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Aimeric de Pegulhan, Ja no cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30),

Aimeric de Pegulhan (?), S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48),


 

Circostanze storiche

 

 

 

 Ja no cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30) e S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48) sono due planhs dedicati, congiuntamente, ad Azzo VI d’Este e Bonifacio di Sambonifacio (conte di Verona), morti a pochi giorni di distanza l’uno dall’altro nel mese di novembre del 1212 (Bonardi 1905, p. 23; Botteghi 1914-1916, p. 5). Sulla data esatta dei decessi le fonti paiono discordi: Cavedoni 1858, pp. 274-275, sulla scorta dell’epitaffio – dove si legge «Credo quod inde fuit etiam tunc Luca cruenta», – individuò nel 10 novembre la data di morte di Azzo, giorno in cui si verificò un’eclissi; in Bonardi 1914, p. 302, si indicano il 10 e il 15 novembre come giorni della morte rispettivamente del conte di Verona e del marchese d’Este; Soranzo 1914, pp. 21-22, asserisce che fra i due decessi intercorsero otto giorni.

All’interno del corpus dei planhs occitani (sulla cui definizione si rimanda a Scarpati 2010, pp. 66-68), Ja no cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30) e S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48) costituiscono un’eccezione rispetto alla norma: sono gli unici componimenti a essere dedicati, di fatto, a due persone (e non, quindi, a un singolo protettore, trovatore o amico). La scelta stilistica rispecchia probabilmente il legame che univa i due signori: le lotte per l’egemonia nella città di Verona si conclusero, infatti, con un’alleanza stipulata con Mantova da parte dell’Estense e Bonifacio che, in tal modo, riuscirono a estromettere i Munticuli ed Ezzelino da Romano, esercitando sulla città un dominio congiunto dal 1207 fino al giorno della loro morte (cfr. Dean 1993).

È significativo notare in questa sede come i due personaggi siano citati assieme anche in altri componimenti. Nella cobla iniziale di En aquel temps que·l reis mori n’Anfos (BdT 10.26) Aimeric enumera i suoi protettori scomparsi. Al v. 5 troviamo «e·l marques d’Est e·l valens Salados»; secondo l’interpretazione di Bettini Biagini 1981, pp. 27-29, il valens Salados sarebbe da identificare con Bonifacio di Sambonifacio, per due motivi: i protettori che il trovatore enumera morirono tutti fra il 1211 e il 1214; in secondo luogo, in Ja no cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30) il legame fra il marques d’Est (vv. 7-8) e il valens coms (v. 42) è espresso stilisticamente dal mot-refranh essemps. In ogni caso, la critica non è concorde nel riconoscimento del valens Salados: per Shepard - Chambers 1950, p. 148, rimane un personaggio sconosciuto; per Folena 1990, p. 32, lo pseudonimo è da ricondurre invece a Guglielmo Malaspina. Oltre alla Metgia i due personaggi sono citati anche in Far vuoill un nou sirventes (BdT 156.6), ai vv. 43-45: Falquet de Romans alluderebbe infatti al rapporto di amicizia intercorrente fra Azzo VI e Bonifacio, ricordando a Federico II l’aiuto che i due gli avevano accordato durante il suo transito nelle terre veronesi (si veda Larghi 2015).

Questione di una certa rilevanza è la paternità del secondo planh (come già in parte messo in luce da Kolsen 1921, pp. 541-542). Nonostante i canzonieri assegnino entrambi i componimenti ad Aimeric de Pegulhan, ci sono a mio avviso alcuni elementi per dubitare della paternità di S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48), primo fra tutti il fatto che i canzonieri CR tramandino due planhs – trascritti l’uno di seguito all’altro in entrambi i manoscritti – dedicati alle medesime persone e attribuiti allo stesso autore. Aimeric è uno dei maggiori autori di compianti, ed è questo uno dei motivi che forse spiega perché gliene viene attribuito uno che non è opera sua: sempre riconducibili alla mano del trovatore tolosano sono Era par ben que Valors se desfai (BdT 10.10), per Guglielmo Malaspina, e De tot en tot es er de mi partitz (BdT 10.22), per una Beatrice, molto probabilmente da identificare con Beatrice di Mangona. Alla luce della disamina attributiva del secondo planh (Gatti 2017b, che riprende e amplia Gatti 2017a, pp. 168-172), si è propensi a ritenere S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48) un testo apocrifo, di autore ignoto.

 

 

 

Bibliografia

 

Bettini Biagini 1981

Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981.

 

Bonardi 1905

Rolandino da Padova, Cronica in factis et circa facta Marchie Trivixane [aa. 1200 cc.-1262], a cura di Antonio Bonardi, Città di Castello 1905.

 

Botteghi 1914-1916

Chronicon Marchiae Tarvisinae et Lombardiae [aa. 1207-1270], a cura di Luigi Alfredo Botteghi, Città di Castello 1914-1916.

  

Cavedoni 1858

Celestino Cavedoni, «Delle accoglienze e degli onori ch’ebbero i trovatori provenzali alla corte dei Marchesi d’Este», Memorie della Reale Accademia di Modena, 2, 1858, pp. 268-312.

 

Dean 1993

Trevor Dean, «Azzo d’Este», in Dizionario Biografico degli Italiani, 43, 1993, versione in rete (www.treccani.it).

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137.

  

Gatti 2017a

Luca Gatti, «I trovatori alla corte estense: nuove prospettive», in L’Italia dei Trovatori, a cura di Paolo Di Luca e Marco Grimaldi, Roma 2017, pp. 163-178.

 

Gatti 2017b

Luca Gatti, «Aimeric de Pegulhan, Ja no cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30), Id. (?), S’ieu hanc chantiei alegres ni jauzens (BdT 10.48)», Lecturae tropatorum, 10, 2017, 31 pp.

  

Kolsen 1921

Adolf Kolsen, «Altprovenzalishes NR 9-13», Zeitschrift für romanische Philologie, 41, 1921, pp. 538-554.

 

Larghi 2015

Gerardo Larghi, «Un riflesso delle ricerche archivistiche sulla poesia trobadorica: il caso di Falquet de Romans BdT 156.6», in Otto studi di filologia per Aldo Menichetti, a cura di Paolo Gresti, Roma 2015, pp. 25-42.

 

Scarpati 2010

Oriana Scarpati, «Mort es lo reis, morta es midons. Une étude sur les planhs en langue d’oc des XIIe et XIIIe siècles», Revue des langues romanes, 114, 2010, pp. 65-92.

  

Shepard - Chambers 1950

The Poems of Aimeric de Peguilhan, edited and translated with introduction and commentary by William P. Shepard and Frank M. Chambers, Evanston (Illinois) 1950.

 

Soranzo 1914

Gerardo Maurisio, Chronica dominorum Ecelini et Alberici fratrum de Romano [aa. 1183-1237], a cura di Giovanni Soranzo, Città di Castello 1914.

 

Luca Gatti

19.i.2018


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