I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
I. Non può avere uno spirito nobile colui che non ha ritegno ad agire male spinto dalla collera se agisce male: difatti il saggio, con la pazienza, fa apparire il suo peggior torto come suo buon diritto, mentre il folle trasforma il suo buon diritto in torto quando con malagrazia e dismisura vuole rivendicare eccedendo le proprie ragioni.
II. Per me ve lo dico, che amore leale porto alla mia signora, senza mancanze; benché a lei di me non importi né mi dimostri affatto benevolenza, non per questo mi debbo irritare; e poiché amore mi ha destinato a lei, compassione, cui il mio cuore si affida, forse in lei si insedierà.
III. Nulla più conta e nulla vale dal momento in cui si è riposto il proprio amore sincero là dove a lui piace; anche se è lunga l’attesa non ci si affligga e non si imprechi, e non lo si trovi sconveniente, ché più facilmente, pur essendo maldisposta, la sua signora gli porterà amore certo.
IV. Ci sono dame che sono benevole con un sembiante arcigno, in quanto non osano palesare il loro amore né il loro animo finché non hanno verificato se si comportano davvero in modo degno e se soffrono tormento d’amore coloro nei quali vogliono senza inganno riporre il loro amore e la loro pena.
V. Chi vuole amare una dama perfetta, se si comporta degnamente, non deve affatto sorvegliarla (eviti piuttosto a se stesso di commettere errori); vedo invece dei folli fingitori, che non hanno amore né fede né legge, che molte dame caste e pure fanno accusare, anche se non hanno colpe.
VI. Del prode conte di Rodes devo dir bene, e lo voglio ed ho ragione di farlo, perché in lui sono valore e pregio e dirittura, e senno e misura.
VII. A Lunelh rimango ed ho successo con un signore leale e giusto, e poiché la mia dama, la più gentile, possiede sicuro valore, con questo vers il mio canto migliora.
27, traire venal: lettr.‘mettere in vendita’ (PD, s.v. venal), dunque ‘esibire’, ‘palesare’.
30. Le lezioni dei due mss. relatori potrebbero essere considerate adiafore, in quanto, in un caso come nell’altro, «be» dovrebbe avere valore avverbiale (son be ‘si comportano bene’, quindi sono leali). Il testo di R («son be d’amor e el destreg») che equivale a (‘finché non hanno verificato se a buon diritto) sono leali in amore e nel tormento, coloro nei quali…’, sembra tuttavia meno affidabile di quello di C (‘finché non hanno verificato se pienamente) sono leali e nel tormento d’amore coloro nei quali…’. A favore comunque di quest’ultima lezione si può additare la sua maggiore pertinenza contestuale: una dama sdegnosa o riluttante a compromettersi con chi non sia, o non sia da lei ritenuto, degno del suo amore vorrà assicurarsi che il corteggiatore sia pienamente leale e tormentato da amore, piuttosto che lo sia ‘a buon diritto’ o ‘giustamente’. Si aggiunga che la lezione «de bon pleg» evita la ripetizione in rima di «dreg», già presente, con lo stesso significato, al v. 5 (al v. 42 «dreg» ha invece diverso valore semantico). Nel sintagma «de bon pleg», pleg ha valore di ‘condizione’, ‘situazione’ (per estensione, ‘condotta’).
35. Intendere engal ‘uguale, ugualmente, parimenti’ non mi sembra che dia senso; è forse preferibile interpretarlo come allotropo di encal, congiuntivo presente di encaltar per encautar ‘preservare’ (LR II 365), quindi ‘evitare’. Di encal, che pure è forma morfologicamente corretta, non trovo tuttavia che un altro esempio, peraltro fittizio, in Mout a Amor sobrepoder di Gaucelm Faidit (BdT 167.38) dove la lettura di Jean Mouzat (Les poèmes de Gaucelm Faidit, Paris 1965, pp. 362 e 365) è probabilmente dovuta ad un errore di stampa («qu’el mieu amor non a dan ni l’encal» va corretto in «...ni l’en cal», come risulta dalla traduzione dello stesso Mouzat: ‘... elle ne soucie ni s’emeut de mon amour’).
38. L’omissione di «ni fe» in R (e in Mahn, Gedichte) provoca ipometria.
45. In C «remanc e m’espleg» ‘(A Lunelh) resto ed ho successo con (sono ben apprezzato da) un signore…’, e in R (su cui Mahn, Gedichte) «remanc e mon plech» ‘resto nella mia posizione con un signore…» si equivalgono; la scelta dell’una o dell’altra non può dunque che essere opzionale.
Edizione e traduzione: Giuseppe Tavani 2004, con modifiche; note: Giuseppe Tavani. – Rialto 26.xii.2007.
C 324r-v, R 97rB 821.
Edizioni critiche: Franz Eichelkraut, Der Troubadour Folquet de Lunel, Berlin 1872 (rist. anast. Gèneve 1975), p. 19 (IV); Federica Bianchi, BdT 154.3, Rialto 2003; Giuseppe Tavani, Folquet de Lunel, Le poesie e il Romanzo della vita mondana, Alessandria 2004, p. 52.
Altra edizione: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. III, p. 235.
Metrica: a8 b7’ a8 b7’ c8 c8 d8’ d8’ (Frank 382:91). Cinque strofe unissonanti di otto versi più due tornadas di quattro versi.
Canzone.