Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
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Peire Bremon Ricas Novas
So don me cudava bordir
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Peire Bremon Ricas Novas
So don me cudava bordir
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Trad. it.

I. Amore mi ha fatto constatare in modo diretto ciò di cui mi prendevo gioco, perché mi fa amare contro la mia volontà quella che per questo non si degna di essermi grata; piuttosto, poiché si astiene dall’odiarmi, ella crede di avermi ben ricompensato, e non si accorge della colpa che avrà, se mi lascia morire.

II. Il dolore è per me molto pesante da sopportare, perché non avevo ancora mai amato; e potessi considerarmi rinsavito, se un giorno riuscissi ad allontanarmene. Amore mi sa rendere folle da quando gli occhi mi ebbero mostrato il suo bel corpo delicato e sottile, che mi fa languire tutto di desiderio.

III. E dunque, perché la mia dama vuole farmi morire e mi disprezza? Perché me solo ha sollevato dal nulla, e perché non posso nasconderle il mio animo. Ma se si potesse far morire il proprio cuore, avrei già ucciso e abbandonato il mio, perché mi ha condotto alla pazzia, per cui gemo, piango e sospiro.

IV. Dama bella e dolce, sento dire che i pellegrini, all’arrivo, sono sfiniti, ma io ho reso omaggio a un solo corpo sacro, senza che (questo) mi sia ancora accaduto. Non è bene che io non tenga in conto se non quello in cui scopro falsità; tuttavia non mi sono ingannato al punto tale che Amore non mi facesse mai gioire.

V. Ma ancora non sono arrivato alla mia fine: la mercede e l’umiltà potrebbero facilmente salvarmi, se la mia dama si degnasse di soccorrermi; lo farà, perché lei non viene meno ai suoi doveri, ma prima avrò pianto, per questo motivo, cento volte; ma Dio non mi vuole disperato, per cui io ancora attendo e desidero.

VI. Canzone, va a dire a Calabrone che Buon Pregio l’ha riconosciuto come suo, perché, dopo che ha sollevato il capo…

Testo

Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.

Mss.

T 224r.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizione diplomatica: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. IV, n. 1759.

Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1890, p. 222; Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 7 (III); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 163.

Metrica e musica

Metrica: a8 b8 b8 a8 a8 b8 b8 a8 (Frank 476:5). Canzone composta da cinque coblas unissonans di otto ottonari, più una tornada incompleta. Lo schema metrico e rimico della canzone è stato imitato da Peire Cardenal nel sirventese Qui volra sirventes auzir (BdT 335.47).

Informazioni generali

Canzone databile entro il 1234, periodo oltre il quale è stato composto il sirventese di Peire Cardenal che ne imita lo schema metrico (si veda Sergio Vatteroni, «Le poesie di Peire Cardenal I», Studi mediolatini e volgari 36, 1990, pp. 73-259, p. 150). – Ai vv. 25-28 il trovatore riprende il parallelo di matrice rudelliana fra il pellegrinaggio devozionale e il servitium amoris innestato nel san cors, che ha valenza paradigmatica, giacché adombra la figura della dama. All’interno di questa metafora il verbo baisar (v. 26) è utilizzato in maniera volutamente ambigua: esso può significare tanto ‘baciati’, con allusione alla pratica di un particolare bacio liturgico fra pellegrini o all’usanza di baciare le reliquie del corpo santo, tanto ‘abbattuti’, con riferimento alla stanchezza fisica causata dal lungo peregrinare prima di arrivare alla meta. Stando alla prima interpretazione, l’io lirico vuole dire che quello che i fedeli hanno ottenuto nel portare omaggio al corpo del santo, baciare, cioè, le sue reliquie, non ottiene il poeta-amante, il quale, pur essendo devoto alla dama allo stesso modo, sostiene che non gli è mai stato permesso di baciarla; se invece si dà credito all’altra accezione di baisar, l’io lirico potrebbe voler dire che a lui, che pure ha fatto visita a un corpo sacro, non è mai capitato quello che si dice capiti di norma ai pellegrini, ossia arrivare alla meta prostrati, vinti dalla stanchezza e dalle rinunce, dando così mostra della sua resistenza e forza d’animo. – Calabron potrebbe essere secondo Appel il nome di un protettore di Ricas Novas; mancano tuttavia elementi per suffragare questa o altre eventuali identificazioni del personaggio.

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