Quanto alla signora di rango, voglio
che abbia un po’ d’orgoglio:
non per tracotanza,
ma per un bel contegno,
nonché per intimorire
le persone malvage;
parole e atti amorevoli
che si accompagnino ad un piglio orgoglioso
devono essere ammirati
se si riesce a trovarli insieme (nella stessa persona).
369 De] -e (manca l’iniziale miniata) N
370 petit] pauc N
371 per] es N
372 per bella] es gruzers N.
374 malvaza] malavaza.
[369]. Come già accennato, i vv. 369-370 furono allineati dal copista del canzoniere N a qualche mm dal margine del rigo di scrittura, per consentire al miniatore di inserire un’iniziale come segnale d’inizio di un nuovo paragrafo. Ora, questa iniziale (forse in ragione della posizione del distico in fondo alla col. 7b, per cui la rientranza passò inosservata) non venne mai eseguita. In altre parole, il verso in questione è acefalo della lettera iniziale in N, sicché la lezione E bona domna (messa a testo da Appel, Sansone e Regina, che pure argomenta la sua scelta in nota) in realtà non esiste. Già soltanto il riscontro dello stesso verso nella cobla contraffatta (seppure proprio la sillaba d’attacco, come si è visto, vi sia assente) avrebbe potuto far tentennare l’ipotesi degli editori. In particolare, Regina giustifica la supposta alternativa di N, ossia la cong. e d’esordio (già di per sé facilior), come tipico espediente «per staccare i diversi elementi della narrazione e collocarli in progressione lineare» (p. 168): tale espediente non avrebbe però alcun senso nella strofa isolata e modellata sul brano narrativo. Ancora, sempre tenuto conto del particolare caso di tradizione indiretta offerto dalla contraffattura, avremmo dovuto respingere l’ipotesi di Maurizio Perugi (presso Regina, p. 168) basata sulla ‘falsa’ lezione di N (E = En: «Nella dama perfetta ci sia…») poiché sintatticamente inammissibile nella cobla, dove aia 2 è ausiliare e non può stare per ‘ci sia’. Tutti i ragionamenti cadono di fronte all’evidenza di un banale fatto materiale, la cui svista, comprensibile presso il primo editore (che probabilmente non vide il codice, allora conservato a Cheltenham, ma lavorò su trascrizioni altrui, come ammette esplicitamente nella sua edizione di Bernart de Ventadorn: «Die Stücke aus N sind von Herrn Dr. W. Friedmann für mich abgeschrieben» [Bernart de Ventadorn, Seine Lieder mit Einleitung und Glossar, hg. von C. Appel, Niemeyer, Halle a/S. 1915, p. ii]), fu verosimilmente ereditata dai successori. Nel verso acefalo di N si dovrà a questo punto riconoscere la lezione attestata da G: la prep. De introduce qui, anticipandolo enfaticamente, il sogg. della completiva: «Utilisée au sens de ‘en ce qui concerne, quant à, à propos de’, la préposition de sert fréquemment à mettre en relief le sujet d’une proposition dépendante, permettant de l’énoncer par anticipation dans la principale» (Jensen, § 852). Lo stesso ragionamento è ovviamente valido per il calco parodico della cobla.
[372]. Riguardo la lezione gruzers di N, Maurizio Perugi ha osservato (presso Regina, p. 170) che potrebbe trattarsi del comparativo sintetico occitano greugers < gravior + s, nel senso qui di «più severo, distaccato (contegno)», adattato alla scripta norditaliana del copista. Difficile stabilire se questa apparente difficilior sia da riferire all’autore del poemetto, oppure se essa sia stata introdotta dalla tradizione: Regina ammette che il copista di (ma meglio la tradizione che fa capo a) N «tende ... ad intervenire intelligentemente ... sui luoghi guasti (reali o presunti tali)» (p. 47). La scelta si complica per la tradizione bitestimoniale di Garin. Dal momento che «statisticamente l’attestazione binaria non offre possibilità oggettive di scelta fra le lezioni adiafore», Contini insegna: «A evitare ogni arbitrio, e in particolare la cavillosità che suole regnare sovrana nello stabilire le difficiliores, bisognerebbe dare una doppia edizione (almeno virtuale) depurata dagli errori singoli, purché di erroneità inconcussa» («Filologia», in Breviario di ecdotica, cit., pp. 3-66, alle pp. 35-36). Coerentemente alla nostra adozione di G come base, non accogliamo dunque la lezione dell’altro codice a testo, osservando che la forma gruzers (nominativo) è grammaticalmente corretta nel contesto di N («es gruzers scenblança»), mentre andrebbe declinata al caso obliquo (*gruzor < graviore) per potersi adattare al contesto sintattico di G («per *gruzor senblanza»): un intervento editoriale dalla liceità senz’altro discutibile, oltreché non dimostrabile dal punto di vista formale.
[377]. La lezione di G è corretta e non emeraviglar come si legge in apparato all’ed. Regina, p. 85.
G (123v-127v: rr. 124d8-17), N (4r-9v: rr. 7b26-c8).
Edizioni critiche: Carl Appel, «L’Enseignement de Garin le Brun», Revue de langues romanes 33, 1889, pp. 404-432 [= Appel]; Giuseppe E. Sansone, «Garin lo Brun. Insegnamento alla dama», in Testi didattico-cortesi di Provenza, Bari 1977, pp. 41-107 [= Sansone 1977]; Laura Regina Bruno (ed.), Garin lo Brun, L’ensegnamen alla dama. Edizione critica, traduzione e commento, Roma 1996 [= Regina].
L’editore Regina, sulle orme di Appel e Sansone, sceglie N come ms.-base a causa principalmente delle «diffuse lacune» del codice ambrosiano, e nonostante l’esplicita ammissione che «G si mostra più rispettoso del modello e conserva non poche lectiones difficiliores» (p. 47). La recensio viene comunque tenuta aperta. Nel passo in questione, si preferisce la lezione di G ai vv. 371-372, mentre è mantenuto pauc 370 forse anche in ragione della dialefe (figura metrica possibilmente ma non meccanicamente foriera di diffrazione) fra aia e un.
Il modello di contraffattura della cobla sono dunque i vv. 369-378 di Garin lo Brun, El termini d’estiu (BEdT 163.I [BdT, pp. 137-138]). Essi costituiscono, in entrambi i codici latori (GN), l’attacco – segnalato graficamente – di un’unità narrativa interna: nel ms G il v. 369 è preceduto da un pied de mouche in rosso, mentre nel codice N esso è rientrato rispetto al rigo di scrittura, in previsione di un’iniziale miniata che non fu però eseguita. Quest’ultimo dato materiale, passato inosservato a tutti gli editori, ha conseguenze non irrilevanti sulla ricostruzione testuale sia del modello che della contraffattura (cfr. nota al v. [369]).
Tenuto conto del passo tràdito dai due canzonieri, si è tentati di supporre che l’autore della cobla abbia conosciuto una redazione dell’ensenhamen diminuita dei vv. 371-374, la cui omissione non inficia la sintassi né il senso del periodo, rendendo anzi l’esatto schema rimico dei primi 6 versi della cobla. L’ultimo suo distico (in -ul) non compare invece nel modello, ma è possibile che esso sia stato forgiato espressamente dall’Anonimo, cui serviva quella precisa rima difficile per poter chiosare con l’‘effetto’ d’una coppia di rimanti emblematici la strofa (mul : cul): cfr. Sinossi.
Riportiamo più sotto il testo critico dei dieci versi estrapolati dal poemetto sulla base del ms. G, con le varianti sostanziali nella seconda fascia di apparato (la prima registra l’unica lezione metricamente incongrua del ms.-base).