Rialto    IdT

40.1

 

   

Austorc d’Aorlhac

 

 

 

 

   

I.

   

Ai Dieus, per qu’as facha tan gran maleza

   

de nostre rey frances larc e cortes,

   

quan as sufert qu’aital ant’aia preza?

4  

Qu’elh ponhava cum servir te pogues,

   

que·l cor e·l saber hi metia

   

en tu servir la nueg e·l dia,

   

e cum pogues far e dir ton plazer.

8  

Mal guizardo l’en as fag eschazer.

   

 

   

II.

   

Ai, bella gens avinens e corteza

   

que oltra mar passetz! Tam belh arnes!

   

May no·us veyrem tornar sai, de que·m peza,

12  

don per lo mon s’en es grans dols empres.

   

Mal dicha si’Alexandria,

   

e mal dicha tota clercia,

   

e mal dig Turc que·us an fach remaner!

16  

Mal o fetz Dieus quar lor en det poder.

   

 

   

III.

   

Crestiantat vey del tot a mal meza;

   

tan gran perda no cug qu’anc mais fezes.

   

Per qu’es razos qu’hom hueymais Dieus descreza,

20  

e qu’azorem Bafomet lai on es,

   

Servagan e sa companhia,

   

pus Dieus vol e Sancta Maria

   

que nos siam vencutz a non-dever,

24  

e·ls mescrezens fai honratz remaner.

   

 

   

IV.

   

L’emperaires volgr’agues la crotz preza,

   

e qu’a son filh l’emperis remazes,

   

e que·s tengues ab luy la gens franceza

28  

contra fals clercx en cuy renha no-fes;

   

qu’an mort pretz e cavalairia,

   

e morta tota cortezia,

   

e prezo·s pauc qui a son desplazer,

32  

sol qu’ilh puesco sojornar e jazer.

   

 

   

V.

   

Ai, valens reys, s’avias la largueza

   

d’Alexandre, que tot lo mon conques,

   

vengarias la gran anta qu’as preza:

36  

remembre te de Karle .  .  .  .  .  .  .

   

.  .  .  .  .  . de Girart cum v .  .  .  .  .

   

.  .  .  .  .  .  .  .  . , s’o be·t sovenia,

   

tost veiram Turcx fello

40  

quar bon secors fai Dieus a ferm voler.

   

 

   

VI.

   

Sanh Peire tenc la drecha via,

   

mas l’apostolis la·lh desvia

   

de fals clergues que ten en som poder

44  

que per deniers fan manh .  .  .  .  .  .  .

 

 

Traduzione [lb]

I. Ah Dio, perché hai trattato così male il nostro generoso, cortese re francese permettendo che patisse una tale vergogna? Egli ha fatto ogni sforzo per servirti, mettendoci il cuore e la mente, servendoti notte e giorno, e pensando a come avrebbe potuto agire e parlare secondo il tuo piacere. Una ben misera ricompensa gli hai concesso.

II. Aimè, bella gente, gentile e cortese, voi che siete salpati verso la Terra Santa! Un così splendido armamento! Non vi vedremo mai più tornare indietro, cosa che mi addolora e getta il mondo intero in un profondo lutto. Sia maledetta Alessandria, e sia maledetto tutto il clero, e siano maledetti i Turchi che vi hanno tenuti lì! Ha fatto male Dio a dar loro il potere di farlo.

III. Vedo la cristianità completamente distrutta; non credo che abbia mai sofferto una perdita così enorme. Quindi è logico che la gente smetta di credere in Dio, e che noi adoriamo Maometto, Tervagan e la sua compagnia nel loro paese, dato che Dio e Maria Santissima vogliono che siamo ingiustamente conquistati, e fanno sì che i miscredenti continuino ad essere onorati.

IV. Vorrei che l’Imperatore avesse preso la croce e che l’Impero restasse nelle mani di suo figlio, e che i francesi si alleassero con lui contro il falso clero, nei quali regna la miscredenza; poiché hanno ucciso il valore e la cavalleria, e ucciso ogni cortesia, e si curano poco delle sventure altrui fintanto che possono oziare e dormire.

V. Ah, valoroso re, [se avessi la] generosità di Alessandro che ha conquistato il mondo intero, [vendicheresti] la grande onta [che hai subito: ricordati] di Carlo, … . … di Girart, come …; se ti ricordassi bene di questo, [vedremmo presto] i Turchi malvagi …, perché Dio dà grande aiuto al cuore saldo.

VI. San Pietro ha imboccato la via diritta, ma il papa la rende storta a causa del falso clero sotto la sua autorità che, per soldi, fa molti … .

 

 

 

Testo: Paterson 2012, con  modifiche di fsa. – Rialto 14.vi.2017.


Ms.: C 362r-v.

Edizioni critiche: Césaire A. Fabre, «Austorc d’Orlac troubadour du Vélay, au XIIIe siècle», Societé agricole et scientifique de la Haute-Loire. Mémoires et procès-verbaux, 13, 1904-1905, pp. 61-78, p. 64; Alfred Jeanroy, «Le troubadour Austorc d’Aurillac et son sirventés sur la septième Croisade», in Mélanges Chabaneau: Festschrift Camille Chabaneau, Erlangen 1907, pp. 81-87, a p. 82; La Salle de Rochemaure, Les troubadours cantaliens, Texte des œuvres des troubadours revues, corrigés, traduits et annotés par René Lavaud, 2 voll., Aurillac 1910, vol. II, p. 562; Linda Paterson, Rialto 29.x.2012.

Altre edizioni: François Juste-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. V, p. 54 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, vol. I, p. 5 (testo Raynouard).

Metrica: a10’ b10 a10’ b10 c8’ c8’ d10 d10 (Frank 382:56). Cinque coblas unissonans di otto versi e una tornada di quattro. Rime: -eza, -es, -ia, -er. Il modello metrico potrebbe essere costituito dalla canzone di Peirol M’entension ai tot’en un vers meza (BdT 366.20).

Ed. Paterson: 7 tom.

Note: Sirventese composto poco dopo la sconfitta cristiana a Mansura (5 aprile 1250) che decretò il fallimento della cosiddetta Settima crociata condotta dal re di Francia Luigi IX: si vedano le Circostanze storiche.

2. rey frances. Si tratta di re Luigi IX, anche detto il Santo, che guidò la Settima crociata e fu in Oriente a partire dal 1248. Dopo la sconfitta del 1250, Luigi si pose a capo di una nuova crociata nel 1270 durante la quale morì.

3-4. Gli editori hanno riscostruito congetturalmente le prime parole di questi versi perdute a causa dell’asportazione della capitale miniata.

4-7. L’allusione al servizio a Dio rimanda al lessico tipico delle esortazioni alla crociata. Anche questo elemento ci consente di ipotizzare che il trovatore scriva all’indomani della fallita crociata del re di Francia.

8. Il riferimento al guizardo, alla ricompensa per l’impegno crociato, si trova in molti altri testi riconducibili alle spedizioni in Terrasanta. In questo caso però l’importanza del premio spettante a chi si impegna per servire il Signore non è presentata in maniera convincente, anzi, la cattiva ricompensa ricevuta da Luigi rappresenta l’onta della sconfitta.

11-12. Il trovatore potrebbe riferirsi in questo passaggio alle molte vittime illustri della spedizione guidata da Luigi IX. Negli attacchi che precedettero la disfatta dell’esercito crociato infatti morì lo stesso fratello del re, Roberto di Artois.

13-16. In questi versi che presentano una ripetizione anaforica sono rifiutati l’obiettivo delle spedizioni crociate ossia l’Egitto, rappresentato dalla citazione di Alessandria, e l’obbedienza al clero e nella maledizione sono posti sullo stesso piano la gerarchia ecclesiastica e gli infedeli.

20. Bafomet. È probabile che con questo nome ci si riferisca a Maometto. Come suggerisce Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, p. 369, si potrebbe trattare di una «deformazione del nome di Maometto». Che il personaggio vada identificato con Maometto lo si evince dalla sua menzione nella canzone di crociata di Gavaudan Senhors, per los nostres peccatz (BdT 174.10), vv. 64-67: «Profeta sera·N Gavaudas / que·l digz er faitz. E mortz als cas! / Dieus er honratz e servitz / on Bafometz era grazitz».

21: Servagan. Si allude qui probabilmente a una divinità che i cristiani credevano fosse adorata dai musulmani. Questa figura, non menzionata altrove dai trovatori, è citata in numerose chansons de geste, su tutte la Chanson de Roland, cfr. La Chanson de Roland. Edizione critica a cura di Cesare Segre, Milano-Napoli 1971, vv. 2695-2697, in cui compare insieme agli altri membri della cosiddetta “trinità saracena”: «Plurent e crient, demeinent grant dolor, / pleignent lur deus Tervagan, Mahum / e Apollin, dunt il mie n’ent unt». Sulla base di testimonianze come questa, Jeanroy e Lavaud correggono nelle loro edizioni in Tervagan.

22. Il ricorso all’interpretazione del volere di Dio, secondo il quale i cristiani dovevano essere sconfitti, rappresenta il parere dell’opinione pubblica che, in seguito alle ripetute sconfitte degli eserciti crociati, cominciava a dubitare dell’effettivo appoggio divino alle spedizioni in Terrasanta.

25. emperaires. Si tratta di Federico II, all’apice della lotta contro il papato al momento della composizione del testo. A più riprese durante le trattative con Innocenzo IV per la remissione della scomunica Federico propose di lasciare il titolo imperiale al figlio per dedicarsi alla crociata in Terrasanta. Si noti come il sostantivo al caso retto singolare presenti una -s segnacaso non necessaria e aggiunta per analogia.

26. Il figlio dell’imperatore citato è Corrado IV, generato nel 1228 dalla seconda moglie di Federico, Iolanda di Brienne; cfr. Walter Koller, «Corrado IV», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

33-40. Rispetto alla prima, questa strofe è danneggiata in maniera più grave dall’ablazione della lettera miniata e risulta molto difficile ricostruire le parti mancanti per congettura; per un tentativo di ricostruzione si rimanda a Jeanroy, «Le troubadour Austorc», p. 83. Per quel che si può leggere, si conferma l’impressione di Paterson, Rialto, che «Austorc is using the traditional device of citing legendary heroes as a spur to valour». Nonostante il tono di forte pessimismo, l’ultima stanza conserva un forte messaggio di esortazione affinché venga nuovamente rinnovato l’impegno contro gli infedeli. Al re di Francia sono ricordati gli esempi degli eroi dell’epica come Alessandro, Carlomagno, Girart de Roussillon o de Vienne.

42-44. La tornada presenta una nuova critica al papa e il clero in generale. Il pontefice non è degno di essere il successore di San Pietro e devia dal retto cammino così come fanno i preti, avidi di denaro.

[fsa]


BdT    Austorc d'Aorlhac    IdT

Circostanze storiche