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Bonifaci Calvo, Ges no m’es greu s’eu non sui re prezatz (BdT 101.7)


 

Circostanze storiche

 

 

   

Nel contesto delle lotte per la supremazia navale e mercantile nel Mediterraneo nel corso del XIII secolo, il sirventese Ges no m’es greu s’eu non sui re prezatz di Bonifaci Calvo rappresenta una testimonianza tangibile del conflitto che vide per lungo tempo protagoniste le città di Genova e Venezia. Ma in questa manifestazione di «attaccamento alla città, efficacemente colorato di sentimenti contrastanti e polemici, di “mugugno” e d’invettiva municipale» (Folena 1990, p. 113) non si può non leggere anche il profondo malcontento del trovatore, rientrato dalla Spagna verso il 1260 (Guida - Larghi 2014, p. 133), per l’ingovernabilità di Genova, precipitata in uno stato di manifesta difficoltà già prima della discesa di Carlo d’Angiò in Italia. Bonifaci non esita infatti a condannare l’incapacità dei suoi concittadini di mantenere un bon acort (v. 7), cioè una concordia che doveva mancare almeno dal 1262, anno della deposizione del capitano del popolo Guglielmo Boccanegra. Questi, che solo cinque anni prima era stato eletto con un plebiscito nel contesto di una rivolta ghibellina organizzata contro il milanese Filippo della Torre (podestà di Genova nel 1257), era stato un protagonista a tutto tondo della politica locale e internazionale. Oltre ad una spiccata propensione antiangioina – come rivela l’atteggiamento assunto nei confronti di Ventimiglia: cfr. Boldorini 1963, p. 157 –, egli agì strategicamente anche in funzione antiveneziana, come dimostra la stipula del del trattato di Ninfeo (1261) con cui Genova offriva sostegno militare a Michele VIII Paleologo (che secondo Branciforti 1955, p. 41, sarebbe adombrato dal «vostr’amics» del v. 12, allarmato dalle recenti sconfitte marittime riportate dai genovesi: cfr. infra). Dopo la caduta del Boccanegra (propiziata da una congiura organizzata dalla fazione guelfa della città), Genova attraversò un periodo di dure lotte intestine, che ne pregiudicarono gli equilibri interni e la stessa posizione nel Mediterraneo. Come ricostruito da Branciforti 1955, p. 40, gli anni tra 1262 e 1266 furono caratterizzati dal governo di parte guelfa dei Grimaldi, fortemente minacciati dalla pars ghibellina guidata da Oberto Spinola: ciò condusse, nel 1264, ad un tentativo di governo di coalizione che pure naufragò in concomitanza con l’incursione di Carlo d’Angiò sul suolo italiano e il suo insediamento definitivo dopo la battaglia di Benevento (26 febbraio 1266).

L’altro versante della polemica di cui Bonifaci si fa carico in Ges no m’es greu è il conflitto tra genovesi e veneziani, dei quali il trovatore non esita a sminuire i pur recenti successi: un atteggiamento, questo, che costituirà uno dei temi centrali della risposta per le rime di Bertolome Zorzi, Mout fort me sui d’un chan meravillatz (BdT 74.10). Proprio l’irriducibile contesa tra Genova e Venezia, forse il plesso tematico più significativo di Ges no m’es greu, offre validi appigli per formulare una verosimile ipotesi per la sua datazione. Il terminus post quem è stato unanimemente riconosciuto nella sconfitta patita dai genovesi contro i veneziani nelle acque al largo di Trapani, occorsa il 23 giugno 1266 e di cui serba memoria la continuazione di Marinetto di Marino degli Annales Ianuenses del Caffaro (cfr. Annales Ianuenses, p. 91). La disfatta della flotta genovese s’inseriva nel più ampio quadro della cosiddetta “guerra di San Saba” (oggetto del contributo monografico di Musarra 2009), scatenata dalla ripartizione tra Genova e Venezia del territorio acritano e che fu combattuta tra le due repubbliche tra 1255 e 1270 per il predominio commerciale nel Mediterraneo orientale. Lo scontro di Trapani, che vedeva schierati gli ammiragli Giacomo Dondulo e Marco Gradenigo a comando della flotta lagunare e Lanfranco Borbonino a capo di quella ligure, sembrava doversi risolvere in una facile vittoria del Borbonino. L’esito della battaglia fu però ribaltato dall’imperizia dell’ammiraglio genovese: questi, sulla base dei più attendibili resoconti di parte veneziana, pare infatti che avesse assunto una strategia difensiva che determinò la vittoria degli avversari, i quali dal canto loro «condussero tre assalti successivi, mentre da parte genovese fu apprestato un brulotto», una sorta di imbarcazione incendiaria, resa inoffensiva dal vento contrario (Balard 1971). Come ricorda De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 238, la «negligenza dell’ammiraglio Lanfranco Borbonino» causò una perdita di «ben ventisette galee genovesi, di cui tre furono bruciate e ventiquattro catturate»; la gravità della sconfitta sarebbe dunque all’origine della reprimenda di Bonifaci, che approfittando dell’eco negativa generata dalla débâcle avrebbe rimproverato ai suoi concittadini «their cowardly behavior toward the Venetians» (Horan 1966, p. 16). Quanto al terminus ante quem, come opportunamente sottolineato da Branciforti 1955, p. 39, esso andrà ravvisato nella già menzionata risposta dello Zorzi, situabile dopo la cattura del trovatore veneziano proprio ad opera dei genovesi mentre si trovava a bordo di una nave mercantile. Come riferisce Folena 1990, p. 110, «la cattura della nave sulla quale si trovava il nostro mercante-trovatore avvenne senza dubbio in uno scontro navale presso Cerigo, o Citera, verso la fine del 1266»: di questo episodio, oltre alle generiche informazioni offerte dalla vida trasmessa dal canzoniere A (cfr. Boutière - Schutz 1973, p. 576), trattano più diffusamente le Estoires de Venise di Martino da Canal (Limentani 1973, pp. 22-25) ed ancora gli Annales di Marinetto (Annales Ianuenses, pp. 93-94). Gli Annales, oltre a specificare che la presa della nave su cui viaggiava lo Zorzi avvenne «quadam die mensis Octobris», attribuiscono un ruolo-chiave all’ammiraglio Paschetto Mallone, che con i suoi uomini «cum qua nave de mense Novembris ad portum Veneris accesserunt». È dunque verosimile che Ges no m’es greu abbia visto la luce intorno al mese di novembre del 1266, se non addirittura già in ottobre, subito dopo cioè la conquista di Paschetto: all’episodio potrebbe infatti alludere quel «vos an il tout» (v. 44) che chiude la tornada.

 

 

Bibliografia

 

Annales Ianuenses

Annali genovesi di Caffaro e de’ suoi continuatori. IV. Dal 1251 al 1279, a cura di Cesare Imperiale di Sant’Angelo, Roma 1926.

 

Balard 1971

Michel Balard, «Borborino, Lanfranco», Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1971, versione in rete (www.treccani.it).

 

Boldorini 1963

Alberto M. Boldorini, «Guglielmo Boccanegra, Carlo d’Angiò e i conti di Ventimiglia (1257-1262)», Atti della Società Ligure di Storia Patria, n. s., 3, 1963, pp. 139-199.

 

Boutière - Schutz 1973

Jean Boutière - Alexander H. Schutz, Biographies des troubadours. Textes provençaux des XIIIe et XIVe siècles, Paris 1973.

 

Branciforti 1955

Francesco Branciforti, Le rime di Bonifacio Calvo, Catania 1955.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-138.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Horan 1966

William D. Horan, The Poems of Bonifacio Calvo, The Hague-Paris 1966.

 

Limentani 1973

Martin da Canal, “Les estoires de Venise”, cronaca veneziana in lingua francese dalle origini al 1275, a cura di Alberto Limentani, Firenze 1973.

 

Musarra 2009

Antonio Musarra, La guerra di San Saba, Pisa 2009.

 

Cesare Mascitelli

21.ix.2018


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