Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
434.
7a
Cerveri de Girona
Entr’Arago e Navarra jazia
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Cerveri de Girona
Entr’Arago e Navarra jazia
434.
7a
Trad. it.

I. Tra Aragona e Navarra mi trovavo in una casa dove addosso mi pioveva e v’erano lampi e tuoni e vento e pioggia; ma poi fu bello quel che dormendo vidi, di modo che colei che mi inviava il suo messaggero per nulla direbbe il contenuto [del sogno].

II, Vidi allora una visione per la quale provavo gran gioia: era il vespro d’Ognissanti ed io dormivo; in dono chiederò a madonna che mi dica se in quel tempo di me si ricordava. Ahimè, perché non sono là dove tanto gentilmente si veste a cantarle quel che io solevo?

III. L’altro giorno ero prigioniero nella camera di madonna; cento e più volte tanto gentilmente mi baciava che neppure si fermava; e ci sorprese una [donna] che là mi osservava, ma non per questo smetteva di baciare; anzi, dico che per nulla noia le dava.

IV. Ora ascoltate di che cosa la pregavo: che tanto mi baciasse, ché così mi faceva onore, fino a stancarmi; ma non avrei ammesso che potesse an­noiarmi, anche se avessi dovuto sopportarlo per sempre. Avessi sempre tro­vato ripari tanto cortesi! […]

V. Ahimè, persona cortese! Se, così come quando dormivo, prima d’un mese, preso da sveglio, potessi essere felice.

Testo

Edizione: Marco Grimaldi 2008; traduzione e note: Marco Grimaldi. – Rialto 10.xii.2010.

Mss.

Sg 33r.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizione diplomatica: Francesco A. Ugolini, «Il canzoniere inedito di Cerverì di Girona», Atti della Real Accademia Nazionale dei Lincei. Memorie, s. 6, 5, 1936, pp. 513-683, a p. 667

Edizioni critiche: Martín de Riquer, «Treinta composiciones del trovador Cerverí de Girona», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 18, 1945, pp. 59-147, a p. 129 (XXII); Martín de Riquer, Obras completas del trovador Cerverí de Girona, Barcelona 1947, pp. 42-43 (XV); Cerverí de Girona, Lírica, a cura de Joan Coromines, 2 voll., Barcelona 1988, vol. II, pp. 206-211 (XCVI); Marco Grimaldi, «Cerveri de Girona, Entr’Arago e Navarra jazia (BdT 434.7a)», Lecturae tropatorum, 1, 2008.

Metrica e musica

Metrica: (a)b4+6’ (a)b4+6’ (a)b4+6’ (a)b4+6’ (a)b4+6’ (a)b4+6’ (Frank 230:4). Nel manoscritto si leggono quattro coblas doblas formate da sei decenari a minore, eccetto l’ultima che conta invece sette versi. Sembra necessario ipotizzare la caduta di un verso nella quarta cobla (cfr. Kurt Lewent, «Thoughts on lo sopni que fetz en Cerveri», in Estudis de literatura catalana oferts a Jordi Rubió i Balaguer en el seu setanta-cinquè ani­versari, 2 voll., Barcelona 1962 [Estudis romànics, 10], vol. I, pp. 1-15, alle pp. 12-13). Si separano quindi gli ultimi due versi a mo’ di tornada. Si avrà così una struttura di quattro coblas di sei decenari con rima interna, più una tornada di due versi con normale ripresa di rime dall’ultima cobla.

Informazioni generali

Nel testo non compaiono riferimenti storici precisi. Tuttavia, dal punto di vista stilistico e formale, BdT 434.7a risulta affine al gruppo delle pastorelle di Cerveri (in particolare BdT 434.7b, BdT 434.7c e BdT 434.9a), la cui composizione è situabile attorno al 1276; d’altro canto, nel canzoniere Sg i testi sono trascritti a poche carte di distanza, in una sezione terminale che raccoglie componimenti brevi ed eterogenei dal punto di vista metrico e stilistico. Con tali testi BdT 434.7a condivide innanzitutto la forma dell’incipit, cui si associa una precisa determinazione geografica, abbastanza tipica, sebbene non esclusiva, di Cerveri; ma, in generale, l’andamento narrativo e non-lirico, spinge ad avvicinare il testo ad un settore abbastanza determinato della produzione del poeta. Converrà inoltre notare che in BdT 434a.60 Cerveri fa esplicito riferimento a delle composizioni scritte «en durmen». Qui, con ovvia cautela, potrebbe riconoscersi un accenno ad un testo composto durante il sogno o comunque appartenente a un genere determinato: «e no vis mays nuyll trobador aytal / ne qui·n durmen fezes vers e chanços» (BdT 434a.60 vv. 31-32). Tanto più se si ammette che la caratterizzazione dei versi scritti in sogno («per que non es ab motz prims ne serratz / ne·y er per me sos ne motz esmen­datz», vv. 34-35) è del tutto compatibile con un testo come BdT 434.7a, e se si nota che l’invio a madonna è affine ai versi finali di BdT 434.7a: «Pus en durmen e pesan gen pessatz, / Na Sobre pretz, de me veyllan, si·us platz, / prec que pessetz, o que tost m’auciatz» (BdT 434a.60 vv. 36-38). D’altronde BdT 434a.60 si colloca ancora attorno al 1276. – Tra i motivi di interesse del componimento vi è la questione del genere. Il motivo del sogno è estremamente diffuso, tanto in prosa quanto in poesia, in tutte le tradizioni letterarie. Nella lirica dei trovatori, tuttavia, è possibile identificare solo un piccolo gruppo di testi nei quali il sogno (e la visione in sogno) costituisce l’ossatura principale: En Guillem de Saint Deslier, vostra semblanza (BdT 234.12; mss. a2Da) di Guillem de Saint-Didier; il débat con Dio di Guilhelm d’Autpol, Seinhos, auias, c’aves saber e sens (BdT 206.4; ms. f); Entre mon cor e me e mon saber (BdT 282.4; mss. IKa2d) di Lanfranc Cigala; la tenzone tra Nicolet de Turin e Joan d’Albuzon, En Nicolet, d’un sognie qu’ieu sognava (BdT 265.2 = 310.1; ms. U) e la canzone di Giraut de Borneil, No posc sofrir c’a la dolor (BdT 242.51; mss. ABCDGIKMNQRSgVa). A questi si potrà aggiungere BdT 474.7a e delimitare così un “genere” trobadorico definibile sompni, come previsto dalle tarde arti poetiche (le Leys d’Amors e la Doctrina de compondre dictats).

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