I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
Edizione: Francesco Branciforti 1954; note: Sara Centili. – Rialto 30.iv.2003
I 92r, K 75v, a1 385, d 292.
Edizioni critiche: Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia, Modena 1915, p. 323; Francesco Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954, (Biblioteca dell’Archivum romanicum: s. I vol. 37), p. 116.
Altra edizione: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. III, p. 27 (testo di I).
La tradizione di IKa1 è molto compatta e piuttosto corretta, richiedendo soltanto un numero limitato di interventi editoriali. Si noti che al v. 21 c’è un probabile errore di stampa, in quanto il verbo è evidentemente un imperfetto (ed è così tradotto dallo stesso editore), cosicché bisogna leggere er’aitals. Sembra da accogliere inoltre la proposta di Lewent di anticipare il principio del dialogo fittizio con la donna al v. 54, con la domanda: «Car no·m deingnatz valer?» (Kurt Lewent, «On the Text of Lanfranc Cigala’s Poems», in Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Gotti , 3 voll., Palermo 1962, [Centro di studi filologici e linguistici siciliani: bollettino 7], vol. II, pp. 171-192).
Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 c10 d10 d10 e10 e10 (Frank 592:5); sei coblas unissonans più una tornada di quattro versi. Lo stesso schema metrico e rimico si trova in un sirventese ed in una cobla di Bertran Carbonel (BdT 82.12 e 82.2).
Canzone (definita tale al v. 5) nata non dalla gioia d’amore ma dal dolore, come tentativo di sfuggire attraverso il canto alla disperazione; la serenità sarà alla fine ritrovata in seguito ad un dialogo immaginario con la donna, rappresentato nei vv. 54-60.