Fiore nel Trevigiano o altri ancora; Mirabel Mirabello presso Pavia o Ferrara o in Monferrato o Mirabeau presso Aix-en-Provence; Cortezo Cortazzone nell’Astigiano o Courthézon in Provenza; Benaven Benevento in Campania o uno dei vari Bénévent/Benaven francesi; per Belhjoc si ha Beaujeu in Francia e nessun riscontro in Italia; Guarda è toponimo diffuso ovunque; Verona è la città italiana. Sulla domna leyal che ·s bateget lo jorn de sant Johan si vedano le Circostanze storiche.
52. Malespina: cfr. Circostanze storiche.
Edizione: William P. Shepard - Frank M. Chambers 1950; traduzione e note: Giorgio Barachini. – Rialto 25.i.2020.
A 138v, B 84v, C 89v, D 70r, Dc 246v, E 80, Fa 59, G 39r, I 55v, K 41v, M 89r, N 159v, Q 13v, R 50v, U 39r, T 94r, c 56r, alfa 28393-28402, 28034-28039; era nel ms. di Bernart Amoros al f. 111.
Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1890, p. 325 (vv. 35-40, cobla del ms. T); Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, p. 35 (cobla V); William P. Shepard - Frank M. Chambers, The Poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston (Illinois) 1950, p. 193; Reinhilt Richter, Die Troubadourzitate im “Breviari d’Amor”, Modena 1976, p. 176; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 234.
Altre edizioni: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, I, p. 49 (B), IV, p. 69 (E), p. 69 (C); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, I, p. 233 (coblas I, V, VI; testo C di Mahn); René Lavaud, Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), Toulouse 1957, p. 558 (vv. 35-40, testo Appel).
Metrica: a6 b6’ b6’ c6 d6 d6 e6 e6 f10 f10 (Frank 751:2). Rime: -al, -ensa, -or, -e, -en, -an. Canzone di cinque coblas unissonans di dieci versi e una tornada di due versi. La forma metrica è un unicum.
La canzone si colloca tra gli anni Dieci e gli anni Venti del Duecento, ma mancando elementi di datazione stringenti, nonostante numerose e divergenti ricostruzioni, non è possibile precisarne la data di composizione (si vedano le Circostanze storiche). – Il testo stigmatizza nelle prime quattro strofe un vizio di logica e di razionalità (razon natural), cioè il parlare insieme bene e male di un argomento, in particolare dell’amore. Tale atteggiamento è considerato contraddittorio e quindi illogico e irrazionale. Il bersaglio polemico (probabilmente non l’unico) è Folquet de Marselha, come rilevava già Stanisław Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, pp. 60*-61*, in particolare il testo Greu feira nuills hom faillenssa (BdT 155.10), databile agli anni 1188-1192: Aimeric vuole «polemizzare a distanza di tempo con i contenuti anti-amorosi di FqMars» (Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Nuova edizione riveduta e aggiornata, «Corpus des Troubadours» 2009, § 1.3.2). La polemica, che si collegava al testo di Folquet forse grazie a qualche ripresa di tipo performativo, si indirizza soprattutto contro la cobla IV contestata apertamente nella nostra cobla III (cfr. Squillacioti, Le poesie di Folchetto, § 3.2.2.1.1 e ivi citato Mario Mancini, «Aimeric de Peguilhan, “réthoriqueur” e giullare», in Il Medioevo nella Marca: trovatori, giullari, letterati a Treviso nei secoli XIII e XIV. Atti del Convegno (Treviso, 28-29 settembre 1990), a cura di Maria Luisa Meneghetti e Francesco Zambon, Treviso 1991, pp. 45-89).