Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Jordan de l’Isla de Venessi
Longa sazon ai estat vas Amor
Jordan de l’Isla de Venessi
Longa sazon ai estat vas Amor
276.
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Jordan de l’Isla de Venessi
Testo

Edizione: Paolo Squillacioti 2000; note: Paolo Squillacioti. – Rialto 22.v.2002.

Mss.

A 170v, C 159r, D 108r, Dc 260r (solo III cobla), H 3v, I 107r, K 93r, M 157r, N 241v, P 37v, R 96v, T 279r, a 227, f 35r.

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Max von Napolski, Leben und Werke des Trobadors Ponz de Capduoill, Halle a. S. 1879, p. 98 (III spurie); Jean Mouzat, Les poèmes de Gaucelm Faidit, troubadour du XIIe siècle, Paris 1965, pp. 583-589 (LXXIV); Joseph Zemp, Les poésies du troubadour Cadenet, Bern - Frankfurt a. M. - Las Vegas 1978, pp. 381-388 (XXVI); Paolo Squillacioti, «BdT 276,1 Longa sazon ai estat vas Amor», Rivista di studi testuali, 2, 2000, pp. 185-215.

Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1818, vol. III, pp. 245-246; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1886, vol. III, p. 58.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10 b10 a10 c10’ d10 c10’ d10 (Frank 612:4). Cinque coblas unissonans di otto versi e una tornada di 4 versi. Schema e rime si ritrovano in Raimon Gaucelm de Beziers, A Dieu done m’arma de bon’amor (Raimon Gaucelm de Béziers, Poesie, edizione critica a cura di Anna Radaelli, Firenze 1997, p. 98), il solo schema nel planh di Guiraut Riquier per Almarico IV di Narbona, Ples de tristor, marritz e doloiros (ed. Monica Longobardi, «I vers del trovatore Guiraut Riquier», Studi mediolatini e volgari, 29, 1982-83, pp. 17-182, a p. 45). I décasyllabes sono tutti a minore (cesura lirica ai vv. 6, 21, 41). I testimoni presentano tutti il medesimo ordine strofico, eccetto P che presenta un’inversione fra le coblas III e IV.

Informazioni generali

Canzone di attribuzione controversa (Jordan de l’Isla de Venessi AD, Escudier de la Ylha R [tav.C], Cadenet CMTf, Sordello H, Peire de Maensac IK [H], Rostanh de Merguas Dc [tav.C H], Pons de Capduelh a, gaucelm P, Peire Raimon de Tolosa [?] N). La canzone è repertoriata nella Bibliographie der Troubadours di Alfred Pillet e Henry Carstens al numero 276.1, come l’unico componimento di Jordan de l’Isla de Venessi, ma si tratta evidentemente di una collocazione convenzionale. Per quanto articolata, l’analisi delle attribuzioni che precede l’edizione del testo nell’articolo in Rivista di studi testuali, 2, 2000, contribuisce più a impostare il problema attributivo che a tentare di risolverlo: un rimando alle pp. 187-192 s’impone perché una riproposizione dell’intera argomentazione sarebbe in questa sede assai onerosa. Basti qualche precisazione sul riepilogo delle attribuzioni presentato qui sopra. I mss. inseriti fra parentesi quadre ([tav.C] e [H]) indicano attribuzioni ulteriori rispetto a quella della rubrica. Nello specifico: la rubrica di C assegna il componimento a Cadenet, mentre nella tavola che apre il canzoniere al nome di quel trovatore sono aggiunti quelli di Rostanh de Mergas (= Merguas) e dell’Escudier de la Ylha (che potrebbe coincidere con Jordan de l’Isla de Venessi); in H la canzone segue una serie di poesie di Sordello e la rubrica che attesta tale paternità doveva essere assente in una fase anteriore: una prima mano ha poi aggiunto l’attribuzione a Peire de Maensac, una seconda mano l’attribuzione a Rostanh de Melies (= Merguas). Il nome d’autore attestato in N, Peire Raimon de Tolosa, è seguito da punto interrogativo perché la canzone compare nel ms. priva di rubrica e preceduta da due componimenti anch’essi adespoti, ma altrove attribuiti al trovatore tolosano. Il gaucelm cui P assegna la canzone è stato identificato su un’incerta base stilistica da Mouzat con Gaucelm Faidit: di qui l’inserimento di Longa sazon nella sua edizione fra i testi di incerta attribuzione del trovatore. Chiunque ne sia l’autore, la canzone è importante perché è stata presa a modello da Iacopo Mostacci per la sua Umile core e fino e amoroso: sulla traduzione-rifacimento si veda Furio Brugnolo, «I siciliani e l’arte dell’imitazione: Giacomo da Lentini, Rinaldo d’Aquino e Iacopo Mostacci ‘traduttori’ dal provenzale», La parola del testo, 3, 1999, pp. 45-74, alle pp. 65-74 e Gabriele Giannini, «Tradurre fino a tradire. Precisazioni siciliane», Critica del testo, 3, 2000, pp. 903-945, alle pp. 919-933, oltre a Roberto Antonelli, «Traduzione-tradizione. La tradizione manoscritta provenzale e la Scuola siciliana», in E vós, tágides minhas. Miscellanea in onore di Luciana Stegagno Picchio, a cura di Maria José de Lancastre, Silvano Peloso, Ugo Serani, Viareggio-Lucca 1999, pp. 49-61, in particolare alle pp. 55-56. Da quest’ultimo intervento si ricava che è probabilmente il raggruppamento che attribuisce la poesia a Cadenet (mss. CMTf) a tramandare la versione cui deve aver attinto Iacopo Mostacci.

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