I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
I. Comporrò una canzone piacevole, se posso, che sarà facile da cantare, perché dicono che io abbia intrapreso a poetare in maniera troppo sottile. Ma i buon intenditori, che sanno scegliere, considerano, come credo, migliore ciò che vale di più; così, a mio piacimento, comporrò una canzone esemplare, bella donna, su di voi, grazie a cui pregio acquisisce valore.
II. Non vidi mai, donna, creatura così piacente come la vostra preziosa persona, per cui devo ringraziare con gioia il mio cuore, i miei occhi e il mio senno che mi hanno dato a voi in qualità di servitore, e devo essere loro grato perché mi fanno morire desiderando il vostro amore; e, malgrado muoia, sono in grado di provare una gioia sincera, perché nessun vivere vale quanto il mio dolce morire.
III. La bellezza e l’incantevole sorriso, che vi fanno penetrare nel mio cuore, non riesco mai a rimirare a sufficienza, perché ne ho un desiderio sempre maggiore, quanto più ammiro il vostro aspetto. Una certa felicità mista a desiderio mi fa gioire quando vedo la tenera freschezza, e la vostra piacevole vista lenisce il profondo dolore che io provo, donna con cui non è possibile godimento alcuno.
IV. Così potesse donarmi un gradevole diletto, dal momento che è di valore ineguagliabile, la dama che devo giudicare con giustizia; e sembra giusto alla regola della convenienza che vi canti una lode sincera, perché tutti i miei pensieri sono volti a servire voi, e stimo ciò un tale onore che in ambito amoroso non mi importa di nessun’altra, e desidero voi, presso cui non mi vale mercede.
V. Oh, se si degnasse di essere gentile verso di me, così che potessi osare di chiederle mercede! Me ne verrebbe da piangere di gioia, tanto avrei il mio cuore contento. E poiché proverei felicità, dovreste sopportarmi, qualora io osassi dichiararvi e mostrarvi il mio profondo dolore; perché una dama deve ben sopportare da un servitore leale ciò che non la fa valere meno.
VI. Donna, non dico per lamentarmi questo che mi ascoltate dire, giacché senza risentimento intendo subire l’affanno per cui sospiro e piango. Dato che, senza colpa, mi rendete un tormento mortale, sarà un peccato se con voi mercede non mi è d’aiuto.
VII. Chiunque lodi la migliore vi sa ben servire, e non può fallire, purché lodi la più gentile. Di voi questo dico, dama, che Dio mi salvi, che siete la più gentile, e nessuna vale quanto voi.
Edizione e traduzione: Paolo Di Luca 2008; note: Paolo Di Luca. – Rialto 10.xii.2009.
T 220v.
Edizione diplomatica: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. IV, n. 1757.
Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1890, p. 214; Jean Boutière, Les poésies du troubadour Peire Bremon Ricas Novas, Toulouse-Paris 1930, p. 29 (VIII); Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 103.
Metrica: a7 b7 b7 a7 c7 d5 d5 c7 e10 e10 (Frank 635:20). Canzone composta da cinque coblas unissonans polimetriche formate da dieci versi, più due tornadas di sei versi. I mots-refranhs plasen e val sono ripetuti rispettivamente ai vv. 1 e 10 di ogni cobla. Schema unico.
La canzone si apre con un riferimento alla famosa polemica sullo stile. L’io lirico, dopo aver affermato che i suoi esordi poetici erano stati caratterizzati dagli stilemi di una maniera poetica difficile ed arguta, identificabile a grandi linee col trobar sotil, dichiara di voler perseguire uno stile più lieve, salvo poi chiamare in appello la saggezza degli intenditori per riscattare il valore di quei medesimi esordi e stabilire, infine, che la canzone che si appresta a comporre sarà comunque perfetta: non è dunque chiaramente desumibile quale delle due maniere di trobar egli preferisca e auspichi venga considerata migliore. L’accenno al dibattito sui vari tipi di fare poesia è, del resto, topico e privo di qualsiasi intento polemico, né questi versi possono essere intesi come una veritiera professione di poetica da parte di Ricas Novas, la cui generazione trobadorica aveva ampiamente archiviato questa diatriba, salvo ricordarla, come accade qui, come un episodio del passato letterario. – L’evidente legame derivativo, così come l’uguaglianza di funzione sintattica tra l’aisi che apre la cobla IV e il si della cobla V, sembrerebbe adombrare un allacciamento delle due strofe tramite l’artificio delle coblas capdenal, che prevede la ripetizione, in maniera tautologica, equivoca o derivativa, nel primo verso di ogni strofa di una canzone della medesima parola, o gruppo di parole: in questo caso, l’allacciamento tra le due strofe non sarebbe rigoroso.