I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
I. Falconet, vedo che siete innamorato di Guillelmona e il marchese del Monferrato sbaglia a non concedervela; perché non ho visto mai un ruffiano così abile a condurre una puttana o che meglio conoscesse la via del bordello, e ben si addice la donna malsana al lebbroso.
II. La vostra lancia fu eccezionale, sire Taurel! A parer mio non meritava di trovarsi alla disfatta quando andavate verso Cremona! Molti cavalieri e contadini avete ucciso di mano vostra, però non avete subito alcuna sciagura nel massacro, perché assolutamente per primo siete fuggito dal vostro carroccio!
III. Falconet, colui che vi inganna si comporta in modo poco cortese e il bottino del marchese non vi ingombra la bisaccia; d’ora in poi il vostro ronzino può andare più leggero lungo le strade e quando sarete alloggiati nella locanda, durante la notte, siate sicuri di mangiare male.
IV. Taurel, non credo che vi prometterà o vi darà qualcosa questo mese, giullare cavalcatore di ronzino e litigioso! Conoscete il vantaggio di raggirare se mai riuscirete a trarre cavalli e ronzini da Guglielmo Rentin! Anzi porterete armi della mia insegna poiché donerà a entrambi nella stessa misura.
V. Il signore di Tartarona vedo che è migliorato: costruisce castelli e fossati, fa guerra e spende e dona e ruba mattina e sera per le strade e i valichi e ha promesso, alla maniera di Galiano, il palafreno del primo mercante che passa.
VI. Credetemi su donna Guillelmona, Taurel, considero saggio il marchese di Monferrato: ben gli si addice portare la corona perché porta a termine la sua guerra come fece Renart con Isengrin; infatti infrangendo la fiducia distrusse Paciliano, ma l’imperatore seppe meglio conquistare Milano.
1. Guillalmona: doveva essere una suddita di Guglielmo VI, come fa notare già De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, vol. I, p. 203, giacché il marchese di Monferrato è menzionato al v. 3 come colui che ha la facoltà di darla in sposa per diritto feudale. La sua identificazione resta impossibile da definire; per altre dame con lo stesso nome, ma non per questo riconducibili alla stessa persona, si rimanda a Frank M. Chambers, Proper Names in the Lyrics of the Troubadours, Chapel Hill 1971, p. 146.
3. marqes de Monferat: su Guglielmo VI marchese di Monferrato, successore e figlio di Bonifacio, spesso oggetto di aspre critiche da parte dei trovatori, si veda Aldo Settia, voce «Guglielmo VI, marchese di Monferrato», in Dizionario Biografico degli Italiani, 60, Roma 2003, versione in rete (www.treccani.it).
5-6. Si propende nella traduzione per l’interpretazione data da De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», p. 175: «car je n’ai jamais vu un rufian qui pût mieux [que vous] conduire des femmes publiques», mentre non convince la soluzione di Paterson che, osservando come «It is hard to know whether this is the sense, rather than ‘it’s a good idea to give this whore to you because you’re good at getting clients for her’» (p. 1229), traduce: «Never have we seen such a fine bawd (as you) to bring in a client».
8. Sul legame ipotizzato nel Medioevo tra la lebbra e la prostituzione si veda Linda Paterson, The World of the Troubadours: Medieval Occitan Society, c. 1100-c. 1300, Cambridge 1993, pp. 274-275.
12-16. A partire dall’interpretazione di vedel come ‘carroccio’, dunque con senso metonimico, De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», pp. 184-187, ricollega questa cobla agli scontri tra i milanesi e i cremonesi e, nello specifico, alla battaglia di Castelleone del 2 giugno 1213, combattuta tra Cremona e Castelleone da una parte e Milano e Crema dall’altra e in cui il Carroccio milanese venne conquistato e, prima di essere portato a Cremona, entrò trionfalmente nel Castello. Come ricorda De Bartholomaeis, la battaglia si concluse «con la completa sconfitta dei Guelfi. I Milanesi lasciarono sul campo il carroccio, e ciò fu ritenuto da’ loro partigiani come una grande sciagura» (Poesie provenzali storiche, vol. I, p. 204). Lo studioso ricorda inoltre come la battaglia ebbe due fasi distinte: la prima fase fu sfavorevole per i Cremonesi, ma i Milanesi persero definitivamente nella seconda fase. Nella sua cobla Falconet farebbe proprio riferimento ai due momenti alterni dello scontro: all’inizio, infatti, Taurel avrebbe fatto strage dei nemici (cfr. v. 9 e vv. 13-14), ma sarebbe poi scappato via al momento della disfatta (cfr. v. 11 e vv. 15-16). Diversa, invece, è l’interpretazione data da Paterson, che vede nelle parole di Falconet un tono fortemente sarcastico e traduce: «I should not have liked to be at the rout when you were on your way towards (or: in the vicinity of?) Cremona! Many knights and peasants were slain at your hands – but you came to no harm in the slaughter, for the first thing you did was run away from your calf!». Secondo la studiosa, infatti, le imprese militari di Taurel si limiterebbero alla fuga e al saccheggio «Taurel remained unscathed at the battle near Cremona because he fled in fright from the calf he had stolen, and the knights and peasants he killed were the men defending their property» (p. 1230). Secondo questa ipotesi esegetica, a mio parere meno convincente, Falconet accuserebbe qui Taurel di essere più impegnato a rubare il bestiame che a fare il soldato.
19-20. I versi sembrano alludere sarcasticamente all’avarizia del marchese Guglielmo VI, spesso criticato per la sua mancanza di largueza e per la sua scarsa generosità (cfr. vv. 25-27).
28. falveta: per l’accezione di «talent de faire de contes, art d’enjôler», si veda Raynouard, LR, III:246, che infatti traduce i vv. 28-30 «assez vous en savez de l’art d’enjôler, si jamais de Guillaume Rentin vous arrachez cheval ni roussin». Cfr. anche SW, III:408.
29. Guillem Rentin: l’ipotesi più probabile, suggerita da De Bartholomaeis (cfr. Poesie provenzali storiche, vol. I, p. 205) e accolta anche da Paterson (cfr. p. 1230) è che si tratti di un soprannome per Guglielmo VI di Monferrato.
33. Tartarona: la località appare impossibile da rintracciare, al punto che già De Bartholomaeis, precisando di aver cercato esaustivamente una località con questo nome o un nome simile, concluse ammettendo che doveva trattarsi di un errore di archetipo e suggerendo di emendare in Tor Tarona, dove Tarona starebbe per Taro e Tor farebbe riferimento a una torre, cioè a un castello nella valle del Taro. Secondo De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», p. 188: «Il n’est donc pas invraisemblable qu’il faille lire lo seigners de Tor Tarona. Si un pays appelé effectivement ainsi au moyen âge n’a jamais existé, on pourrait entendre “la tour du Taro” tout simplement. En ce cas, la localité resterait indéterminée». Proseguendo nel suo ragionamento, lo studioso suggerisce inoltre una possibile individuazione di questo signore con Alberto Malaspina: «Et le Taro éveille immédiatement la pensée des Malaspina, qui, comme on sait, étaient maîtres de son cours supérieur. Le seigneur dont parle Taurel vient de s’enrichir; il est en train de bâtir des châteaux et de creuser des fossés; il fait des guerres; enfin, il s’est mis à dévaliser les marchands le long des routes et fait part de son butin aux jongleurs. Tous ces traits conviennent parfaitement à Albert Malaspina». Di diverso parere è invece Paterson, secondo la quale «the ‘lord of Tartarona’ may be another nickname, quite possibly for William IV, based on the onomatopoeic TAR- (FEW, XIII.1, 106-8, with various outcomes meaning to babble, gabble noisily or boastfully» (p. 1231), ipotesi quest’ultima che appare più convincente.
39. I mss. leggono fol in luogo di for, anche se in a2 è presente la correzione in for. De Bartholomaeis stampa al fol de Gallian nel 1906 e al Fol de Gallian nel 1931, ritenendolo il nome di un giullare al quale lo segners de Tartarona avrebbe promesso il palafreno del primo mercante che gli capiterà di derubare. Galian, secondo lo studioso, potrebbe essere un toponimo, «en raison des pays portant le nom de “Gallianum” des deux côtés des Alpes» (De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», p. 189). Per quanto riguarda fol, suggerendo già nell’articolo del 1906 la possibilità di stamparlo con la maiuscola, De Bartholomaeis commenta «Les personnels Fôllis et Follus ne sont pas rares au moyen-âge», riportando anche qualche caso documentato. Diversamente, Paterson mette a testo al for de Gallian: «We see Galian as an allusion to the chanson de geste hero Galian de Raynier, the illegitimate son of Oliver, whose death he avenges. He appears passim in the Occitan Ronsasvals, and may well have been an important figure in the southern epic tradition» (p. 1231). Accettando la soluzione della studiosa, che appare in questo caso convincente, Taurel accuserebbe il signore di Tartarona di atteggiarsi a eroe epico.
43-48. I versi alludono all’episodio storico più importante ai fini della datazione del componimento, la guerra tra il marchese Guglielmo VI di Monferrato e i comuni di Vercelli e Paciliano. Nello specifico, viene fatto riferimento al v. 47 alla distruzione del comune rurale di Paciliano, alleato dei Vercellesi. Sullo scontro che vide contrapposti Guglielmo di Monferrato e Ottone IV ed ebbe luogo tra il 17 ottobre 1213 e il 15 novembre 1214, quando fu firmato a Vercelli un trattato di pace, si veda De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», pp. 179-181 e Poesie provenzali storiche, vol. I, pp. 206-208).
48. Allusione ad Ottone IV di Brunswick che fu in guerra col marchese di Monferrato tra il 1213 e il 1214 (cfr. De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», p. 181). Secondo De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», p. 190, la conquista di Milano potrebbe riferirsi alla visita di Ottone a Milano il 15 aprile 1210, che avvenne dopo essere stato incoronato imperatore a Roma e in occasione della quale ottenne l’appoggio dei Milanesi nei suoi progetti contro la Chiesa. Come evidenziato da Paterson, p. 1232, «Falconet’s implication would seem to be that Otto is to be praised for winning hearts and minds, rather than William for causing devastation by treachery».
Edizione: Ruth Harvey - Linda Paterson 2010; traduzione e note: Francesca Sanguineti. – Rialto 26.vi.2024.
O 92, a2 613.
Edizioni critiche: Vincenzo De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel e de Falconet», Annales du Midi, 18, 1906, pp. 172-195; Ruth Harvey - Linda Paterson, The Troubadour “Tensos” and “Partimens”. A Critical Edition, 3 voll., Cambridge, 2010, vol. III, p. 1223.
Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 203 (testo ed. 1906); Francesco A. Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 49 (testo De Bartholomaeis con modifiche).
Metrica: a7’ b5 b7 a7’ c7 c7 d10 d10 (Frank 577:305). Tenzone di sei coblas doblas. Rime: -ona, -eta, -ona (a), -at, -es, -atz (b), -an, -is, -in (c), -el, -al, -an (d). Come evidenziato anche da Paterson, The Troubadour “Tensos”, vol. III, p. 1227, lo schema rimico presenta diverse irregolarità e la quantità di rime approssimative sembra suggerire una composizione improvvisata.
Tenzone ingiuriosa e dai toni giullareschi, in cui si fa riferimento a questioni di politica interna, giacché viene rievocata la guerra tra Guglielmo VI di Monferrato (1207-1226) e i comuni di Vercelli e Paciliano. Per la datazione del pezzo, ascrivibile intorno al 1215, si rimanda alle Circostanze storiche. Secondo De Bartholomaeis, «La tenson de Taurel», pp. 190-191, Falconet sarebbe qui un semplice giullare che andrebbe distinto dall’altro omonimo trovatore che tenzona con Faure (En Falconet, be·m platz car es vengutz, cfr. BdT 149.1 = 148.1), il quale è sempre menzionato con la particella onorifica En. Diversamente Paterson, The Troubadour “Tensos”, vol. III, p. 1228, non esclude che possa trattarsi dello stesso autore, vista anche la collocazione cronotopica di BdT 149.1 in Provenza e intorno al 1210, compatibile con quella di questa tenzone. Per quanto riguarda Taurel, invece, sia De Bartholomaeis, pp. 191-194, che Paterson respingono l’identificazione col Taurel menzionato nelle tornadas di Guillem Figueira, Un nou sirventes ai en cor que trameta (BdT 217.8) e identificabile con Torello di Strada.